Anche i ricchi piangono

I grandi della terra al capezzale delle economie in crisi dei paesi più sviluppati. Ma ci sarà il «popolo di Seattle» a reclamare i diritti dei più poveri e qualcuno, purtroppo ricorrerà
05 Luglio 2001 | di

Ormai le contro-manifestazioni di piazza fanno più notizia dei vertici internazionali. Almeno da quando si è formato il cosiddetto "popolo di Seattle", rivelatosi, fra la sorpresa generale, appunto con la conferenza dell`€™Organizzazione del commercio mondiale neppure due anni fa (novembre 1999). E per un altro vertice importante, quello del G8 che riunirà  a Genova (dal 20 al 22 luglio) i capi di stato o di governo dei paesi più industrializzati, si preannuncia la "valanga dei centomila". Magari poi saranno solo la metà , o anche parecchi di meno, però è indubbio che pure questo incontro avrà  i suoi contestatori. Sarà  necessario schierare imponenti cordoni di polizia, erigere muri provvisori di cavalli di frisia o di reti metalliche?

Suor Patrizia Pasini, delle missionarie della Consolata, ha già  annunciato che "digiunerà  e pregherà  per tre giorni", perché, mentre si alterneranno i banchetti fra le delegazioni ufficiali, ci sia chi attira l`€™attenzione sui poveri e sui diseredati della terra.

Pacifisti e arrabbiati. Non tutti i contestatori sono dei pacifisti come suor Patrizia. Il "Genoa Social Forum", la rete anti-globalizzazione messa in piedi per contestare il G8, riunisce 176 fra associazioni e movimenti. La stragrande maggioranza di loro sono dei democratici che usano forme democratiche di protesta, anche le più radicali, dal sit-in alla disobbedienza civile non violenta. C`€™è chi ha classificato e distinto fra le varie "anime" del movimento: i "verdi", ambientalisti, i "bianchi", cattolici e pacifisti, i "blu", dei centri sociali, ma anche i "neri", anarchici e squatter.

È da queste minoranze, talvolta formate da poche decine di giovani, che sono partite le spedizioni punitive contro i Mac Donald`€™s e le vetrine di negozi eleganti. La loro ideologia, se così la si può chiamare, è un neonichilismo, anarcosindacalista, riflessa nei programmi televisivi e nei romanzi (come Alcatraz e No) di Diego Cugia. La maggioranza dei centri sociali non fa parte di queste frange, purtroppo però, con un atteggiamento di rinuncia morale, non prende posizione contro i violenti, si rifugia in una colpevole neutralità  `€“ che ci ricorda qualcosa degli "anni di piombo" `€“ dicendo: "Noi agiamo diversamente, però non ce la sentiamo di giudicare gli altri".

L`€™interrogativo per Genova è: si trasformerà , a fine luglio, in una città  militarizzata o rimarrà  una città  aperta al dialogo e alla contestazione civile? Su questo interrogativo, ritorneremo più avanti.

Attese eccessive. I vertici fra i "grandi della terra", come il G8, si sono moltiplicati e rischiano di sollevare eccessive attese. In realtà , appaiono come la parte emergente degli iceberg, che è la minore, mentre la parte più corposa resta invisibile ai più, sott`€™acqua. È il lavoro degli esperti, delle burocrazie economiche e politiche, che precede e segue i pochi giorni e le pubbliche strette di mano dei vertici.

Uno dei temi centrali di Genova sarà  sicuramente il rallentamento delle economie dei paesi più sviluppati. Gli Usa, che negli otto anni di Clinton ci avevano abituati a tassi di crescita del Pil (Prodotto interno lordo, che misura la ricchezza creata durante l`€™anno) semi-asiatici, stanno calando a un + 1,7 per cento.

Meglio farà  l`€™Unione europea, con un + 2,7 per cento (l`€™Italia + 2,5 per cento) che, però, non si rivela in grado di sostituire la locomotiva statunitense nella funzione di stimolo dell`€™economia mondiale. Cosa si deve fare per rilanciare la crescita, senza attendere passivamente che i meccanismi di mercato ripartano da soli (come vorrebbero i liberisti puri)? Fra gli 8 "grandi" c`€™è la Federazione russa, che è fortemente indebitata, e quindi la rinegoziazione dei debiti che gravano su tante economie (o la loro cancellazione, per quelle più deboli) ritornerà  in agenda.

Ma anche i temi che più stanno a cuore ai contestatori, alla società  civile, non sono assenti. Umberto Eco ha scritto che i nuovi proletari saranno esclusi dalla rivoluzione telematica, e certamente si ritornerà  sui progetti abbozzati al Global Forum di Napoli (nel marzo scorso) per aprire tecnologie e reti ai paesi oggi praticamente esclusi o rimasti ai margini. Basti ricordare che il solo centro di New York, Manhattan, vanta più "navigatori on line" di tutta l`€™Africa e la Finlandia altrettanti "portali" telematici che l`€™intero continente sudamericano. Un altro tema fondamentale e ricorrente sarà  come arrivare a una reale globalizzazione dei mercati, non solo a favore dei ricchi ma anche dei poveri, che vedono spesso l`€™accesso dei loro prodotti alimentari di esportazione bloccato da barriere protezionistiche doganali (come fa l`€™Unione europea per proteggere le proprie agricolture). E rendere i farmaci essenziali disponibili a tutti, depurandoli da parte del valore aggiunto di onerosi brevetti (recentemente il Sud Africa ha ottenuto da "Big Pharma", un cartello di 39 multinazionali farmaceutiche, la rinuncia alla causa avviata per difendere i brevetti dei farmaci anti-aids). Ancora: i problemi dell`€™ambiente, con l`€™effetto serra. Gli Stati Uniti, o meglio l`€™amministrazione del "secondo Bush", hanno rigettato gli impegni assunti col "Protocollo di Kyoto" (1977) per diminuire gradatamente le emissioni di anidride carbonica. Accampando il "sacro egoismo" della difesa della loro industria e dei suoi posti di lavoro. Sollevando la protesta di gran parte del mondo e dell`€™Unione europea, occupata a "difendere Kyoto" e i suoi impegni.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017