Anche Dio in provetta?
È ancora viva l'eco delle celebrazioni per il 50° della «Dichiarazione universale dei diritti umani», ma l'attenzione mondiale ancora una volta è richiamata da risoluzioni e fatti che hanno smentito la loro applicazione pratica. I diritti umani, fondati sul principio dell'eguale dignità delle persone, sono alla base delle Costituzioni democratiche di tanti Paesi del mondo, ma il loro significato è interpretato e applicato in forme contraddittorie e devianti.
Il diritto alla vita, per esempio, è negato da leggi che ammettono o anche incoraggiano l'aborto; la concezione e i diritti della famiglia, fondata sul matrimonio, sono violati da leggi che delegittimano il suo ruolo e la sua dignità ; il diritto alla salvaguardia della salute è contrastato dal diritto di drogarsi; il diritto dei genitori all'educazione con possibilità di scegliere la scuola per i figli, non trova normative adeguate; il diritto al lavoro, infine, rimane una delle emergenze sociali, causa di forzate migrazioni.
La recente risoluzione del Parlamento europeo a Strasburgo, che invita i Paesi dell'Unione a introdurre «la convivenza registrata fra persone dello stesso sesso», garantendo gli stessi diritti e doveri riconosciuti alle coppie eterosessuali, per noi è una violazione della concezione e dei diritti della famiglia fondata sul matrimonio. La natura e il ruolo sociale della famiglia sono riconosciuti dalla maggioranza delle costituzioni dei Paesi europei e del mondo; non è solo patrimonio fondamentale della morale cristiana ma dell'umanità , espresso nella cultura di tanti popoli. Dopo l'ammissione del divorzio e dell'aborto, come potranno i legislatori, in modo particolare i parlamentari che si professano cristiani, approvare questa nuova legge contraria al bene della persona? La nostra speranza è che, fedeli alla volontà della stragrande maggioranza delle famiglie, si rifiutino di accettare la raccomandazione del Parlamento di Strasburgo, evitando una minaccia al ruolo della famiglia e al tessuto sociale.
Alcuni fatti recenti, come la concessione di un brevetto per lo sfruttamento di cellule di embrioni umani modificati, e l'ordinanza sulla maternità surrogata, hanno portato in primo piano, nel dibattito sociale e politico, la bioetica: la scienza che tratta i problemi più radicali della vita, come il generare, il vivere, il morire. I moralisti ed esperti in bioetica sono interpellati quando l'esperimento sugli animali, e in particolare sul vivente umano, è compiuto dagli studiosi di bio-tecnica. «Il ruolo della bioetica è, invece, quello di valutare la stessa ricerca scientifica e non solo la sua applicazione», afferma il moralista Luigi Lorenzetti. La ricerca scientifica non è moralmente neutra: noi dobbiamo infatti chiederci il perché di ogi ricerca; con quali mezzi viene effettuata e quali sono i suoi scopi. «Tra ricerca scientifica e sua applicazione vi è un rapporto di distinzione, ma anche di inevitabile collegamento. Sono questioni non delegabili a pochi specialisti, ricercatori e tecnici, che mettono di volta in volta di fronte al fatto compiuto. Sono questioni che riguardano il futuro dell'umanità . Se l'embrione è qualcosa allora non si danno particolari problemi etici; se, invece, è qualcuno, uno di noi, non è lecito usarlo per scopi che non siano l'interesse e il bene dell'embrione stesso. È un essere umano con potenzialità di sviluppo e non già un essere umano potenziale; è soggetto e non oggetto; ha pertanto diritto alla vita». Dobbiamo anche ricordare gli interessi economici che si muovono dietro alle biotecnologie.
Il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha affermato che «l'uomo ha ormai ogni potere sul mondo, conosce le sue funzioni e le sue leggi; è in grado di smontare questo mondo e poi ricomporlo». Il pericolo è di trasformare l'uomo in numero, ridurlo a ingranaggio di un'enorme macchina, a una funzione. «Dio invece ha un nome e chiama per nome. È persona e cerca la persona».