Canada. Vancouver: boom di etnie
15 Maggio 2013
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Vancouver sta vivendo una crescita demografica definita eccezionale dagli esperti del settore. Il fenomeno non è dovuto allo sbarco di qualche decina di «giovani in fuga», individui o piccole famiglie in cerca di un futuro sereno, quanto invece alle nuove «ondate» di immigrati provenienti soprattutto dai Paesi asiatici. I dati del censimento 2011 della popolazione – 2.313.328 residenti nella Vancouver metropolitana – dimostrano una crescita costante annua di oltre il 9 per cento. Il culmine era stato toccato tuttavia nel 1991, con il 37 per cento di crescita.
Appena un secolo prima, nel 1891, gli abitanti erano 21.887. Ad attirare l’interesse degli abitanti di Vancouver, e non solo quello di geografi e sociologi, è soprattutto la previsione che le cosiddette «minoranze visibili» prevarranno sui «bianchi», raggiungendo nel giro di qualche anno una maggioranza del 59 per cento.
I whites, secondo la definizione ufficiale canadese, sono i discendenti degli emigrati europei colonizzatori (vi rientrano, perciò, anche gli abitanti di origine italiana), mentre visible minorities sono, tra gli altri, cinesi, sudasiatici, filippini, coreani e west asiatici. Un insieme di gruppi etnici, questi ultimi, che la crescente ondata migratoria spingerà a diventare maggioranza. Quanto alla minoritaria popolazione aborigena, non si prevedono sviluppi particolari, se non nel processo di reciproca accettazione e augurabile cooperazione.
Dedicare attenzione ai costumi e alla ricca produzione artistica dei «nativi» della West Coast (il 2.82 per cento della popolazione metropolitana) è non solo un dovere di chi è arrivato dopo, ospite e poi comproprietario della loro terra, ma anche un arricchimento spirituale. Utile riflessione anche per gli italocanadesi, che ammontano a circa 76 mila persone (3,64 per cento della popolazione). Sta infatti a individui, enti e associazioni che abbiano trovato un proprio spazio vitale nella composita realtà multietnica e multiculturale della grande Vancouver, uscire dai confini limitanti del gruppo etnico, per quanto culturalmente ricco e appagante sia.
Ciò significa aprirsi alle altre etnie, cooperare a progetti comuni, offrire e ricevere esperienze di impegno, ma soprattutto lavorare insieme per una visione del futuro: senza timore e liberi da qualsiasi tentazione razzista. Con la nuova immigrazione asiatica stiamo assistendo – sia pure nel contesto di un rilevante agnosticismo religioso – all’aumento del numero dei fedeli cristiani, aperti alla testimonianza ecumenica. A Vancouver i cattolici sono attualmente il 19 per cento, i protestanti il 17,4, altri cristiani il 4,4, gli ortodossi l’1,7. Da segnalare poi il 6,9 per cento di buddisti, il 2,8 di sikh, l’1,8 di ebrei, l’1,7 di musulmani, l’1,4 di induisti. Secondo le previsioni degli esperti, il maggior gruppo religioso rimarrà nei prossimi due decenni quello cristiano, seguito a ruota da sikh, musulmani e buddisti.
Appena un secolo prima, nel 1891, gli abitanti erano 21.887. Ad attirare l’interesse degli abitanti di Vancouver, e non solo quello di geografi e sociologi, è soprattutto la previsione che le cosiddette «minoranze visibili» prevarranno sui «bianchi», raggiungendo nel giro di qualche anno una maggioranza del 59 per cento.
I whites, secondo la definizione ufficiale canadese, sono i discendenti degli emigrati europei colonizzatori (vi rientrano, perciò, anche gli abitanti di origine italiana), mentre visible minorities sono, tra gli altri, cinesi, sudasiatici, filippini, coreani e west asiatici. Un insieme di gruppi etnici, questi ultimi, che la crescente ondata migratoria spingerà a diventare maggioranza. Quanto alla minoritaria popolazione aborigena, non si prevedono sviluppi particolari, se non nel processo di reciproca accettazione e augurabile cooperazione.
Dedicare attenzione ai costumi e alla ricca produzione artistica dei «nativi» della West Coast (il 2.82 per cento della popolazione metropolitana) è non solo un dovere di chi è arrivato dopo, ospite e poi comproprietario della loro terra, ma anche un arricchimento spirituale. Utile riflessione anche per gli italocanadesi, che ammontano a circa 76 mila persone (3,64 per cento della popolazione). Sta infatti a individui, enti e associazioni che abbiano trovato un proprio spazio vitale nella composita realtà multietnica e multiculturale della grande Vancouver, uscire dai confini limitanti del gruppo etnico, per quanto culturalmente ricco e appagante sia.
Ciò significa aprirsi alle altre etnie, cooperare a progetti comuni, offrire e ricevere esperienze di impegno, ma soprattutto lavorare insieme per una visione del futuro: senza timore e liberi da qualsiasi tentazione razzista. Con la nuova immigrazione asiatica stiamo assistendo – sia pure nel contesto di un rilevante agnosticismo religioso – all’aumento del numero dei fedeli cristiani, aperti alla testimonianza ecumenica. A Vancouver i cattolici sono attualmente il 19 per cento, i protestanti il 17,4, altri cristiani il 4,4, gli ortodossi l’1,7. Da segnalare poi il 6,9 per cento di buddisti, il 2,8 di sikh, l’1,8 di ebrei, l’1,7 di musulmani, l’1,4 di induisti. Secondo le previsioni degli esperti, il maggior gruppo religioso rimarrà nei prossimi due decenni quello cristiano, seguito a ruota da sikh, musulmani e buddisti.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017