Amori che uccidono

8 marzo 2008: cent’anni di festa della donna. Un’occasione per riflettere sulla silenziosa tragedia delle violenze domestiche.
22 Febbraio 2008 | di

Benché non sia più di moda ricordare l’8 marzo, rimangono alcuni motivi per i quali non è bene ignorarlo. Il primo è che nel 2008 ne ricorre il centenario. Il secondo (per tacere degli altri) è che la scelta di quel giorno è legata a un fatto tragico: la morte a New York di 129 operaie, bruciate vive nello stabilimento che stavano occupando per protesta. Ora, possiamo anche decidere che la tragica mancanza odierna di diritti per le donne in tanti Paesi del mondo sia qualcosa di lontano da noi, ma c’è tuttavia una tragedia che ci coinvolge, ci sfiora e qualche volta (troppe) ci tocca: la violenza contro le donne nel nostro mondo, dentro le nostre case. Forse ce ne siamo dimenticati, ma l’omicidio di Barbara Cicioni è del maggio 2007. Ricordiamo Barbara? La giovane madre, incinta di 8 mesi, uccisa dal marito? Una morte crudele, ma non l’unica. La violenza è la prima causa di morte o invalidità permanente per le donne dai 14 ai 50 anni ed è una vera piaga sociale, come ricordano i dati dell’Istat e del ministero dell’Interno. Una piaga che non conosce differenze di classe, cultura o censo. L’Italia non è sola in questa emergenza. Nella campagna elettorale di Ségoléne Royal per le elezioni presidenziali in Francia, ad esempio, il tema della violenza contro le donne è stato una priorità. In Spagna, gli omicidi perpetrati da partner o ex partner sono un numero allarmante, nonostante le leggi molto avanzate in materia. È un dramma che comunica un senso di impotenza perché sembra troppo personale per trovare rimedi pubblici. E rimanda a dinamiche vittima-carnefice che inquietano come un fantasma anche la grande maggioranza di donne che vive rapporti di coppia sereni e rispettosi. Eppure è un problema troppo vasto per poterlo ignorare. Ben vengano le leggi: in questo 2008 sono previsti significativi cambiamenti nelle norme legislative sulla violenza contro le donne. Ben venga il parlarne, il denunciare, l’offrire alternative di vita alle donne oppresse. Ma è attraverso la concezione generale della donna come essere «uguale» che passa il rispetto, attraverso l’educazione alle emozioni di uomini scardinati nel profondo dalla nuova indipendenza femminile. È una strada che richiede tempo, ma se non la si imbocca con decisione ci ritroveremo ogni anno a fare la conta delle donne morte per amori che uccidono.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017