Attualità
Senza spigoli
Più allegri e produttivi
È ora di pensare alla felicità di una nazione e dei suoi lavoratori. Oltretutto conviene.
La gente di buonsenso lo sa da sempre: i soldi non sono tutto per vivere contenti e una bella risata regala più energia di una pillola di vitamine. Due recenti tendenze vanno proprio in questa direzione. La prima non è nuovissima, ma le ha conferito nuova visibilità il presidente francese Nicolas Sarkozy quando ha affidato a cervelli da Nobel come Amartya Sen e Joseph Stieglitz il compito di ristudiare il modo con il quale si calcola la ricchezza di una nazione. L’onnipresente Pil, prodotto interno lordo che misura le attività economiche con scambio di soldi, mostra sempre più i suoi limiti: non valuta le disuguaglianze sociali, né i danni all’ambiente, né tanto meno quanto a lungo si vive e come si vive. E invece è arrivato il tempo, anche per i governanti, di misurare non solo il «quanto» ma anche il «come». È vero che fin dagli anni ’90 l’Onu compila un rapporto annuale su 190 Paesi valutati secondo l’Indice di sviluppo umano (che incrocia Pil con speranza di vita e livelli di istruzione), ma finora lo avevano preso in considerazione più studiosi e idealisti che non politici di peso. Sono quindi un bel segnale le dodici raccomandazioni che alcuni dei migliori cervelli mondiali hanno consegnato a Sarkozy, perché in futuro si misuri il benessere di un popolo non solo in base alla somma di attività economiche.
L’altra notizia riguarda la nostra vita quotidiana al lavoro. Una ricerca Sda Bocconi su 1.860 impiegati ha dimostrato che ridere in ufficio aumenta la produttività, anziché diminuirla: una verità che riguarda italiani e tedeschi, americani e francesi, russi e giapponesi, senza tralasciare gli inglesi che sono i maestri dello humour. La ricerca ha confermato che allentare la tensione con un momento di buonumore è un incentivo a lavorare di più e meglio. Le aziende hanno studiato ogni possibile strategia per «ottimizzare» i tempi di lavoro: hanno moltiplicato i compiti, dato qua e là aumenti e benefit, utilizzato complicate teorie psicologiche applicate alla produttività, censurato e controllato. E invece sarebbe bastato un bell’«incentivo alla risata» per ottenere migliori risultati a costo zero. D’altronde, chi lavora e vive con buonsenso lo sa da sempre: prendere un caffè, magari pessimo ma in compagnia di un collega divertente, fa ripartire la giornata in ufficio con sprint invidiabile. Che gli studiosi, Sarkozy e il nostro intuito per una volta si trovino in sintonia sui contenuti della parola «benessere» può renderci solo contenti. Senza spendere un centesimo.
Rosanna Biffi
Non fa notizia
Stati Uniti
Più di 45 mila cittadini americani muoiono ogni anno a causa della mancanza di assicurazione sanitaria. È il risultato di uno studio dell’«American Journal of Public Health» secondo il quale il 40 per cento delle persone senza assicurazione fra i 17 e i 64 anni ha maggiori possibilità di morire per malattia. Dopo la pubblicazione dello studio, negli Usa si è aperta una feroce polemica. Il Centro nazionale per l’analisi politica, infatti, sostiene che le cifre siano state gonfiate e si oppone al progetto di Barack Obama che vorrebbe l’allargamento della copertura assicurativa per ogni cittadino Usa.
PeaceReporter
Osservatorio Onu
Armi nucleari al bando
Lo vorrebbe il presidente Usa, che sull’argomento è tornato lo scorso settembre parlando alle Nazioni Unite.
Un mondo senza armi nucleari? Può sembrare un sogno, ma il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, vuole andare in tale direzione.
Era stata questa la sua promessa alla folla che lo aveva accolto a Praga la scorsa primavera. È sempre questa la promessa ribadita di recente al Palazzo di Vetro con la richiesta al Consiglio di Sicurezza di votare una risoluzione che punta alla riduzione degli armamenti atomici. Il documento, approvato all’unanimità dai Quindici, rafforza il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), chiedendo ai Paesi di tutto il mondo di aderire. Mancano all’appello Israele, che ha sempre negato di avere bombe atomiche, India e Pakistan, due potenze nucleari spesso arrivate ai ferri corti tra loro. Ci sono poi i delicati casi della Corea del Nord, che si è ritirata dal Trattato, e dell’Iran, che, pur aderendo, sta violando diverse norme internazionali. L’anno prossimo Washington ospiterà un vertice internazionale per rivedere il Tnp. Anche in quell’occasione, naturalmente, la Casa Bianca cercherà di ottenere la riduzione delle testate atomiche.
Matteo Bosco Bortolaso
Cristiani nel mondo
Russia. Religione sui banchi
Finita l’era dell’ateismo di Stato nelle scuole russe.
Dopo decenni di ateismo comunista e di persecuzione, in Russia si torna a insegnare religione nelle scuole. Dalla primavera 2010, migliaia di classi in 12 mila scuole della Federazione inseriranno per legge un corso dedicato allo studio di una religione a scelta tra cristianesimo ortodosso, islam, giudaismo o buddismo.
Le lezioni coinvolgeranno circa 256 mila studenti e 44 mila insegnanti e si svilupperanno lungo tre linee formative: fondamenti della cultura religiosa, fondamenti di una delle religioni tradizionali, fondamenti di etica pubblica.
Secondo un sondaggio recente, i contrari sono circa il 19 per cento dei russi, soprattutto le personalità accademiche ancora legate all’ateismo e al laicismo, che vedono nell’iniziativa del Cremlino un’indebita invasione di temi religiosi nell’educazione. Vi sono anche critiche da parte degli esclusi, soprattutto cattolici e protestanti.
Vi è pure chi vede questa mossa del Cremlino come un modo di strumentalizzare la religione ortodossa per cementare la società russa in chiave nazionalista. Nella Federazione ex sovietica il 72 per cento della popolazione si dichiara ortodossa, ma solo il 3 per cento va in chiesa almeno una volta la settimana.
p. Bernardo Cervellera
Ieri accadde
L’avvento del nylon
Arrivò nel dopoguerra e fu subito un successo. Perché aveva notevoli doti di elasticità, lavabilità e resistenza all’usura.
Capita spesso di leggere, nell’elenco dei componenti della nostra biancheria, la parola poliammìde. Significa che quella nostra maglietta, o quel nostro slip, contiene una fibra sintetica. La prima delle poliammìdi, commercializzata con un marchio che divenne famoso in tutto il mondo, fu il nylon (si legge «nailon»). La comparsa del nylon, negli anni successivi all’ultima Guerra Mondiale, fu una rivoluzione. La seta veniva messa in discussione, anzi messa da parte: la nuova fibra le teneva testa in elasticità, lavabilità, resistenza all’usura, e costava molto meno. L’uso del nylon si diffuse in un lampo.
La sua storia nasce dalle ricerche scientifiche, condotte negli anni Trenta negli Stati Uniti, per trovare una fibra sintetica che potesse sostituire quella naturale della seta e fosse decisamente più economica. Ma accanto alla storia viaggia una leggenda che vuol spiegare questo curioso nome. Si racconta che quando gli Stati Uniti entrarono in guerra col Giappone, quest’ultimo impedì loro l’importazione della seta che veniva dalla Cina e serviva per tessere i paracadute dei soldati. A questo punto gli americani intensificarono le ricerche e nacque il nuovo materiale il cui nome fu l’acronimo formato dalle lettere iniziali delle parole che compongono la frase Now You Lose Old Nippon (traduzione: «Ora tu perdi vecchio Giappone»). Chissà se è vero… di certo è divertente. Un’ultima curiosità: «nylon» venivano denominati, prima della recente crisi finanziaria, quei manager rampanti che passavano metà della settimana a New York e metà a London (Londra): Ny-Lon, appunto. Travolti tutti dalla crisi. Decisamente il nylon ha resistito meglio nella biancheria.
Paolo Pivetti
Oblò
Giganti coi piedi d’argilla
Ricordo che, molti anni or sono, quando non ero ancora professore, la mattina, mentre andavo a lavorare in una fabbrica, mi capitava spesso di incontrare qualche professore di università che andava al mercato con i suoi piccoli per mano. Perché, mi chiedevo, questi possono andare a spasso con i figli e io no? Col tempo, entrando a far parte della categoria, ho capito. Nell’università dei professori a controllare il lavoro sono i professori stessi. E dunque è indispensabile che controllori e controllati abbiano un alto senso morale. Infatti, chi mai redarguirebbe se stesso? E, quasi sempre, quale professore farebbe delle osservazioni critiche a un collega? Perché questo accada occorre che gli interessati abbiano insieme un’elevata concezione della morale sociale e un elevato senso civico. La loro assenza si traduce molto spesso in inefficienza, sia guardando alla didattica che alla ricerca scientifica. La stessa situazione, o almeno una analoga, esiste nella magistratura. I risultati sono simili. Difficile che un magistrato – in pratica l’unico a poterlo fare – critichi un altro magistrato, ad esempio per la lentezza delle procedure nei processi a lui affidati. Conseguenze? Due pilastri della società, che si occupano della giustizia, del progresso tecnico e scientifico e dell’educazione delle nuove generazioni, spesso hanno i piedi d’argilla.
Sabino Acquaviva