C'è del nostro in Danimarca

L'italianità è molto presente nella cultura danese. Sono tanti i nostri connazionali, di origine o di nascita, che occupano ruoli d'eccellenza nella musica, nel teatro e nella ricerca scientifica.
23 Giugno 2009 | di

Copenaghen
Ci vogliono solo un paio d’ore di volo, dall’Italia, per raggiungere la Danimarca. Eppure, appena si mette piede nel Regno di Margherita II, si ha l’impressione di essere arrivati in un Paese tutto speciale, soprattutto se visto attraverso gli occhi di un italiano.
In Danimarca tutti usano la bicicletta, percorrendo ampie piste ciclabili che si snodano ovunque e salendo con essa tranquillamente anche in metropolitana. Per le strade della capitale Copenaghen è raro incontrare qualche poliziotto e il fenomeno della clandestinità è sconosciuto. Gli ingorghi stradali sono inesistenti, dal momento che il 70 per cento dei cittadini usa gli efficientissimi mezzi pubblici. Ci sono parchi e giardini ovunque e obbiettivi sensibili, come ambasciate e altre sedi istituzionali, sono assolutamente privi di protezione e non sono presidiati dalle forze dell’ordine.
Se a tutto ciò aggiungiamo un efficace sistema previdenziale, sanitario e scolastico, una burocrazia ridotta all’osso e una vita culturale degna delle grandi capitali europee, la terra che ha dato i natali ad Hans Christian Andersen appare davvero come un Paese da favola.
È difficile dire se, a questa qualità della vita invidiabile e a questo benessere diffuso (il reddito pro-capite è l’ottavo del mondo), corrisponda o meno un senso di reale felicità. L’impressione, confermataci dagli autoctoni, è che ci sia anche qui un «rovescio della medaglia» i cui contorni, tuttavia, non sono ben definibili.
La Danimarca non è stata storicamente una delle grandi mete dell’emigrazione italiana in Europa, come Svizzera, Belgio, Francia e Germania, tanto che è assai difficile far riferimento a una vera e propria comunità italo-danese. Si può parlare, invece, di alcune migliaia di italiani, molto spesso di nascita, che sono assolutamente integrati nel tessuto sociale, economico e culturale danese.
Nonostante una presenza poco significativa, anche qui il nostro Paese gode di grandi consensi e gli italiani sono visti con ammirazione, soprattutto grazie ai tradizionali «pezzi forti» tricolori: cultura millenaria, gastronomia, prodotti tipici e «made in Italy» in generale.
In una Copenaghen che non raggiunge i 600 mila abitanti, ma che diventano almeno il doppio considerando la cintura metropolitana, si contano a decine le insegne di ristoranti e pizzerie italiani. L’ultima moda, oltre ai popolarissimi «espresso» e «cappuccino», è il «caffelatte» (scritto proprio così, in italiano) che si può trovare in tutti i menù dei ristoranti, delle caffetterie e dei bar di tendenza. Nei supermercati spiccano le forme di Parmigiano Reggiano, vendute a carissimo prezzo, ma anche di Pecorino, Gorgonzola e Asiago. E se si passa agli scaffali dei vini, i nostri marchi surclassano di gran lunga quelli francesi.
L’italianità è molto presente anche nella cultura danese, con italiani di origine o di nascita che occupano ruoli di eccellenza nella musica, nel teatro, nella ricerca scientifica. È il caso del direttore d’orchestra Giordano Bellincampi, classe 1965, romano di nascita ma arrivato con i genitori a Copenaghen quando aveva appena 11 anni. Bellincampi è considerato uno dei più quotati musicisti danesi, già direttore musicale della Copenaghen philharmonic e attuale direttore della Danish national opera. Se dalla classica si passa al repertorio leggero e all’operetta, non si può non ricordare il popolarissimo Dario Campeotto, cantante melodico settantenne, conosciuto anche come attore di cinema. Il regista teatrale Eugenio Barba, nato a Brindisi nel 1936, è una delle figure di spicco del teatro mondiale contemporaneo e il suo celebre Odin teatret è ospitato da molti anni nella cittadina di Holstebro, nella penisola dello Jutland.
E possiamo vantare qualche punta di diamante anche nell’imprenditoria. Oltre alla presenza dell’Ansaldo e dell’Astaldi, che hanno appena realizzato la modernissima metropolitana, da citare è il caso del signor Daluiso, la cui azienda di Odense è oggi leader incontrastata nel settore della segnaletica e dei prodotti per la sicurezza stradale.
È evidente, allora, che in un Paese che guarda con tanta ammirazione all’Italia, il ruolo del locale Istituto italiano di cultura assuma un’importanza strategica. Ce lo conferma anche la direttrice, Clara Bencivenga Trillmich, che abbiamo incontrato nella bella sede di Hellerup, elegante località nelle immediate vicinanze di Copenaghen: «Per i danesi – ci spiega la direttrice – l’Italia è il Paese del sole, del mangiar bene e dell’allegria. Ma anche dei grandi pittori, architetti e musicisti del passato. Luoghi comuni e stereotipi positivi che ritroviamo espressi molto bene nel film danese dal titolo Italiano per principianti, vincitore dell’Orso d’argento al Festival di Berlino del 2001. Tuttavia, questo nostro immenso patrimonio classico rischia, in qualche modo, di tenerci troppo legati al passato, di “schiacciarci”. Per questo ritengo che l’obbiettivo principale dell’Istituto debba essere quello di proporre anche un’immagine più attuale dell’Italia, valorizzando i talenti contemporanei nella musica, nel cinema, nel design e nell’arte in generale. È vero, siamo il Paese di Verdi e di Vivaldi, di Rossellini, di Giotto e di Palladio. Ma oggi siamo anche il Paese di Renzo Piano e di altri grandi architetti, del designer Giugiaro, dei compositori di musica contemporanea e dei nuovi registi, che spesso trionfano in giro per il mondo, mentre in Italia restano pressoché sconosciuti».
I rapporti fra i due Paesi sono improntati alla massima collaborazione fin dal 1956, anno in cui Italia e Danimarca siglarono a Roma uno storico accordo di cooperazione culturale. In quell’occasione, i due Stati si donarono reciprocamente anche le rispettive sedi. A Roma, un terreno a Valle Giulia, dove poi i danesi costruirono una bella villa. In Danimarca l’elegante villino di Hellerup.
Le attività dell’Istituto italiano di cultura sono ospitate generalmente nell’accogliente salone della sede, che può ospitare fino a 120 persone. Ci sono poi una fornita biblioteca con oltre 11 mila volumi e perfino una foresteria, che consente di alloggiare artisti e conferenzieri provenienti dall’Italia, risparmiando così preziose risorse in ospitalità alberghiera.
Il ricco calendario di attività è spesso realizzato in collaborazione con le Istituzioni sia locali (Fondazioni culturali e Musei) che italiane (Regioni, Conservatori di musica e Università). Una sinergia che consente di proporre conferenze, mostre, rassegne cinematografiche e concerti di qualità, limitando di molto gli oneri di allestimento.
«La nota dolente – fa notare la direttrice Bencivenga – viene dai finanziamenti ministeriali, che quest’anno sono stati ridotti del 40 per cento. E siccome non sarebbe dignitoso, per un Paese come il nostro, ridurre della medesima percentuale l’attività culturale dell’Istituto, noi siamo costretti a fare i salti mortali per trovare risorse alternative. Fondi che, peraltro, non sono facili da reperire in un Paese come la Danimarca, dove la presenza di aziende italiane è veramente minima».
Forte di una lunga esperienza diplomatica alle spalle, dapprima in Spagna e poi in Germania, culturalmente preparata e persona estremamente attiva, Clara Bencivenga tradisce le sue origini napoletane quando ci spiega che, facendo ricorso all’arte tutta italiana di «arrangiarsi», è comunque possibile fare una buona promozione culturale, pur con risorse finanziarie risicate: «Un piccolo esempio? L’erba del giardino è un po’ alta, come può vedere, ma il giardiniere costa. Con le poche risorse che ho a disposizione, preferisco organizzare un evento culturale in più. Alla rasatura del prato ci penseremo più avanti».

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017