Canti di Natale, musica degli angeli

20 Novembre 2012 | di
Il repertorio musicale religioso di Natale è il più bello che possa esistere. A sentirlo, non lascia indifferente nessuno, compresi l’ateo e l’agnostico. Natale è Natale, perché si fa memoria della nascita di Gesù Bambino. C’è chi prova a scrollarsi di dosso questa tradizione, ma la musica che rallegra tutto il mese di dicembre non glielo permette. Anzi, lo coinvolge e lo induce a riflettere. Dicono che White Christmas (Bianco Natale), cantato da Bing Crosby nel film La taverna dell’allegria, sia il singolo più venduto nella storia della musica.

L’hanno comprato milioni di persone, ma molte di più sono quelle che ogni dicembre intonano – nelle chiese, così come a casa, per le strade della città, persino in auto mentre vanno a lavoro – i canti corali Adeste fideles (Venite fedeli), Tu scendi dalle stelle (composto dal napoletano sant’Alfonso de’ Liguori nel 1754) e Stille nacht (Notte silenziosa o Astro del ciel).
La bellezza dei canti natalizi sta nella fusione della musica con i significati letterari, interpreti del clima spirituale che si assapora nel mese dedicato a Gesù. Così, se per i non credenti il Natale è una risposta alla nostalgia dell’unione dei cuori riconciliati (carattere, questo, molto in evidenza nell’ambiente protestante nordeuropeo), per i fedeli i canti rappresentano soprattutto un’occasione di preghiera, e non sono mai semplici manifestazioni folkloristiche. «Chi canta bene prega due volte» diceva sant’Agostino. A ricordare questa massima un anno fa è stato padre Ugo Sartorio, direttore generale del «Messaggero di sant’Antonio» nel corso della trasmissione Rai A sua immagine, dove ha sottolineato che «la bellezza del canto ha a che fare con la preghiera. Una bellezza che crea il senso di lode della comunità davanti a Dio».

Se è vero che esistono cori natalizi (come quelli di Johann Sebastian Bach e di Georg Friedrich Händel) riservati a cantori virtuosi, è altrettanto vero che essi sanno sprigionare un fascino che coinvolge l’intera comunità. Durante l’esecuzione dei canti natalizi, i fedeli si fanno popolo unito per rendere lode a Dio, anche se non prestano la propria voce. Accade quando ascoltano il Weihnachtsoratorium (Oratorio di Natale), scritto da Bach per il ciclo delle feste liturgiche da Natale all’Epifania (1734-35), e più ancora il The Messiah (Il Messia), composto da Händel nel 1741. A chi si complimentava con lui, un giorno il maestro tedesco rispose: «Sarei desolato se avessi avuto solo il proposito di divertirvi. Il mio scopo è farvi migliori».
 
Tra spartiti e consumismo
Quando la musica natalizia viene commercializzata, cala anche il fervore dell’intimità religiosa e creativa del Natale in famiglia. La smania del consumo impoverisce l’originalità dell’evento, che è la nascita di Gesù Bambino. Ne è un esempio la canzone Jingle bells, composta dal figlio di un pastore protestante americano. Si tratta di una delle tante melodie legate al consumismo fatto di luci, fiocchi e vetrine colorate. Un canto piacevole e allegro, dunque, che rende l’aria festosa, ma non aiuta a pregare. Stesso discorso per White Christmas che, a differenza della musica sacra «universale» sopra citata, non è animato da fede religiosa, ma piuttosto dal calore del focolare domestico e della famiglia unita. Anche questo, tuttavia, è un valore da salvaguardare. Non dimentichiamo che, oltre a celebrare la nascita di Gesù Figlio di Dio, infatti, il Natale festeggia per analogia tutti i bambini e le loro famiglie.

Sacri o meno, i canti rappresentano in ogni caso un positivo strumento di condivisione. «Musica e voci hanno qualcosa di divino, soprattutto a Natale – sostiene il cantautore italiano Claudio Baglioni –. Le canzoni sono un’arte povera con una forte capacità evocativa, sono un po’ come i profumi, gli odori. C’è nelle canzoni belle il senso della ragione, ma anche una sorta di alchimia, quasi miracolosa, che le rende capaci di unire le persone, specie i giovani. Ad ascoltarle nasce in me il desiderio di diventare innocente, di avere gli occhi completamente puliti, anche da piccole ombre, un po’ come quando avevo due anni».
 
Una festa secondo tradizione
Carla è una giovane mamma di tre bambini: la più grande ha 8 anni, la più piccola 2, in mezzo c’è un maschietto «buono come il pane», dice papà Giacomo. Quest’anno, a Natale, i tre bambini «scarteranno» un regalo speciale: due fratelli adottivi – Miriam e Santiago – provenienti dalla Colombia. Per accogliere i nuovi arrivati e renderli partecipi fin da subito della magia del Natale, i neo genitori hanno programmato una veglia fino a mezzanotte inoltrata. Contando sulla collaborazione di tutti i membri della famiglia, hanno deciso di rappresentare un presepio vivente. Nonno Gelindo si improvviserà pastore e con l’oboe farà sentire i canti natalizi di tradizione occidentale. Alla fine la famiglia intonerà all’unisono Tu scendi dalle stelle. Un classico capace di toccare il cuore e far rinascere l’anima, cioè quella parte divina nascosta in ognuno di noi.

Ma a vedere nella musica sacra un valido strumento di richiamo all’amore e alla vita buona non sono soltanto le famiglie che si preparano alla vigilia o i fedeli raccolti in chiesa. Anche molti compositori cinematografici ne hanno tratto ispirazione per rendere il pathos sullo schermo. Basta ascoltare la colonna sonora del film The Mission, scritta da Ennio Morricone, per rendersene conto. Tra Ave Maria, Te Deum e Miserere, il maestro accompagna il pubblico sulla cima delle cascate Iguazù (Brasile), al seguito di un gruppo di gesuiti decisi a evangelizzare una tribù di nativi americani. A detta di Morricone, quella scritta per il film diretto da Roland Joffè nel 1986 è musica sacra da ascoltare in silenzio e a occhi chiusi, perché lascia parlare la fede nell’invisibile. L’ascolto, dunque, si fa passo cruciale nel viaggio verso Dio. Ne è convinta anche la scrittrice Susanna Tamaro, che sul tema ha steso persino un romanzo, pubblicato da Rizzoli nel 2006. Il titolo del libro, Ascolta la mia voce, riprende una frase dei salmi. «Il salmista si rivolge al cielo, la sua è un’invocazione verso l’alto – ha spiegato l’autrice, intervistata dal giornalista Vito Magno –. Penso che l’ascolto sia una cosa quasi scomparsa. Eppure esso ha grande importanza. Anche la ricerca spirituale nasce dall’ascolto. Noi ascoltiamo la parola di Dio ed essa ci fa crescere. Cristo è la luce della mia vita, una luce che mi permette una grande ricchezza interiore».
Dunque, aprite bene le orecchie cari lettori e disponetevi all’ascolto. Buon Natale, con la musica degli angeli!
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017