Cent’anni fa il primo numero
Il primo numero de 'il Messaggiero di S. Antonio di Padova' apparve nel gennaio del 1898, un anno cruciale per la storia del nostro paese, per i contrasti politici e sociali che lo segnarono anche cruentemente. Il 'bollettino' della basilica andava ad aggiungersi alla folta schiera di giornali cattolici, molti dei quali, a raggio nazionale o locale, erano protési a difendere con implacabile intransigenza (vedi 'L'Osservatorio cattolico' diretto da Albertario) la chiesa cattolica contro i 'misfatti' del liberalismo: forma di governo e mentalità . Il 'Messaggiero', invece, (con quella 'i' di troppo che verrà tolta solo nel 1931) batte altri sentieri, preoccupato soprattutto di formare le coscienze nella fede e nella solidarietà con i poveri, ripescando dalla vita e dall'insegnamento di sant'Antonio, attinto direttamente dal Vangelo. E resterà , questa, una sua peculiarità per sempre. Formato 16 per 24, pagine 24. Sulla copertina un'immagine di sant'Antonio che poggia i piedi su una nuvola e in colloquio con Gesù bambino; in basso due gigli incrociati (i fiori del Santo) e gli stemmi della provincia patavina dei frati minori conventuali (una croce con tre ghiande dorate ai bracci) - che officiavano la basilica ed erano i promotori dell'iniziativa - e quello dell'ordine francescano (un braccio del crocifisso e di san Francesco sovrapposti a una croce). Impaginazione sobria, qualche rara foto in bianco e nero della basilica. Direttore responsabile: Giuseppe Brunera; stampato in 6 mila copie nel 'Regio Stabilimento P. Prosperini' in Padova. L'abbonamento annuo lire 1,50; e per l'estero lire 2,00; un fascicolo 15 centesimi. Frutto del centenario Il periodico era stato sollecitato come frutto importante del settimo centenario della nascita del Santo, che si era celebrato tre anni prima, nel 1895, 'con feste splendidissime... nella insigne Basilica, monumento di fede e di arte che i Padri nostri innalzarono alla gloria di Lui'. 'In quell'anno - scrivono i religiosi nel presentare il neonato bollettino - noi sentimmo piucchemai il bisogno di un periodico, che mettesse a parte delle nostre sante consolazioni ogni cuore, che a tante anime intiepidite nella fede facesse sentire l'eco della voce del Santo'. Dopo due anni di studi e di preparazione 'potemmo effettuare il più fervido voto del nostro cuore, col dare alla luce un periodico illustrato, intitolato 'Il Messaggiero di S. Antonio di Padova', una voce in più tra le tante che da tempo diffondevano la devozione al Santo, ma con una sua caratteristica che lo rende unico, di essere espressione della città tanto amata dal Santo e della basilica che ne custodisce il suo corpo, diventata 'testimone quotidiana delle manifestazioni della fede dei popoli, dei benefizi dalla prodigiosa sua destra compartiti'. (Il riferimento alla concorrenza vale soprattutto per 'Il Santo dei miracoli', fondato nel 1887 per iniziativa di don Luigi Locatelli, la cui redazione distava pochi isolati dalla basilica). Queste allora le finalità del 'Messaggiero', puntigliosamente dichiarate nel primo editoriale. Essere 'messaggiero' di sant'Antonio del quale raccoglierà la voce, 'di quella voce potente che qui nella sua Basilica piucché altrove si manifesta in continui prodigi, e nunzio e messaggiero fedele farà sì che essa si ripercuota ogni dove'. Sollecitare la solidarietà con i meno fortunati attraverso 'l'opera tanto cara del Pane dei poveri'. 'Invitiamo fin d'ora i bisognosi dei celesti favori a ricorrere a lui, a rimettere nelle sue mani parte delle loro sostanze, acciocché con esse Ei valga ad asciugare le lacrime di tanti, che oggi gemono nella più squallida miseria'. Far conoscere la basilica, la sua storia, le tante e splendide opere d'arte che la rendono preziosa e ammirata. Ma soprattutto, comunicare la vita spirituale che anima il santuario e che si manifesta nelle 'maestose, splendide funzioni' e nei 'pellegrinaggi che tanto frequentemente si succedono'. Ancora. Difendere gli 'interessi' della Chiesa che Antonio tanto amò: 'Narreremo i suoi trionfi, i suoi progressi, ai quali tanto coopera l'Ordine francescano, additato dal Papa, come sua principale speranza'. Infine, essere portatoce dell'Arciconfraternità di S. Antonio. Il 'bollettino' nasce con l'approvazione e l'incoraggiamento dei superiori: del ministro generale dei francescani conventuali, padre Lorenzo Caratelli, il quale 'di gran cuore' benedice 'alla nobile e santa impresa, e a tutti coloro che adopereranno a sostenerla', e auspica che il periodico possa 'in appresso, anche parzialmente essere tradotto in altra lingua'; del vescovo di Padova, monsignor Giuseppe Callegari, e del vescovo di Chioggia, monsignor Lodovico Marangoni, confratello dei religiosi che si avventuravano nella nuova impresa. Nel corso dell'anno, via via che il periodico veniva conosciuto, giungono il compiacimento e la benedizione dal patriarca di Venezia, cardinal Giuseppe Sarto, futuro Pio X, il quale 'fa voti che anche questo contribuisca a diffondere la divozione al Santo dei Miracoli, dei quali non ultimo il Pane, che prova manifesta di grazie d'ogni genere provvede all'indigenza di tanti poveri'; dal papa Leone XIII, il quale tramite il cardinale Rampolla afferma di aver appreso 'con particolare compiacenza lo scopo che i religiosi conventuali residenti in Padova, hanno avuto in mira nel fondare il detto periodico che è quello di far conoscere le glorie del gran santo e di accrescere ovunque la divozione dei buoni fedeli verso di lui'. E da molti altri prelati... Niente politica Voce del Santo e della basilica. E vicino ai poveri. Ma fuori dalla politica. Delle difficoltà che sta attraversando il paese, e di cui nel riquadro facciamo rapida sintesi, vi è solo un'eco indiretta nella presentazione in quell'accenno alle 'lacrime di tanti, che oggi gemono nella più squallida miseria'. In seguito, delle lotte politiche o dei tumulti sociali nel bollettino non vi è traccia, neppure più avanti, delle ottanta vittime dei soldati di Bava Beccaris a Milano, un episodio che aveva suscitato enorme impressione in tutto il paese. D'altra parte, sin dai primi numeri, in una nota posta tra le condizioni di abbonamento, i religiosi definiscono in modo inequivocabile l'identikit del bollettino. Vi è scritto: 'Il 'Messaggiero di S. Antonio di Padova', periodico illustrato, esce al 1o di ogni mese dalla Basilica del Santo in Padova, nel formato e mole del presente fascicolo. Desso si manterrà sempre puramente religioso, senza alcuna ingerenza in cose di politica: tratterà di quanto riguarda il suo Santo, del Pane dei Poveri, dell'Arciconfraternita istituita nella Basilica del Santo, dell'Ordine nostro Serafico, dei nostri Terziari'. In fondo alla stessa pagina, in un 'piedino' in neretto, i frati 'da veri e devoti figli di S. Chiesa' protestano 'di volersi sottomettere in tutto e per tutto ai suoi giudizi e decreti' Le poste tra le prime difficoltà Questo allora in sintesi il canovaccio del bollettino, che per molti anni sarà mantenuto con poche variazioni: la vita e il pensiero del Santo, la storia della basilica e delle opere d'arte, quelle già realizzate e quelle in corso (Casanova stava preparando i bozzetti per gli affreschi e altri artisti iniziavano ad affrescare alcune cappelle dell'abside), la 'cronaca' del santuario, la vita di santi francescani, le ricorrenze liturgiche... Grande rilievo all'opera del Pane di san'Antonio, e ampio spazio al racconto di Grazie ricevute da sant'Antonio: racconti semplici, letterariamente adattati dalla redazione, che offrono un interessante spaccato della vita del tempo: le difficoltà della gente, il disagio di vivere, le malattie, usanze, tradizioni religiose e civili... Alcune curiosità . Da subito nel bollettino compare la pubblicità (destinata presto a scomparire): sulla quarta pagina di copertina, primo inserzionista 'L'Antica premiata cereria a vapore Angelo Martini' di Padova, fornitore della cattedrale e della basilica, che reclamizza 'brevettati lumini, perforati, in cera, da notte e per illuminazioni... noleggi bicchieri'. Prezzi, ovviamente, convenienti. Poi, ad essa si affiancano fabbricanti di statue religiose, di paramenti sacri e persino degli 'insetticidi più energici, pratici, economici', che sono: 'La rubina e la pitteleina della più volte premiata ditta A. Petrobelli e C. in Padova'. Da subito compaiono anche le campagne promozionali: 'Alcune bellissime statue del nostro glorioso Santo, le quali verranno estratte a sorte tra i nostri abbonati di quest'anno (1898), che al 31 dicembre a.c. si troveranno in regola colla nostra Amministrazione ed ai nuovi abbonati che daranno il loro nome inviando la quota di abbonamento prima del 1 Marzo 1899'. E immediata anche la polemica con 'Il Santo dei miracoli'. I religiosi ci tengono 'a distinguere il nostro periodico e le opere nostre tutte dall'altro periodico chiamato 'Il Santo dei miracoli', benché esso abbia nel proprio indirizzo Via... al Santo, il che vuol significare che tale opera, a noi del tutto estranea, vede la luce in qualche via che conduce al Santo: mentre e il nostro periodico e le nostre opere hanno proprio sede realmente nella Basilica del Santo in Padova...'. Una polemica rovente destinata a durare a lungo nel tempo, ma che oggi è solo un ricordo storico. Da segnalare anche le prime difficoltà di spedizione. Erano stati troppo frettolosi nel promettere l'uscita di ogni numero al primo del mese: non avevano fatto i conti con difficoltà varie, per cui sono costretti a chiedere la comprensione dei lettori, prendendosi le proprie responsabilità , ma accusando di inefficenza le Poste. Ma allora, quando mai le Poste italiane hanno funzionato come si deve? Il 1898, un anno di crisi Quando, il primo gennaio 1898, 'Il Messaggiero di S. Antonio di Padova' vide la luce, l'Italia, da poco unita, navigava a vista tra scogli politici e sociali di vario genere. Chiuso il capitolo della fallimentare politica coloniale, che non le aveva procurato né gloria né ricchezza, dovette affrontare il malcontento della popolazione, afflitta da una crisi che da tempo aveva raggiunto le espressioni più drammatiche della miseria e della fame. Crisi cui la classe dirigente liberale, succeduta a Cavour, non riusciva a dare risposte pertinenti e sollecite, perché incapace a gestire le trasformazioni imposte dalla rivoluzione industriale. All'atavica avidità dei proprietari terrieri, che da sempre sfruttavano il lavoro dei contadini, compensandolo con paghe da fame, s'accompagnava quella dei nuovi ricchi, gli industriali: nelle fabbriche, gli operai malpagati sostenevano ritmi massacranti di lavoro. 'L'alimentazione del bracciante - si legge nel rapporto di Quingentole, comune del mantovano - è minestra, vino e pane una volta alla settimana nelle stagioni di lavoro; in tutti gli altri giorni, polenta alla mattina, a mezzo giorno ed alla sera con cipolle o formaggio cattivo e non sempre; carne quasi mai' (A. Sacchi, La pellagra nella provincia di Mantova, Edizioni del Gallo, Milano 1966). 'Segno dell'inferiorità dello sviluppo industriale italiano, nei confronti di quello inglese, francese e tedesco, sono le condizioni in generale assai tristi della classe operaia: i salari bassissimi che per le donne nell'industria tessile scendono spesso a 70 centesimi per una giornata di 10 ore, e per gli uomini si aggiurano tra minimi di lire 1,20 e massimi assai più rari di 3 lire...' (G. Luzzato, Storia economica dell'Italia moderna e contemporanea, Cedam, Padova). Quando la misura della sopportazione fu colma, la gente cominciò a insorgere. Gli anni che precedettero il 1898, furono un pullulare di moti e di insurrezioni, cui le istituzioni risposero nel modo più incongruo: con la repressione. La rivolta più importante era scoppiata nel 1885 nel mantovano: è nota con il nome di La boje, perché per i contadini che erano insorti, la terra bolliva, ed era pronta a esplodere per la rabbia e la sete di giustizia accumulate nelle sue viscere. Il governo mandò l'esercito a reprimerla: 140 contadini furono arrestati, scegliendo a caso tra loro. Non vi furono morti. Ve ne erano stati 11, e 40 feriti, in Sicilia due anni prima, quando soldati e carabinieri, aizzati dai latifondisti, avevano sparato senza preavviso su 230 contadini insorti. Il governo, guidato dal marchese di Rudini, per placare la marea montante e rabbiosa delle agitazioni e lenire l'endemico disagio dei più poveri, aveva varato alcune riforme sociali, che non ottennero i risultati sperati perché applicate a rilento e con scarsa convinzione. Proprio nel 1898, mentre il 'Messaggiero' vedeva la luce, la crisi economica si acutizzava in modo incontrollabile: la scarsità del raccolto in tutta Europa nell'anno precedente e la guerra fra spagnoli e americani, che rese difficile l'acquisto di frumento dall'America, fecero salire il pezzo del grano: dalle 22 lire al quintale del 1896 alle 37 lire, e lievitare a cifre impossibili il costo del pane. La ribellione, che negli anni passati s'era espressa in forme vibranti ma in casi sporadici, si generalizzò, coinvolgendo tra le altre città , Roma, che fu posta per alcuni mesi in stato d'assedio; Parma, dove la folla inferocita distrusse le linee telegrafiche e l'illuminazione cittadina; Firenze, dove, occupato Palazzo Strozzi, la gente per alcuni giorni fu padrona della città . Ma i fatti più drammatici avvennero a Milano, a maggio, quando per vendicare due guardie di pubblica sicurezza uccise in un tumulto, il generale Bava Beccaris fece sparare cannonate e colpi di mortaio contro un assembramento di mendicanti, scambiato per un'adunata sediziosa: ottanta i morti e quattro giorni di tumulti nella città della Madonnina. Il paese finì poi sull'orlo del caos, quando il 29 luglio a Monza l'anarchico Bresci uccise re Umberto I. Stremata dai disagi e senza immediate prospettive, la gente aveva cominciato a emigrare. Intanto sul fuoco del malcontento soffiavano socialisti e anarchici: i primi, appellandosi alla lotta di classe (la classe degli operai contro quella dei padroni) come solo strumento per ottenere condizioni di vita meno disumane e le giuste riforme sociali; i secondi, predicando la distruzione di ogni autorità sia dello stato che della chiesa. La chiesa non era stata alla finestra. Consapevole della gravità della situazione e dei pericoli rappresentati da soluzioni violente, Leone XIII aveva preso posizione in favore dei poveri, con un'enciclica di determinante importanza, la Rerum novarum (1891), nella quale tra l'altro richiamava con solennità e con forza i padroni ai loro doveri: 'Dei capitalisti, poi, e dei padroni, sono questi i loro doveri: non tenere gli operai in luogo di schiavi; rispettare in essi la dignità dell'umana persona, nobilitata dal carattere cristiano... né le leggi divine né le umane leggi permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici, e trafficare sulla miseria dei prossimi. Defraudare la dovuta mercede è colpa enorme, che grida vendetta al cospetto di Dio'. Sull'onda dell'emozione e degli stimoli provocati dall'enciclica, i cattolici avevano intensificato la loro organizzazione sociale iniziata nel 1874 con l'Opera dei congressi, e allo scadere del secolo potevano contare già su 921 società operaie, 705 casse rurali, operanti soprattutto nel Veneto... P. L. Le celebrazioni per i cent'anni Gennaio - febbraio 1998. Conferenze stampa di presentazione del centenario: a Roma (14 gennaio), a Milano (10 febbraio), a Padova (12 febbraio). 14 febbraio 1998. Presentazione del libro liberamente ispirato ai 'Sermoni di sant'Antonio' e redatto da venti scrittori italiani. 15 febbraio 1998. Festa della Traslazione della lingua: apertura solenne del centenario in basilica. 18 febbraio 1998. In basilica: concerto di apertura del centenario del baritono Renato Bruson con i Solisti Veneti. 21 marzo 1998. Convegno di studi 'Sant'Antonio in difesa dell'uomo'. Maggio 1998. Presentazione del volume celebrativo che narra le tappe fondamentali della storia del 'Messaggero'. Apertura della mostra '100 anni di 'Messaggero'' nel Chiostro della Magnolia e Sala dello Studio teologico. data da definire. Incontro in Vaticano con Giovanni Paolo II. Settembre 1998. Concerto di musica leggera nella Villa Giovannelli di Noventa Padovana. Ottobre 1998. Convegno 'La 'deregulation' del sacro e i mass media'. 8 dicembre 1998. Prima edizione del 'Premio internazionale sant'Antonio' e chiusura delle manifestazioni.