Benedetto XVI nel nome la sua missione
Il Convegno eucaristico tenutosi a fine maggio a Bari, in Puglia, dove ha incontrato anche i giovani italiani d";Europa, e la prossima Giornata Mondiale della Gioventù in programma ad agosto a Colonia, nella sua patria tedesca, sono le prime uscite ufficiali del ministero petrino di Benedetto XVI. E confermano l";attenzione e il privilegio che il nuovo Papa, seguendo le orme della missione del predecessore, Giovanni Paolo II, intende riservare ai giovani quali testimoni di una nuova evangelizzazione, non solo del continente europeo.
Non a caso, il pontefice ha preso il proprio nome da un «coraggioso e autentico profeta di pace» e dal «grande Patriarca del monachesimo occidentale», come Ratzinger ha spiegato nella sua prima udienza generale. Si è infatti riallacciato idealmente al predecessore Benedetto XV che guidò la Chiesa nel terribile periodo della Prima Guerra mondiale, e al santo compatrono d";Europa: Benedetto da Norcia.
Papa Ratzinger, fin dal suo insediamento, ha detto di non voler presentare un «programma di governo», preferendo concentrarsi sui simboli e sul significato del ministero pastorale al quale è stato chiamato, e soffermandosi sul messaggio profondo della liturgia, su due segni e su due immagini, quella del pastore e dell";agnello, quella del pescatore e della rete.
«La santa inquietudine di Cristo deve animare il Pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto», ha detto Benedetto XVI indicando i tanti deserti di questo mondo dove soffrono troppi uomini e donne. E insegnando, per inciso, che «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo perché i deserti interiori sono diventati così ampi». Così come ha messo in guardia dalla tentazione dell";idea di un Dio «forte» che «cancelli il male», dal quale nascono le «ideologie del potere» che «giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell";umanità », siano esse "; ci sembra di poter sostenere "; quelle che impongono dittature in nome dell";uguaglianza o quelle che pretendono di esportare la democrazia con la guerra.
Non sono questi il tempo e il contesto per scrutare la figura del nuovo Papa, né per notare continuità o discontinuità con il suo predecessore, né per cercare affermazioni di rigore dottrinale o eventuali correzioni pastorali, se non proprio attenuazioni di tali affermazioni. Già molti "; persino tra i commentatori cattolici "; cercano di spiegare il Papa, qualsiasi Papa, con i criteri interpretativi della politologia. Già molti cercano da un lato di imporre a Benedetto XVI i panni di Giovanni Paolo II, e dall";altro di lasciargli, immutati, quelli del Cardinale Ratzinger. «Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà , di non perseguire le mie idee "; ha detto il Papa "; ma di mettermi in ascolto, con tutta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore, e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia». E, comunque, in senso lato, è un «programma di governo» già quella scelta del nome. L";ultimo Papa a portarlo «si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste "; ha detto Benedetto XVI ";, e sulle sui orme desidero porre il mio ministero al servizio della riconciliazione e dell";armonia tra gli uomini e i popoli». Fu anche il Papa "; sembra giusto ricordarlo su queste pagine "; che ebbe particolare cura pastorale dei migranti, che più di ogni altro prima seppe intuire le immense potenzialità di civiltà , e seppe sostenere le altrettanto immense sofferenze che accompagnano la strada dolorosa di chi è costretto a lasciare la propria patria.
Così come il nome Benedetto è quello di un santo «molto venerato anche in Germania e, in particolare, nella Baviera, la mia terra d";origine» e che «costituisce un fondamentale punto di riferimento per l";unità dell";Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà ».