Bambini soldato: emergenza sanitaria
Ne ha parlato anche il Papa, durante l'Angelus del 27 marzo scorso. Ma quella dei bambini e degli adolescenti costretti ad arruolarsi e a combattere non è solo una tragedia umana e morale, tra le tante che affliggono i piccoli di tutto il mondo. In molti Paesi è diventata anche un'emergenza sanitaria, come dimostra l'articolo che pochi giorni prima la prestigiosa rivista britannica The Lancet ha dedicato alla questione.
I piccoli soldati, infatti, non solo rischiano la vita, spesso riportano gravi ferite, amputazioni, invalidità permanenti; anche quando escono dalla guerra indenni dal punto di vista fisico, subiscono per anni le conseguenze di una sindrome post traumatica da stress da cui è assai difficile guarire, vista la gravità del loro vissuto.
I ricercatori britannici, in particolare, hanno riscontrato sintomi di di-sagio psichico rilevanti dal punto di vista clinico nella quasi totalità (97 per cento) dei circa 300 ragazzi fuoriusciti dal Lord's Resistance Army dell'Uganda del Nord da loro esaminati: d'altra parte, il 77 per cento aveva assistito personalmente alla morte di qualcuno, il 63 per cento aveva partecipato a saccheggi e incendi e il 39 per cento era stato costretto a uccidere. Sette di questi disgraziati ragazzi, addirittura, avevano di propria mano tolto la vita al padre, a un fratello o a un altro congiunto.
Più a rischio le donne
I sintomi appaiono più gravi tra coloro che hanno perso i genitori, soprattutto la madre, e ciò vale in particolare per le femmine. Queste ultime hanno ammesso, nel 35 per cento dei casi, di aver subito abusi sessuali e, nel 18 per cento, di aver dato alla luce uno o più figli durante il periodo di permanenza tra le file dei ribelli.
Per loro il reinserimento è ancora più difficile: svolgendo ruoli meno visibili, sfuggono più facilmente ai programmi di recupero ed essendo spesso vittime di violenze e abusi sessuali sono gravate, oltre che dai traumi, dallo stigma sociale, da bambini piccoli da accudire, da infezioni a trasmissione sessuale, tra cui spesso domina quella da Hiv, che può portarle all'aids.
Due esempi africani, significativi, perché è proprio nel continente nero che si concentra un terzo dei piccoli soldati di tutto il mondo, anche se nessun continente è risparmiato da questo flagello: imbracciano fucili bambini della Colombia o tamil di Sri Lanka, nei conflitti sui Balcani o nella guerriglia filippina, piccoli palestinesi e afghani, alcuni dei quali sono stati catturati dalle truppe statunitensi e reclusi nella base cubana di Guantanamo insieme con i più pericolosi presunti esponenti di Al Quaeda. In tutto si ritiene che ne siano annualmente in armi circa 300 mila, in più di cinquanta Paesi.
Se già la guerra ripugna alle coscienze, lo sfruttamento dei più piccoli in questa attività è una vergogna che il mondo cosiddetto civile non può tollerare ancora.
A tale scopo, un gran numero di organizzazioni internazionali di varia natura si è associato in un'iniziativa comune, la Coalition to stop the use of child soldiers.