Cercate l’armonia

01 Gennaio 1999 | di

Perché la storia, segnata da inutili guerre tra popoli e nazioni, non è maestra di vita?

 
Mentre nel 1992 ero prigioniero in uno dei trecento campi di concentramento serbi, per le atrocità  subite e attuate attorno a me, ho deciso che se avessi riacquistato la libertà , mi sarei impegnato per i diritti umani. Ma ciò che è accaduto in Bosnia, nel Kossovo e in Albania è servito all'Europa e al mondo?». È l'interrogativo che Mladen Loncar, giovane psichiatra bosniaco, liberato dopo mesi di torture perché membro della Croce Rossa, ha rivolto al folto gruppo di uomini di cultura, rappresentanti di religioni diverse e di associazioni, insegnanti e studenti, convenuti a Ragusa e Comiso, per partecipare al X Convegno internazionale sull'educazione alla pace.

Alcune testimonianze del convegno hanno sollecitato la ricerca delle motivazioni dei conflitti innanzitutto dentro di noi, cioè nella mancanza di un'educazione alla pace. «Il mio Paese è da anni travagliato da una guerra che divide due popoli, due culture, due eserciti» ha affermato Rohan Karunarutna, dello Sri Lanka -. «Se siamo in conflitto non è per fattori esterni, ma per motivazioni interne. Dobbiamo educare alla pace noi stessi e soprattutto i nostri figli non ancora coinvolti dalle lacerazioni provocate dalla guerra».

«La pace deve affermarsi nel nostro mondo interiore - ha aggiunto Geshe Thubten Tnenzi, lama tibetano -; stanno diventando violenti la scienza, la scuola, i mass media, lo sport, mentre la pace è l'unico valore che può unire».

Incisive e drammatiche le testimonianze di quanti hanno vissuto la prigionia e l'esilio. Ma anche di riconciliazione, come è avvenuto per un giovane del Kossovo, fuggito dalla sua terra per cercare la libertà  in altri paesi, come migliaia di altri corregionali. L'intervento ha fatto rivivere drammi che continuano a ripetersi nell'interminabile diaspora dell'area balcanica. Fuggito a bordo di un gommone e scaraventato in mare prima di aver raggiunto la costa italiana, questo giovane subì un trauma non ancora superato. A Ragusa, però, ha trovato la solidarietà  necessaria a rifarsi una vita.

Significativa anche la testimonianza del presidente del parlamento del Kurdistan in esilio, onorevole Yasar Kaya, che ha ricordato la storia di milioni di persone, eredi di una civiltà  e di una cultura millenarie, oggi disperse in quattro nazioni. Ma le testimonianze di Yasar Kaya e della giovane poetessa kurda Hevi Firat, hanno trasmesso segni di speranza: «Abbiamo la speranza in un futuro senza guerre. La nostra lotta per la libertà  dura di cent'anni; crediamo alla pace e poniamo come obiettivo il dialogo. Sollecitiamo l'Europa e il mondo a risolvere la questione kurda, realizzando un federalismo in grado di garantire la sua identità  e autonomia». Sono affermazioni che, nelle emergenze dei recenti eventi, recano segni di speranza.

Tutto questo è emerso a Comiso, «in una struttura che solo dieci anni fa rappresentava un potenziale atomico in grado di distruggere per tre volte il nostro pianeta, e a sua volta poteva essere bersaglio di altre potenze avverse» - ha affermato il sindaco della città  Giuseppe Di Giacomo -. «Forse stiamo costruendo una storia diversa, orientata alla pace, alla riconciliazione dei popoli: un futuro migliore di cui i nostri figli potranno appropriarsi». Un messaggio accolto con entusiasmo dei molti giovani che Bruno Ficili, animatore, promotore del convegno e instancabile educatore ai valori della pace, è riuscito i coinvolgere. Questa iniziativa ha evidenziato come, di fronte al problema universale della guerra, l'umanità  sia al bivio con l'unica alternativa di contrapporre alla forza distruttrice della violenza, l'energia creatrice della pace. Educare alla pace significa infatti insegnare i vivere li vedere riconosciuta la giustizia, e i conquistare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo.

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017