Argentina. Tricolore nella pampa

20 Giugno 2014 | di
Da Rosario sono 70 chilometri, 85 da Pergamino e 236 da Santa Fe. Per arrivare a Bigand bisogna percorrere la strada statale 178 e poi quella provinciale 14, addentrandosi nel dipartimento Caseros della provincia di Santa Fe. Il viaggio, però, verrà premiato. Nella piccola cittadina argentina si respira ancora l’aria di frontiera e si può immaginare, con un pizzico di fantasia, l’arrivo dei primi migranti. Tra essi vi furono i nonni di Susana Maria Toso, che racconta: «I nonni materni (Nazareno Crucianelli ed Esterina Elisei) e paterni (Giuseppe Toso e Clara Barchiesi) partirono nel primo dopoguerra, fuggendo dalla grave situazione economica italiana.

Con loro portarono solo pochi beni, qualche vestito e la consapevolezza che difficilmente avrebbero rivisto la famiglia d’origine. Viaggiarono nella massima incertezza, con pochi soldi e senza conoscere la lingua. E, soprattutto, senza sapere dove sarebbero andati a vivere». Oggi Susana Maria Toso rappresenta un caposaldo della cultura italiana nella vasta provincia argentina. Se, infatti, è facile incontrare tanti italiani nella metropoli di Buenos Aires o nelle altre grandi città del Paese, non è altrettanto facile trovare tracce della presenza tricolore nei piccoli agglomerati urbani del territorio argentino.

«Ho vissuto la mia vita da ragazza in un pae­sino che si chiama Berabevù, distante circa 70 chilometri da Bigand. Non c’erano associazioni italiane: l’unico diversivo era una sala da ballo. Nonostante ciò, parlavamo italiano in famiglia, e abbiamo difeso con orgoglio le nostre origini dall’aggressione della quotidianità argentina». Arrivati nella pampa grazie all’interessamento di conterranei, i nonni materni, appena sposati, si stabilirono nel Paese sudamericano. I nonni paterni, invece, arrivarono in giovane età e si conobbero proprio in Argentina. Susana, sposata con Alberto Massi (imprenditore nel settore agricolo), ha conosciuto solo la nonna paterna, ma è bastato per farle amare le origini italiane. 

«I miei nonni non sono mai più tornati in Italia. Nei primi tempi ricevevano ogni tanto qualche lettera da casa. Poi, il flusso dei contatti si è interrotto, staccando del tutto quel filo che li legava alla famiglia. Il filo emotivo, però, non si è mai del tutto spezzato, passando di generazione in generazione, trasmettendo l’amore per la terra d’origine ai figli. I miei genitori parlavano sempre italiano, insegnandoci la lingua, l’amore per il cibo e le tradizioni regionali. Tanto da spingermi a desiderare di chiedere la cittadinanza italiana».

Bigand non offre particolari tracce della presenza italiana nella zona ma, dal 1915, ospita l’associazione di mutuo soccorso «Bruno Garibaldi», un’istituzione che per anni è stato punto di riferimento per l’assistenza sociale dei migranti italiani e che ancora oggi continua la sua attività come centro per la ricerca di impiego.

«Non abbiamo figli e ho la fortuna di poter contare ancora su mia madre, Maria Crucianelli, che a 89 anni ha ancora tanta voglia di trasmettere le proprie conoscenze. Eravamo in tre figli in un villaggio tanto piccolo, pertanto è stato essenziale preservare la nostra cultura all’interno della famiglia. Oggi sono più che mai orgogliosa di averlo fatto e di essere un punto di riferimento dell’italianità in questo angolo di pampa argentina. Nel 2013 ho realizzato anche uno dei miei sogni: fare un viaggio in Italia. I miei genitori erano di Recanati, nelle Marche, e di Treia, in Basilicata. Nel mio viaggio ho visitato i luoghi simbolo dell’Italia e sono riuscita ad arrivare a Recanati per conoscere la terra d’origine dei miei. Mi è rimasto il rammarico di non poter conoscere Treia, ma questo sarà uno stimolo in più per tornare in Italia. Magari con in tasca la cittadinanza italiana, per la quale sto lottando da anni».

 
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017