Aria nuova in Casa Italia

La famiglia e le associazioni italiane all’estero devono trasmettere alle nuove generazioni la coscienza della loro identità, aperta ai valori del patrimonio culturale e morale dei padri.
05 Gennaio 2001 | di

Siamo alla vigilia della Prima Conferenza degli italiani nel mondo, ma nel contesto di una società  sempre più complessa e globalizzata ci chiediamo se sia anacronistico parlare degli italiani residenti all'estero. Siamo infatti coinvolti da un mondo divenuto piazza di manovra del potere economico-finanziario e dello sviluppo delle tecnologie informatiche che incentivano un'esasperata competitività . C'è sempre meno spazio per parlare di valori, di memorie, di quanti sono andati all'estero per cercare prospettive di vita irrealizzabili in Italia, anche se, una volta inseriti, sono divenuti forza-lavoro e preziosa risorsa per lo sviluppo economico-sociale dei Paesi d'accoglienza e promotori d'interscambi culturali, commerciali e industriali con l'Italia.
  Si dice che la storia sia maestra di vita. Perciò anche i valori che milioni di italiani residenti all'estero ci hanno trasmesso, dovrebbero continuare ad avere significato all'insegna dell'identità , delle radici e delle tradizioni. L'unità  familiare è una delle principali caratteristiche di questa identità . Anche se negli ultimi decenni la ricerca sfrenata del benessere e una certa cultura laicista hanno proposto stili alternativi di rapporto familiare - che hanno sostituito i tradizionali modelli dell'unità  e del senso d'appartenenza alla famiglia con quelli dell'autonomia, della libertà  di separazione e d'indipendenza tra i coniugi e tra figli e genitori - non possiamo affermare che per gli italiani all'estero sia venuta meno la forte persistenza dei valori tradizionali legati alla famiglia. Seppur coinvolta dai mali che insidiano le famiglie nel mondo, essa viene ancora additata come modello in Paesi in cui il tasso di divorzi e separazioni va crescendo, a ritmo preoccupante, tra le giovani coppie.
Anche le associazioni hanno dato un grandissimo contributo alla promozione del legame dei nostri connazionali con la terra d'origine. L'Italia si è resa troppo tardi consapevole del potenziale che aveva all'estero: della presenza di nuovi soggetti, di comuni radici storiche e culturali, divenuti protagonisti nelle strategie di sviluppo dei Paesi d'accoglienza. Le associazioni italiane ebbero in molti Paesi, sin dal primo insediamento migratorio e nell'oblio quasi totale del governo italiano, un ruolo da protagoniste: hanno curato i legami dei loro soci con le provincie d'origine, sono state punto di riferimento per i primi interventi socio-assistenziali, hanno dato vita a scuole, a mezzi d'informazione, a luoghi d'aggregazione per mantenere vivi i contatti dei loro membri.
Oggi, però, emerge un nuovo stile di fare associazionismo e di fare cultura. Solo dalla cultura delle proprie radici sgorga il desiderio di conoscere e approfondire i valori della propria identità . Se vogliono instaurare un rapporto con le nuove generazioni, le associazioni devono investire sulla formazione e sulla comunicazione. Ci sono già  realtà  e attese concrete come gli interscambi tra università  e centri culturali italiani e d'altri Paesi; gl'interventi straordinari di enti privati (come quelli della Fondazione Cassamarca di Treviso) o pubblici a sostegno di cattedre d'italianistica nel mondo e dell'insegnamento della nostra lingua e cultura nelle scuole; il ruolo che stanno assumendo i siti e i giornali telematici, gestiti dalle regioni e dalle associazioni italiane nel mondo; l'attesa riforma dei patronati che amplierà  i loro ruoli. Sono segni d'una nuova attenzione verso i connazionali all'estero e i loro discendenti che la Conferenza di Roma dovrà  sviluppare affinché diventino un programma politico che, partendo dal riconoscimento dei loro diritti civili, sia capace di riattivare, nei settori della cultura e del sociale, quei rapporti in grado di garantire il futuro dell'italianità  nel mondo.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017