Cercatori di Dio
Tutti cercano qualcosa, uomini e donne, giovani e meno giovani, instancabilmente. Tutti, anche chi apparentemente si è arreso o sembra seduto, stanco di promesse che non si avverano e di strade che finiscono nel niente. Anche chi ha trovato o crede di aver raggiunto un approdo riparte per cercare ancora e va presto a solcare nuovi mari. L’inquietudine del cuore umano è grande, infiniti i desideri, immensa la nostalgia di appagamento, di vera relazione, di amore autentico. Impossibile anestetizzare questi slanci, inutile far finta che tutto va bene, che siamo già sazi di risposte ed è possibile mettere a tacere le domande, che il mondo e le cose ci bastano. È partendo da questo tratto comune alla «condizione umana», che ci vede tutti mendicanti di senso e pellegrini in cammino verso un di più (anche quando fatichiamo a dargli un nome), che è stato redatta – dalla Commissione per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi della Conferenza episcopale italiana – una Lettera ai cercatori di Dio. Praticamente un breve testo nel quale si possono riconoscere sia coloro che senza un credo religioso pongono domande radicali sulla vita, la sofferenza, l’amore, il futuro, ma anche i credenti che, scossi nell’intimo, vedono offuscarsi le certezze della fede e sono provocati da grandi domande. Come pure chi conduce la propria esistenza cristiana in un tran tran abitudinario, e forse desidera osare un passo avanti.
La cosa interessante è che le stesse grandi questioni accomunano tutti gli uomini, dando da pensare a colti e incolti, semplici e sofisticati, poveri e benestanti, credenti, non credenti e altro credenti. Felicità e sofferenza, esperienza della fragilità, amore e fallimenti, ricerca di giustizia e desiderio di pace, sono pane quotidiano di ogni esistenza, con dosaggi diversi ma senza sconti per nessuno. È per questo che la formula cercatori di Dio, come sostiene l’arcivescovo Bruno Forte, «accomuna tutti, perfino gli indifferenti, quelli che sembrano distratti, lontani, e che però non possono sentire nel cuore il desiderio di una vita piena, ricca di felicità, di amore assoluto». Dopo una prima parte dedicata alle «domande che ci uniscono», che cioè interpellano ogni uomo perché tale, la Lettera si concentra sulla speranza che abita la vita cristiana, partendo dal suo centro: Gesù – Il Cristo – Dio Padre, Figlio e Spirito – La Chiesa di Dio – La vita secondo lo Spirito. Non una lezione di catechismo, si badi bene, quanto piuttosto una sintesi succosa e nutriente dei fondamenti della nostra fede, con un linguaggio vivace e comunicativo. Per procedere così, nella terza parte, a tratteggiare le vie per incontrare in Gesù Cristo il Dio vivo e vero.
Le vie sono quelle classiche, di sempre, vale a dire la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio, i sacramenti, il servizio e l’apertura alla speranza. Se tutte sono importanti e una richiama l’altra, voglio soffermarmi in particolare sulla Parola di Dio. La Lettera dice: «Imparare ad ascoltare la voce di Dio che parla nella Sacra Scrittura è imparare ad amare: perciò, l’ascolto delle Scritture è ascolto che libera e salva». Prendendo sul serio il mio e il nostro essere cercatori di Dio, soprattutto in questo tempo che ci separa dal Natale, e puntando davvero sulla Parola che apre all’amore, voglio segnalare un’opportunità offerta dal dossier di questo numero di dicembre. Nelle otto pagine centrali della rivista troverete il commento ai Vangeli domenicali del tempo di Avvento, nonché ai Vangeli dell’Immacolata e del giorno di Natale, curato da padre Ermes Ronchi. Un’occasione per fermarsi – almeno un poco – a riflettere, a meditare, a pregare, ascoltando le confidenze di Dio, le sue consolazioni e provocazioni. Un’occasione per vivere un Buon Natale, in tutto e per tutto cristiano.