Arte a colpi di... Mazzega
Vancouver
È nato 74 anni fa all'ombra della basilica antoniana di Padova, in via del Santo. «Al numero 58 - sottolinea sorridente - dove c'era la pasticceria della mia famiglia. Quante volte, con papà , sono andato a portare biscotti, cioccolato e caffè ad alti prelati in visita al Santo! Conservo una foto con papa Ratti e ricordo papa Pacelli quand'era nunzio apostolico...» (Pio XI e Pio XII, ndr).
Lo scultore Tony Mazzega, friulano di origine per parte di genitori, padovano doc, sposato dal 1957 con una veneziana («abbiamo celebrato il nostro matrimonio nella chiesa di San Luca, qualche mese prima di emigrare in Canada», dice la signora Nadia) e vancouverita per scelta di lavoro e di vita, racconta sobriamente le tappe del suo itinerario umano e artistico. Da ragazzo collaborava nella bottega di famiglia «vicina al ristorante sant'Antonio, in canton, non so se c'è ancora...». Lì aveva appreso la raffinata arte dei dolci per poi, da giovanotto, applicarla in proprio a Venezia, dove gestì per qualche tempo una sua rinomata pasticceria. Alla conclusione del periodo veneziano, durante il quale s'era guadagnato un'affezionata clientela («con grande sacrificio, perché dovevo alzarmi alle tre di mattina e lavorare ininterrottamente fino a sera», ricorda) appartiene la fantasiosa creazione della propria torta di nozze. Due metri di altezza e, al momento del taglio, la sorpresa-regalo per la sposa: una coppia di bianche colombe spiccare il volo dal cuore del capolavoro, dov'erano nascoste da qualche ora. Un episodio che il nostro protagonista ama spesso rievocare e diventato famoso quanto il suo ideatore, innato artista nell'anima oltre che nella rara abilità manuale.
Una volta in Canada, i novelli sposi Mazzega, pieni di sogni e di speranza perché giovani, ma anche per aver creduto, forse illusoriamente, alla rapida fortuna di un conoscente emigrato poco tempo prima, dovettero adattarsi, come molti altri, a «mille e un lavoro» afferma lui, mentre lei precisa che fecero tra l'altro i cuochi viaggianti per la BC Rail, la ferrovia che attraversa l'immenso territorio. Lavorarono inoltre in un albergo a Jasper sulle Montagne Rocciose, stupende d'estate ma a parecchi gradi sotto lo zero d'inverno. Le tre figlie: Deborah, Sabrina e Audry, nasceranno più tardi a Vancouver. La primogenita è del 1963, è sposata e mamma, così come la trentenne terzogenita, in attesa del secondo bimbo; in mezzo c'è Sabrina che vive con i genitori. Tutte e tre sentono molto la loro origine italiana, conoscono l'Italia per averla visitata e mantengono, grazie all'educazione ricevuta dai genitori, tradizioni e valori familiari importanti.
Pasticcere, Mazzega riprese ad esserlo a tempo pieno una volta assunto dalla catena alimentare nordamericana Safeway, per la quale ha lavorato fino al pensionamento, nel 1990. «Per almeno 22 anni, dei 25 trascorsi alle loro dipendenze, ho fatto esclusivamente il decoratore di dolci », precisa con ironia ma anche compiaciuto. Sia pure con motivi e ritmi diversi di esecuzione, l'arte dolciaria imparata da bambino gli ha permesso di vincere la non facile sfida dell'emigrazione, dedicandosi al lavoro, alla famiglia e coltivando pazientemente l'insopprimibile voglia di esprimersi per altre vie: quelle dell'arte pura, alla quale è approdato oggi, da pensionato.
Tony Mazzega si illumina quando gli nomino il Messaggero di sant'Antonio. «Lo conosco bene. A diciassette anni ho anche lavorato nella tipografia, allora appena aperta». Credo di intuire un legame antico e chiedo maggiori particolari. Provvedeva ad imprimere mediante le apposite targhette metalliche gli indirizzi dei moltissimi abbonati alla rivista, in Italia e nel mondo. «Nel 1935 cantavo nel coro della basilica, come voce bianca. Allora avevo 10 anni. I miei fratelli maggiori Guido e Ugo cantavano da soprano. Ci dirigeva il maestro Ravanello». Ricorda di avere anche modellato in plexiglass, prima degli anni Quaranta, centinaia di souvenir ispirati al Santo per le bancarelle dell'omonima piazza e destinati ai devoti in visita alla basilica. E fin da allora lavorava per hobby la cartapesta, la creta e la ceramica, realizzando statuine per il presepio di famiglia, immancabilmente premiato dal parroco della vicina chiesa di san Francesco, «la mia parrocchia» aggiunge con tenerezza. L'amore per il Presepio e per il culto della Natività sono cresciuti in lui con gli anni: oggi la grande scena natalizia creata dal Mazzega - animata da centinaia di personaggi ed esposta annualmente a dicembre in differenti luoghi pubblici della città , specialmente nella zona di Burnaby, dove l'autore vive - è diventata un importante richiamo a scopo benefico oltre che educativo.
Ma come è approdato all'arte pura, da lui tuttavia definita hobby? «Da sempre ho desiderato intagliare e scolpire il legno... anche se ho lavorato con altri materiali, come pietra tenera e onice», risponde Mazzega. Per i lettori, c'è da aggiungere che nelle grandi foreste dell'ovest canadese e dell'Alaska il legno abbonda (è una delle principali risorse) e qui eccelle la ricca tradizione e continuità artistica della West Coast Art, originale espressione dei nativi, creatori di fantasiosi pali totemici e di maschere cerimoniali, di gioielli e di altri oggetti finemente decorati con motivi di profondo e spesso misterioso simbolismo.
«Ma io non volevo fare orsi e totem» - prosegue Mazzega con un lampo di furbizia - «perciò mi sono ispirato ad oggetti della quotidianità , al semplice vestiario mio, di mia moglie, delle figlie. Perché non una giacca, una maglietta, una cravatta?». La prima scultura del suo nuovo periodo creativo è stata una giacca da uomo ricavata da un blocco unico di cedro giallo: due mesi di lavoro e primo premio al Richmond Carver Show 1991. Altre opere sono seguite; i riconoscimenti sono aumentati. Ad una recente mostra organizzata dalla Richmond Art Gallery erano esposte trentasei sculture, eseguite nel corso degli ultimi otto anni: una più raffinata dell'altra nella scelta e nella lavorazione dei materiali e delle vernici, nell'accuratezza delle rifiniture, nell'originalità dell'interpretazione degli oggetti più banali, come strofinacci da cucina, guanti di gomma, indumenti intimi da uomo e da donna, berretti stropicciati. Impiega legni di varia qualità e grana, come cedro giallo o rosso, quercia, pino, ma anche rari legni brasiliani. Sbozza, intaglia, smeriglia, adoperando con grande abilità gli attrezzi dello scultore ma anche quelli del dentista, come trapani più o meno sottili con i quali realizza particolari di incredibile minuzia, come i pizzi dei reggiseni, le asole e i bottoni di giacche e camicie, perfino le spiritose targhette col marchio di fabbrica: Tony Mazzega, la data, e poi magari Pure Canadian Wood - Size S («S» sta per Small su una camicia), oppure Vero cuoio - Made in Italy sulla suola di un paio di scarpe apparentemente usate.
L'illusione ottica è perfetta. Un paio di pantaloni piegati sullo schienale di una sedia sembrano pronti da indossare. Il montgomery da bambino appeso vicino alla giacca del papà è a disposizione per la passeggiata all'aria fresca. Ombrello, cappello e guanti hanno il calore dell'uso e dell'utilità . La biancheria stesa ad asciugare sembra muoversi al vento e lampeggiare al sole. Ma come fa quest'uomo a rendere eccezionali le cose ordinarie? L'arte evidentemente non ha né età né confini, non conosce ostacoli. E poi.... e poi c'è quella valigia così reale nel suo immaginario, così immaginaria nella sua realtà da riportarci indietro nel tempo, tanto è ricca di simbolismi. Chissà se Mazzega s'è ispirato a quella usata quarantadue anni fa per venire in Canada?