Buona lettura
Il tempo corre sempre troppo veloce anche per chi lo marca stretto. Non basta mai. Se nel passato, per molti secoli, il desiderio dell’uomo è stato quello di accelerare, perché nel domani veniva prefigurata una situazione migliore di quella presente, oggi si vorrebbe invece frenare, rallentare, perché la sensazione è quella di aver perso il controllo sulla direzione di marcia: tutto succede troppo in fretta, la tecnologia apre a mondi sempre più complessi, non ci si è ancora abituati ad alcuni cambiamenti che già la storia volta pagina. E allora si rincorre trafelati. Oppure, per dare a se stessi l’impressione di farcela, si trasforma l’attimo fuggente in attimo ruggente: rinunciando a vivere sulla lunga durata, dentro progetti di largo respiro, protagonisti di storie ben compaginate, si sceglie di vivere ogni momento nella sua unicità, come occasione ghiotta e imperdibile, da sfruttare fino in fondo per quanto può dare. Si prendono così le distanze dal passato e dal futuro: da dove si viene poco importa, e dove si sta andando non interessa. Appiattiti sul presente, quasi a peso morto, molti nostri contemporanei saltellano da un’esperienza all’altra, in cerca di un di più che non si sa cosa sia, collezionando nuovi inizi che non portano quasi mai da nessuna parte. Comunque di corsa.
Mi rendo conto di avere un po’ drammatizzato l’esperienza che ai nostri giorni gli uomini e le donne vivono del tempo. D’altra parte tutti però abbiamo sufficiente dimestichezza con la fretta, con agende ingolfate, con buoni propositi che non riusciamo mai a onorare, col fatto di posticipare all’infinito alcune scadenze, soprattutto quelle scomode. Insomma abbiamo il fiato corto e vorremmo «darci tempo» per migliorare la qualità delle nostre giornate troppo obese di impegni. Un buon modo per contravvenire a questa deriva, tra l’altro non molto costoso e con la possibilità di risultati a breve termine, è dedicarsi alla lettura. Sì, un libro in mano – tra l’altro – ha la capacità di decongestionare il tempo, di acquietare la ricerca in mille direzioni, di sintonizzarci con livelli di coscienza più profondi, magari di stupirci, di rifocillarci. Di un cibo piuttosto raro che si chiama confidenza con il mondo e con noi stessi attraverso racconti, storie, percorsi dell’intelligenza ma anche del cuore che ci permettono di misurarci, riscoprirci, leggerci dentro altri specchi, osservarci finalmente da fuori; ma anche di andare in profondità, oltre ogni automatismo e scontatezza. Viviamo in un mondo disincantato e per molti aspetti arido, predatore, nel quale finché non si decide di costruirsi un mondo proprio, un’oasi nella quale sostare – e la lettura ne è la porta d’ingresso – non si può che sentirsi fuori posto.
Ha ragione il giornalista Alessandro Zaccuri quando dei libri scrive che «sono sfilate di parole che invitano al silenzio. E ci obbligano alla solitudine per permetterci – finalmente – di stare in compagnia di noi stessi». Un po’ come gli amici, che ci riportano sulle strade della memoria e sanno incitarci verso i sentieri del futuro, garantendoci assoluta libertà. Proprio quest’ultimo aspetto è determinate: ognuno legge lo stesso libro a modo suo, e quel libro diventa così centinaia e migliaia di libri. Inoltre, mentre l’immagine quasi ci sradica da noi stessi, la parola scritta è come un solco che incide l’anima, uno zampillare d’acqua che la irrora lentamente e proprio per questo si trasforma in linfa di vita. Lo dicono bene le parole del compianto Giuseppe Pontiggia: «Dobbiamo difendere la lettura come esperienza che non coltiva l’ideale della rapidità, ma della ricchezza, della profondità, della durata». Ci abbiamo provato nel Dossier di questo numero… E ora, a tutti buona estate e buona lettura.