Australia. Fare cultura a Melbourne

11 Dicembre 2012 | di

Nei suoi quattro anni da direttore dell’Istituto italiano di cultura a Melbourne – incarico concluso lo scorso ottobre – Stefano Fossati ha saputo conferire un’impronta di modernità all’ente, rendendolo un centro di istruzione e apprezzamento della lingua e della tradizione italiane in Australia.

Laureato in lingua e letteratura sanscrita all’Università di Torino, prima di entrare al ministero degli Esteri come addetto culturale, Fossati è stato lettore di italiano in India, all’Università di Delhi. Quindi, trasferitosi in Giappone, ha lavorato a Tokyo, per l’Istituto italiano di cultura, dal 2003 al 2008, anno in cui è volato in Australia per dirigere la sede di Melbourne. «La società australiana – spiega Fossati, ripensando a quel suo esordio nella “terra dei canguri” –, rivolge il proprio interesse verso la cultura materiale del nostro Paese: cucina, moda, stile di vita. Questo succede anche in India e in Giappone: le espressioni materiali sono il migliore viatico per l’apprezzamento di altre espressioni culturali».

Ecco spiegato perché, durante il suo mandato, l’ex direttore dell’Istituto italiano di cultura non si è limitato a promuovere l’insegnamento della lingua, ma ha dato spazio anche a molte attività collaterali, come proiezioni cinematografiche, mostre di pittura e fotografia, concerti e corsi di cucina. «Offrire una visione più articolata possibile della cultura del nostro Paese è compito degli istituti (che lo rappresentano all’estero, ndr)», conferma Fossati. A dare il buon esempio è stata, a detta dell’ex direttore, la mostra «Gioielli d’autore: Padova e la scuola dell’oro», che  due anni fa, negli spazi della Rmit Gallery di Melbourne, ha rivelato l’arte del padovano Mario Pinton a un folto pubblico.

«Il rapporto con la comunità italo-australiana è da sempre motivo di grande arricchimento per l’Istituto italiano di cultura di Melbourne», continua Fossati. A detta di questo esperto di cultura tricolore, tra i gruppi residenti in Australia che conservano radici italiane, quello dei siciliani è stato finora il più propositivo. A seguire, quello dei pugliesi, i cui eventi devono molto alla lungimiranza delle istituzioni nella loro regione d’origine.

La cultura dell’integrazione, però, non si nutre solo di intraprendenza e tradizioni, ma necessita anche dell’entusiasmo proprio delle nuove generazioni, vero motore per il futuro. «Stiamo ultimando una pubblicazione destinata ai giovani artisti italiani desiderosi di crearsi un pubblico australiano – aggiunge Fossati –. L’idea è nata dal contatto diretto con molti ragazzi che all’Istituto venivano per cercare una più facile via d’accesso alla realtà locale». In tempi di crisi economica, competenza e tradizione valgono più del denaro. «Chi vuole investire in un Paese straniero e crearsi un pubblico deve promuovere la propria immagine – conclude lo studioso –. La cultura italiana è il più importante strumento promozionale di cui disponiamo». 


Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017