Brasile. Un cuore per tre Paesi

11 Dicembre 2012 | di

Madre di origini toscane, padre giapponese, cittadinanza brasiliana. Keith Cheli Kanasawa fa parte di una comunità – quella con radici italiane – che in Brasile rappresenta il 15 per cento dell’intera popolazione. Un gruppo perfettamente integrato nel tessuto sociale, anche grazie all’associazione «Giovani Cuori» di San Paolo, di cui Keith fa parte da dodici anni, ora con l’incarico di presidente. «Questi anni di volontariato nell’associazione rappresentano il mio modo di preservare la cultura toscana a San Paolo e di rafforzare quel legame che, in casa, vivo attraverso la preparazione di ricette italiane e la devozione a sant’Antonio».

Per Keith Cheli le radici costituiscono un bagaglio personale che arricchisce e completa. Ecco perché la presidente dell’associazione «Giovani Cuori» va molto fiera della sua multiculturalità. «In Italia, dopo la fine della seconda guerra mondiale non c’era lavoro per tutti – racconta la ragazza –. Come tanti, anche mio nonno scelse di scommettere sul “nuovo mondo”. Partì da Gallicano, in Toscana, diretto in Brasile, dove trovò lavoro in un’azienda casearia. Dopo tre anni di fatiche, riuscì a pagare il biglietto di viaggio a sua moglie e alle due figlie. Insieme a loro, emigrarono in Brasile altri zii e cugini, ma non tutti vi rimasero. Il clima, il cibo e le abitudini erano totalmente diverse da quelle lasciate a Gallicano; per questo, gli inizi nel nuovo Paese furono difficili». Col tempo, tuttavia, la famiglia toscana si inserì nella comunità locale, allo stesso tempo mantenendo vive le proprie radici. «Ancora oggi la casa di mamma è per me una vera e propria isola italiana nella metropoli di San Paolo – confessa Keith –.

Ogni occasione è buona per cucinare i piatti tipici del Belpaese, specie quelli toscani. Ho intenzione di tramandare questa sapienza ai miei figli. Senza dimenticare, peraltro, la cultura giapponese ereditata da mio padre». Il buon esito di questo processo di integrazione, tuttavia, non è dipeso solo dalla forza di volontà dei singoli migranti. Anche lo spirito associativo ha rivestito un ruolo fondamentale. «A San Paolo – continua Keith – la mia famiglia si legò ad altre che, avendo vissuto la stessa situazione, l’aiutarono ad adattarsi alla cultura locale». Quindi, nel ’97, la famiglia di Gallicano fece il suo ingresso nel mondo dell’associazionismo regionale. «Grazie al lavoro svolto nell’associazione “Giovani Cuori”, ho visitato spesso il Belpaese e incontrato di persona i cugini di Gallicano», conferma la presidente.

Tra le poche realtà giovanili indipendenti (non collegate a gruppi «adulti») del panorama brasiliano, l’associazione di San Paolo è attiva su molteplici fronti, compreso quello sociale. Un esempio? Nel febbraio 2010 ha stretto una partnership con l’istituto Cavanis Fratello Carlos Menghi di San Paolo – una casa-scuola fondata dai fratelli Antonio e Marco Cavanis –, per promuovere e sostenere iniziative formative nel segno della solidarietà. 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017