Barboni. Quelli che per tetto hanno il cielo

Quanti sono e come vivono i
02 Luglio 1996 | di

Nelle nostre città  vive un popolo marginale che non ha casa e fa della strada il proprio ambiente di vita: sono i «barboni»; forse è più romantico il termine francese «clochard», ma resta la realtà  di una categoria sociale composita e difficile da delineare.

Fino a ieri si chiamavano «senza fissa dimora», questo risultava all'anagrafe; oggi, semplicemente «senza dimora» perché il problema non è la stabilità  di un domicilio, ma proprio la mancanza di un domicilio.

In Italia si calcola che le persone «senza casa» siano tra 150 mila e 220 mila. Circa 120 mila vivono in «alloggi impropri» (baracche, container, ripari di fortuna, grotte, ecc.); 60 mila (immigrati) sono in forme di coabitazione forzata; quasi 100 mila persone vivono in dormitori e 20-40 mila sono prive di qualsiasi riparo. Secondo un'indagine pubblicata dalla Caritas italiana nel 1994, «una stima di mezzo milione di persone escluse da sistemazioni, in senso proprio, abitative non sembra azzardata».

A Milano si calcolano in circa tremila i senza dimora; e, secondo l'Osservatorio stabile operante sul problema dal '90-'91, più o meno le cifre sono costanti: dalle 1500 schede raccolte ogni anno, si rileva un 30 per cento di nuovi accessi ai servizi. L'età  media sta scendendo ai livelli dei 35-40 anni, mentre si alza il livello di scolarità  di queste persone; tra gli immigrati senza dimora ci sono molti laureati e diplomati.

Spesso si pensa al barbone come fosse un filosofo della vita, uno che ha scelto la piena libertà  da ogni tipo di condizionamento, persino dalla famiglia e dalla casa. È davvero così? Lo chiediamo a suor Claudia che da anni segue per la Caritas ambrosiana il Servizio di accoglienza milanese (Sam) che si cura proprio dei senza dimora.

«Ho difficoltà  a parlare di scelta di vita per costoro. In tanti anni non ho conosciuto nessuno che avesse davvero scelto di stare sulla strada. Probabilmente in anni passati si poteva parlare di scelta, per rifiuto della società  o di alcune sue caratteristiche, ma non oggi. È gente che non riesce a reinserirsi nella società  né con il lavoro, né con la famiglia.

«Sono persone che hanno problemi: dal disagio psichico, all'alcolismo, alla tossicodipendenza, problemi familiari, come cause ed effetto. Noi arriviamo a 'cose fatte' e quindi è difficile risalire di lacerazione in lacerazione fino alla causa iniziale; c'è una concatenazione e ci sono degli eventi scatenanti che cadono su un terreno con problematiche che predispongono a crisi radicali. Emblematico è che le donne - meno del 15-20 per cento della popolazione 'barbona' - sono quasi tutte malate di mente. Per tutti la strada è molto violenta, per le donne ancor di più. Però ci sono remore, freni, reti di protezioni maggiori per le donne ed è difficile che una donna finisca sulla strada se non ci sono problemi radicali e devastanti».

Msa. Il problema economico e la difficoltà  di trovare casa non portano immediatamente a diventare «senza dimora»?

Suor Claudia. Non immediatamente. Entra però in concomitanza con la situazione economica e lavorativa. Questi tre indici, insieme ad altri (legami familiari allentati o rotti, disagio psichico, abuso di sostanze stupefacenti o alcol, violenza, abbandono, istituzionalizzazione, ecc.), sono presenti in tutti i senza dimora. È un intreccio in cui la casa non è causa scatenante e nemmeno soluzione unica al problema. L'intervento necessario è costituito da una rete di servizi con iniziative coordinate - lavoro, casa, salute, ecc. - che colgano in maniera complessiva la persona. Aggredire un solo aspetto non risolve nulla.

Msa. Cosa fare per fornire ai senza dimora un servizio reale?

Suor Claudia. Ci sono vari servizi, pubblici e privati, che lavorano per i senza dimora; alcuni sono specifici. Noi partiamo dal presupposto che, in ogni caso, migliorare la qualità , o la pseudoqualità  di vita e garantire un minimo di dignità  alle persone è comunque un obiettivo da raggiungere. Uno dei problemi grossi è, per esempio, il problema igienico: la stragrande maggioranza di chi vive per strada non ha ancora - per fortuna - superato la soglia del rifiuto totale di sé. Solo una piccola frangia è a questo livello; tutti gli altri sono persone che tengono ancora a sé e il fatto di offrire servizi igienici è estremamente necessario per dare loro la possibilità  di non precipitare nel nulla di sé, oltre che salvaguardare la salute. Dare docce gratuite, cambi di biancheria, avere un sapone, è necessario e talora risolutivo

Msa. Come si svolge la giornata di queste persone senza dimora che noi vediamo sulle panchine, o in stazione?

Suor Claudia. I più non sono riconoscibili, solo alcuni, i più laceri e macilenti, ma tutti gli altri no. Dormono in alcuni ricoveri, vanno a mangiare nelle mense, trovano da vestire nei guardaroba di parrocchie, centri, ecc.; e vivono di espedienti, di accattonaggio, o di lavori che non richiedono impegno continuativo...

Msa. Sul tram, per strada sono sempre più numerosi quelli che chiedono l'elemosina; è opportuno dare qualcosa?

Suor Claudia. Difficile rispondere. Se mi metto dalla loro parte, devo dire che è senz'altro una perdita di dignità  chiedere. Se si dà  loro qualcosa, non gli si cambia comunque la vita. Avere in tasca qualche soldo è importante perché se hanno voglia di un caffè, almeno lo possono prendere; è vero, però, che così non si raggiunge niente di costruttivo e si incentivano atteggiamenti passivi. Meglio pensare a qualche forma di lavoro, in cambio del quale si elargisce una cifra.

Il discorso è molto grosso, si tratta di porsi di fronte all'altro che resta comunque un «altro»; e non sono io il bravo che faccio le cose per lui, ma devo stimolarlo a fare quanto è a sua misura.

 

Giornali di strada

Per superare l'isolamento e anche la cattiva informazione, sono in circolazione giornali scritti da gente del mondo della strada, con indirizzi utili, testimonianze e riflessioni. La rete di distribuzione è affidata a persone senza dimora che dalla vendita delle testate ricavano circa il 50 per cento del prezzo di copertina. Scarpe de' tenis (10 mila copie) e Terre di mezzo escono a Milano; a Bologna troviamo Piazza Grande.
Questo tipo di stampa è nato in Inghilterra: a Londra il settimanale The Big Issue, tira 100 mila copie con un'appendice in Scozia di 13 mila copie; e il mensile Change. In Francia ci sono diverse testate con un milione di lettori. In Germania la distribuzione è regionale con diverse caratteristiche: più sociali il Giornale dei senza tetto di Berlino, di denuncia contro la politica che produce povertà  il mensile Biss di Monaco di Baviera; mentre Tizio e Caio di Amburgo si occupa dei problemi culturali della città  (120 mila copie di tiratura).
La tradizione dei giornali di strada è forte negli Stati Uniti dove a New York esce addirittura un quotidiano dal titolo Street News, ideato da una catena di importanti editrici nel novembre 1990.

PER SAPERNE DI PIU'

Ci sono diversi studi sul tema dei senza dimora, che agevolano la comprensione di un fenomeno che segna la nostra società :

Marginalità  e società . Povertà  estrema: istituzioni e percorsi a Milano, Franco Angeli editore, pp. 199.

I senza fissa dimora, Caritas italiana - Piemme 1995, pp. 118.

PROVOCAZIONI di don ORESTE BENZI
SE UN BARBONE BUSSA ALLA TUA PORTA

La sofferenza più grande per i senza fissa dimora non è la mancanza di un letto per riposare o di un pezzo di pane, ma è l'umiliazione di essere sfuggiti come cani randagi, di essere evitati, di non avere nessuno che dia la buona notte! Di non essere considerati uomini, con una dignità  e un ruolo proprio nella società . L'umiliazione della scocciatura visibile che provocano in coloro ai quali chiedono l'elemosina. L'umiliazione di ricevere una fetta di pane, anziché di essere invitati a mangiarla. L'umiliazione di dovere andare alla mensa dei poveri, quando gli altri non vanno a quella mensa perché sono ricchi. Vengono in mente le parole di don Mazzolari: «I poveri sono quelli che non si vorrebbero»; o di Vincenzo de Paoli a Giovanna, giovane suora: «Ricordati che per il tuo amore, per il tuo amore soltanto, i poveri ti perdoneranno il pane che tu dai a loro». Sì, dopo avere fatto l'elemosina dovremmo inginocchiarci davanti al povero e chiedergli il perdono per aver fatto l'elemosina.

Solo la condivisione può risolvere il problema dei senza fissa dimora. Le prime volte che con i giovani della Comunità  Papa Giovanni XXIII andavo alla stazione di Rimini, chiedevo alle pensioni se accoglievano coloro che erano senza casa, pagando. La prima volta accettavano, ma la seconda volta mi rispondevano: «Non c'è posto, non c'è posto!». Finalmente ci fu data in uso una casa. La chiamai «Capanna di Betlemme», perché duemila anni fa capitò ad altri tre di sentirsi rispondere: «Non c'è posto!», e Giuseppe, Maria e il piccolo che lei portava in seno, trovarono rifugio in una capanna a Betlemme.

Chi sono i senza fissa dimora? Sono donne rimaste vedove, senza figli o rifiutate dai figli, impossibilitate a pagare l'affitto o sfrattate. Sono anche donne abbandonate dal marito e senza alimenti o senza casa. Sono prostitute anziane, che non hanno più clienti e quindi senza mezzi di sussistenza.

Sono i dimessi dal carcere, senza famiglia o rifiutati dalla famiglia, senza casa, senza lavoro. L'impossibilità  di trovare lavoro è una delle cause più frequenti che spingono le persone a girovagare. Sono drogati cronici o metadonizzati, che fanno uso anche di altre droghe e che non vogliono entrare in comunità  di recupero.

Sono giovani disturbati psichicamente, abbandonati a se stessi. Sono anziani che riscuotono la pensione sociale, ma senza casa. Ci sono anche coloro che, pur avendo una casetta dove abitare, preferiscono girovagare. Oggi i barboni per libera scelta sono veramente pochi.

I senza dimora non costituiscono una categoria sociale speciale. Non sono una fatalità . Sono la conseguenza della spietata organizzazione della società  del profitto. Sono vere vittime. Di chi? Di una società  organizzata solo per alcuni, non per tutti. Sono vittime dell'organizzazione del lavoro creata solo per il profitto. Sono vittime dei ricchi, che fanno spese che sono un insulto ai poveri! Come dice bene don Milani: «Sono vittime dell'organizzazione dello stato, che favorisce più chi sta bene che coloro che stanno male!». Sono vittime dei partiti, prigionieri di chi li vota. Sono vittime dell'assistenzialismo, che non rimuove le cause che creano i poveri, che fabbricano i poveri. Sono vittime di quella carità  che si limita a coprire l'ingiustizia e che non promuove la giustizia distributiva e la condivisione.

Una proposta: invito famiglie italiane ad aprirsi ai senza fissa dimora e a dare un pasto a uno senza fissa dimora. Le mense dei poveri diventino un punto di scelta per inviare i poveri nelle famiglie. Le mense funzioneranno bene quando avranno operato in modo che ogni povero trovi una famiglia che gli dia da mangiare, rendendo inutile la mensa dei poveri. E questa è giustizia. Invito tutti a stringere la mano a un povero, almeno una volta alla settimana e qualche volta a portare qualche barbone alla propria mensa.

Sempre più giovani

Da una recente indagine sui senza fissa dimora svolta dalla Pontificia università  salesiana, emerge questo quadro della situazione.

Composizione: 3/4 sono maschi, 1/4 femmine.

Età : oscilla tra i 25 e i 34 anni. Due terzi hanno unà­età  inferiore ai 44 anni, con i coinvolgimenti di strati sempre più giovani della popolazione. La maggioranza è formata da nubili o celibi, mentre solo 1/4 proviene da esperienze familiari fallite o per vedovanza.

Scolarizzazione: 1/4 del campione ha conseguito un diploma successivo alle medie o la laurea. Diplomati e laureati raggiungono il 16,3 per cento... A innalzare il livello di scolarità  tra i barboni è la presenza dei terzomondiali. Infatti essi sono il 63,6 per cento dei laureati e il 39,1 per cento dei diplomati, nonostante costituiscano solo il 15,9 per cento del campione.

Condizioni economiche: il 43,3 per cento vive di accattonaggio o di furti, il 23,6 per cento di sussidi erogati da enti pubblici e privati, il 37,6 per cento ha un reddito normale consistente in pensione o lavoro.

Dove vive: la stragrande maggioranza dei barboni utilizza i servizi sociali e sanitari, le mense e i bagni. Di notte i 3/4 abita la strada o rifugi precari, senza alcuna protezione sociale. 1/4 passa la notte nei dormitori. I 2/3 non hanno alcuna relazione con la propria famiglia.

Storie di strada

Luigi e Anna fanno parte dell'arredo urbano della capitale. E come le panchine e gli alberi, vengono ignorati da gran parte dei passanti, romani e turisti. Il primo si muove tra la facoltà  di Magistero e la stazione Termini, Anna preferisce la zona centro, tra piazza Colonna e la fontana di Trevi. Storie di famiglie finite, di vite reinventate a forza nel giro di pochi giorni, vengono raccontate dal giornale dei senza fissa dimora «Terre di mezzo». Per Luigi, 52 anni, il giornale è diventato «lavoro» e, orgoglioso, va in giro con il suo distintivo di riconoscimento.

Un'adolescenza da tappezziere, restauratore di mobili, militare. Quindi, nel 1963 il matrimonio, poi la nascita di due bambine e qualche lavoretto saltuario. Dopo otto anni la separazione e la solitudine. La disoccupazione e la povertà  seguono a ruota con la scadenza del contratto a termine in una impresa di lavori stradali. Oggi Luigi si appoggia al dormitorio della Caritas, perché «da mi' madre non posso stare, la casa è piccola e lei non può tenermi».

Anna non conosce «Terre di mezzo», forse non riesce neanche più a leggere, ma la sua storia la racconta senza disagio, seduta sui gradini della chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio, di fronte alla fontana di Trevi. Dimostra settant'anni. È vedova e senza figli. La pensione del marito, morto quindici anni fa, non le è mai arrivata, perché - lo ha scoperto dopo il decesso - questi aveva sempre lavorato in nero. «Così, spesi gli ultimi risparmi per il suo funerale e lasciai la mia bella casa». Adesso vive in una stanzetta vicino alla stazione. L'affitto lo paga grazie alle elemosine e all'aiuto del parroco. Coperta da un plaid, prega per chi entra in chiesa, mentre i turisti, che le voltano le spalle, gettano le monetine nella vasca dei desideri.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017