Anche i bambini di Baghdad erano scesi in piazza per loro

Erano andate in Iraq per le vittime di questa guerra inutile. Poi la logica dei sequestri le ha travolte in un'odissea, per fortuna a lieto fine.
27 Ottobre 2004 | di

Uuna persona curiosa, solare e ottimista. Una ragazza normale, con la passione per la vita, senza essere sfiorata minimamente dall'idea di fare l'eroina. Ritratto di Simona Pari, 29 anni, bolognese, cresciuta a Rimini, città  dalla quale, a un certo punto della sua vita, ha deciso di andare via per conoscere il mondo. E nel mondo ha trovato la sua strada. Ma è sempre rimasta legata alla sua città , che ha manifestato solidarietà  nei giorni della sua prigionia. La famiglia di Simona è molto nota nella città : il padre, Luciano, che durante il sequestro è stato il portavoce dell'angoscioso stato d'animo dei suoi cari, è un noto avvocato, la madre, Donatella, è un medico legale. Da lei ho imparato molto - ha raccontato Simona in un'intervista - il suo esempio, quando faceva la volontaria in carcere mi è servito per capire che bisogna aiutare gli altri. Il fratello, Marco, cui Simona è legatissima, è studente universitario.
Nasce presto la passione di Simona per i temi sociali. Nasce quando ancora non aveva finito le scuole superiori. È proprio allora che decide di buttarsi nella sua prima avventura giornalistica. Una rivista fatta da ragazzi, Ulisse. Federico Chicchi ed Enrico Rotelli hanno condiviso con lei questa esperienza: Fin da allora Simona dimostrava una sensibilità  tutta particolare nella scelta dei temi da trattare, ma anche nel come scriverne. Aveva una marcia in più. Era giovanissima, ma nello stesso tempo tanto attenta e sensibile nello scrivere di situazioni di marginalità , di disagio.
Fin da subito il giornalismo non è per Simona semplicemente un mestiere, ma un mezzo per raccontare storie, per conoscerle e farle conoscere. Simona si appassiona a tutto quello che riguarda l'informazione: quelli in cui cresce e si forma sono gli anni in cui internet fa la sua comparsa, rivoluzionando un po' tutta la sfera del comunicare, aprendo spazi fino ad allora impensabili.
All'università  Simona sceglie Filosofia e s'iscrive a Bologna. I suoi professori la ricordano come una mente brillante, priva di retorica ideologica, sempre attenta a rispettare chi aveva idee diverse dalle sue, magari per cogliere l'occasione del confronto e della crescita.
Presto gli studi filosofici diventano troppo stretti. Racconta Egle Teglia, sua compagna d'università : Simona non ha mai concepito lo studio come qualcosa di separato dall'esperienza quotidiana. Quello che leggeva l'aiutava a scoprire qualcosa di più di ciò che le stava attorno. Atteggiamento di chi nutre passioni vere, tendenza presa senza casualità , ma con un progetto in mente ben preciso. Anche quando potrebbe sembrare che le cose non stanno proprio così, perché la vita non è un libro con tutte le spiegazioni già  illustrate.
E allora la svolta negli studi di Simona. Quella passione che l'accomunerà  alla sua amica e collega di lavoro, Simona Torretta, è una scienza più giovane della passione per il sapere, e si chiama, invece, passione per l'uomo: Antropologia, nella quale consegue la laurea nella sessione del luglio del 2001.

Dopo la laurea la svolta decisiva

Passano pochi mesi dalla laurea e Simona capisce che è il momento di cambiare direzione alla sua vita, di prendere quel sentiero che le era ben chiaro fin dall'inizio. Decide di fare un master per specializzarsi in diritti umani. Lo fa a Roma, alla Sapienza. Per lei, che parla correntemente inglese e francese, è solo il passaporto finale per partire, per andare a vedere, conoscere e amare il mondo.
Dopo un apprendistato a Save the Children trascorso tra carte e organizzazioni di eventi, decide di andare sul campo per vivere le gioie e le sventure, con le persone di cui era chiamata a occuparsi. E allora questa scelta si chiama Un ponte per....
Non a caso sua madre, Donatella, negli istanti immediatamente successivi al rapimento, la prima cosa che ha chiesto ai cronisti è stata di ricordare che mia figlia era laggiù per quei bambini.
I bambini sono il filo conduttore dell'impegno di Simona. Fin dai suoi primi viaggi, in Afghanistan e in Bosnia. La sua insegnante di arabo è stata una bambina che viveva nella stessa casa in cui aveva sede l'associazione Un ponte per.... Una passione autentica, quella di Simona, per i cuccioli d'uomo, un amore mai scontato: in loro ritrovava l'innocenza che rende vere e autentiche le parole e i gesti, che, nel caso dei bambini di Baghdad come quelli di Kabul, raccontano il dolore per una guerra che non è mai giusta se a pagare il prezzo più alto sono loro, i più indifesi.
Sì, Simona, fermamente contraria alla guerra, sta dalla loro parte e proprio per questo era così decisa nel prendere posizione contro i bombardamenti, in qualsiasi parte del mondo.
In un video, abbiamo visto le due Simone fare un girotondo con i bambini, che ricorda quel girotondo di De Andrè, canzone che si canta girando in cerchio, ma che racconta di bombe e cannoni.
Ed è una bella metafora per raccontare perché Simona aveva scelto, quattordici mesi fa, di andare a vivere a Baghdad, di cui si sentiva cittadina. L'ultima volta che è tornata in Italia, nel maggio scorso, diceva che non bisognava parlare di terrorismo in Iraq, perché non c'era solo quello, ma vita vera, di gente che affronta la quotidianità  come se niente fosse, proprio come viviamo ogni giorno anche noi. E aveva portato la sua testimonianza in giro per l'Italia a Nord e a Sud, convinta che dopo il vivere e il vedere c'è sempre il testimoniare.
Non bisogna pensare alla storia di questa giovane donna (qualcuno ha detto di non chiamarla ragazza, ma che differenza fa? Certe doti, come la sensibilità , se le possiedi te le porti dietro fin dalla nascita) come a qualcosa di straordinario. Ma a una di quelle tante storie normali di questa Italia che si stupisce nello scoprire di avere figli di cui poter essere orgogliosa. Perché vuol dire che quella generazione che talvolta sembra risucchiata nell'imbuto delle finte realtà  proposte dai modelli televisivi e della società  dell'apparire, forse non è andata così perduta.


Simona Torretta: tornerò in Iraq

Due nomi per una sorte comune: si chiama Simona anche l'altra italiana sequestrata in Iraq. E in quel Paese è arrivata molto prima della sua collega omonima. Simona Torretta, 29 anni, romana, sceglie di stare a Baghdad ai tempi dell'embargo, dalla metà  degli anni '90. Una passione autentica, la sua, per questo Paese, un amore per la gente che la accomuna alla Pari. Diploma all'accademia di Belle Arti, prima di tre sorelle, Simona, al momento del rapimento era capomissione in Iraq per conto dell'organizzazione non governativa Un ponte per... e si occupava della distribuzione delle medicine alla popolazione irachena.
Anche Simona Torretta non ha mai nascosto la sua ferma opposizione nei confronti della guerra, in cui le conseguenze più terribili vengono pagate dalla popolazione.
Punto di riferimento per tantissimi degli operatori umanitari che si sono recati in questi anni in Iraq, Simona Torretta viene descritta da chi la conosce come una profonda conoscitrice della vita irachena.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017