Canada. Dalla gloria al monastero

20 Maggio 2014 | di

Aveva 16 anni quando la Vancouver Art Gallery gli dedicò una mostra personale. Un avvenimento eccezionale, insolito per la selettiva e severa istituzione culturale. Il nome della giovanissima stella nascente era William Harold Massey. Nato a Vancouver, di origine anglosassone il padre e francese la madre, Bill abbandonò gli studi secondari per dedicarsi a quelli artistici e musicali. Altra sua grande passione il pianoforte, in cui pure eccelleva: gli si prospettava un avvenire da concertista. 

Avido lettore, attratto soprattutto da figure e storie mitologiche che interpretava disegnando e dipingendo in modo del tutto originale, godeva di consensi, stima e successo quando – diciottenne – decise di dedicarsi esclusivamente a Dio. All’abate del monastero benedettino, cui si rivolse per essere accettato, disse di essere pronto a rinunciare all’arte pur di diventare monaco e sacerdote. «Farai semplicemente quanto ti viene ordinato» gli rispose il superiore. Da allora sono trascorsi settantadue anni e l’abbazia benedettina sulle colline di Mission, cittadina lungo il fiume Fraser a un’ora circa di tragitto da Vancouver, è diventata uno scrigno unico di opere d’arte.

La magnifica basilica, le pareti del monastero, le aule del seminario di Cristo Re sono arricchite da affreschi, bassorilievi e sculture eseguiti da colui che è diventato nel frattempo padre Dunstan Massey, l’ex ragazzino promettente che si è rivelato, nel tempo, anche brillante poeta e scrittore.

Tuttora, all’età di 90 anni, l’incredibile padre Dunstan inizia la sua giornata all’alba, in preghiera. Prosegue insegnando inglese e teologia agli studenti del seminario. Dedica le ore pomeridiane all’esecuzione di opere d’arte. Chiude la giornata salmodiando con i confratelli monaci che in lui hanno un socievole compagno di lavoro, oltre che una bella guida spirituale. Ora et labora: san Benedetto è davvero anche qui, a Mission, in British Columbia. Senza mai aver potuto ammirare di persona le opere di Michelangelo e di Leonardo, padre Dunstan è riuscito a realizzare – con grande pazienza e tenacia – fantastici affreschi, come La tentazione di san Benedetto, lavoro impressionante, risalente a quarant’anni fa (il preferito dall’artista) e, di recente, Il banchetto celestiale, dove Cristo e i dodici apostoli sono ritratti in Paradiso.

«Amo il fatto che la mia arte sia integrata nella vita delle persone che vivono qui» dice il monaco. Suoi i ventidue altorilievi in calcestruzzo che ornano le arcate interne della basilica, suoi altri ammirevoli dipinti, come Gesù in barca con i pescatori e Cristo che guarisce il cieco. Sta ora terminando di scolpire un Crocifisso a grandezza d’uomo da appendere sopra l’altar maggiore della basilica. Solo di recente mi sono resa conto di avere incontrato, senza allora saperne nulla, l’umile sorridente monaco di questa storia. In un pomeriggio di trent’anni fa aveva accolto – con autentico spirito benedettino – due genitori con tre figli adolescenti, esuli dall’Italia delle Brigate rosse e della nascente Tangentopoli, in cerca di segnali di spiritualità. La mia famiglia. 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017