Che cosa ci fanno i cristiani in politica?

Sempre più rissosa, inefficace e clientelare, la politica non guarda ai valori, tanto che oggi molti cristiani la considerano un luogo di pericolo morale. Con gravi rischi.
20 Gennaio 2006 | di

La politica oggi appare sempre più polemica, rissosa, spettacolare; un'attività  sempre meno capace di prevenire, a livello internazionale, terrorismo, guerre e contrasti e, a livello locale, violenze e torture. Anzi sembra fallire nel suo intento di colmare il divario fra governanti e governati, potenti ed esclusi, ricchi e poveri, a scapito della giustizia e della democrazia. Nella coscienza comune, si fa strada l'idea che la politica non solo incida poco, ma, talvolta, sia inutile. È sempre più diffusa l'opinione che essa sia un luogo di pericolo morale, anche a causa delle frequenti accuse di arrivismo, di idolatria del potere, di egoismo, di corruzione nei confronti degli uomini del governo, del parlamento, della classe dominante, del partito.
Una visione che influenza anche i cattolici e produce in loro due diversi atteggiamenti: per chi è indifferente o pensa che l'attività  politica sia poco importante, c'è il rischio-tentazione di separare nettamente la fede dalla politica, come se le due sfere non avessero attinenza; in quanti, invece, ritengono che la politica sia importante anche nelle società  contemporanee nasce il rischio-tentazione opposto, cioè quello di identificare o confondere fede e politica.
Per sconfiggere le due tentazioni, occorre recuperare il fondamento biblico-teologico della politica, avere una visione chiara della vocazione del fedele laico e vivere una dimensione autentica di «sana laicità ».

Punto di partenza: il fondamento biblico
Già  nella Genesi , l'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, è il «signore» della terra. Suo compito è «coltivarla e custodirla». Compito che diventa faticoso quando, a causa del peccato, la terra-giardino si tramuta in terra arida e difficile da coltivare. Come insegna san Paolo (Rm 8,19-23), anche la creazione è stata sottomessa alla caducità  e alla sofferenza e nutre la speranza di essere liberata per partecipare alla gloria dei figli di Dio.
Sempre nell'Antico Testamento (vedi l'Esodo ), Dio libera il suo popolo dall'Egitto e ne fonda il cammino verso la terra promessa sulle dieci «parole». Il patto religioso con Dio si traduce per i liberati e per i riscattati nell'impegno di amare Dio e il prossimo. Sul piano sociale e politico, questo amore diventa giustizia. Alla giustizia biblica si accompagna, come forma di servizio e di attuazione, il diritto. Re, sacerdoti e giudici sono tenuti a governare e guidare il popolo con giustizia e diritto, nell'esercizio della solidarietà : tutela di deboli, indifesi, forestieri, orfani, vedove, schiavi (Es 22,20-26 ).
Con Gesù, il regno di Dio irrompe nella storia umana. L'amore, proclamato e vissuto da Gesù, è quello di Dio Padre misericordioso. «Questo amore gratuito, radicale e universale - afferma il biblista Rinaldo Fabris - è la giustizia sovrabbondante che porta a compimento le esigenze etiche annunciate profeticamente nel decalogo». Il regno di Gesù non è di questo mondo, pur essendo già  in questo mondo. La logica evangelica non è quella della separazione ma quella della distinzione fra ciò che è dovuto a Cesare e ciò che è dovuto a Dio; è quella della «luce», del «lievito», del «sale».
Nel cammino storico di questi duemila anni, i cristiani hanno vissuto il rapporto fede-politica in maniere diverse. Pensiamo alla contrapposizione, nell'Apocalisse, fra il potere idolatrico imperiale e la testimonianza che i cristiani dovevano rendere alla verità ; o all'espansione dell'agapè (stare insieme in unione d'amore fraterno), che dalle prime comunità  cristiane si è diffusa verso tutti, sfera politica compresa; o alla separazione pacifica che talvolta c'è stata fra trono e altare mentre in altri tempi ha prevalso la confusione tra fede e politica con l'instaurarsi di forme di teocrazia (cioè il governare in nome di Dio).
Solo con la fine del potere temporale dei Papi e con l'affinamento teologico della vocazione e missione del fedele laico, e del rapporto Chiesa-mondo, si rende eviden-te la necessità  dell'impegno politico del cristiano per l'importanza che la politica assume nella costruzione della città  dell'uomo, dove è già  il regno di Dio.

La vocazione del fedele laico
Il mondo è la dimensione tipica del fedele laico. Studio, lavoro, matrimonio, famiglia, cultura, volontariato, politica non sono solo situazioni esteriori, ma anche le dimensioni attraverso cui il laico è chiamato a contribuire alla santificazione del mondo. Egli vive pienamente queste realtà , impregnandole di spirito evangelico.
Questi pochi cenni sul fondamento biblico-teologico della politica esprimono con chiarezza dei concetti chiave sull'impegno dei fedeli-laici in politica.
Innanzitutto, i cristiani, pur avendo consapevolezza che il Regno di Dio non si realizza appieno nella città  dell'uomo, hanno il dovere di lavorare in questo mondo per rendere la città  dell'uomo, per quanto è possibile, un'anticipazione e un riflesso della città  di Dio; secondariamente, essi devono sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni perché, come scritto nella Costituzione pastorale Gaudium et spes , «il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna». La politica, poi, non è tutto ma ha una grande importanza perché è il mezzo per risolvere i problemi delle società  contemporanee. È fondamentale per un servizio di giustizia e di umanizzazione della persona e della società .
L'importanza dell'impegno in politica è più volte sottolineata nei documenti eccle-siali. La Gaudium et spes, per esempio, afferma che «la Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso della relativa responsabilità ». L'esortazione apostolica Christifideles laici di Giovanni Paolo II si spinge oltre: «I fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica». E ancora, nella più recente «Lettera ai fedeli laici» del 27 marzo 2005 della Commissione episcopale per il laicato della Cei si sottolinea che «in una convivenza umana, ferita dal peccato personale e mortificata da vere e proprie strutture di peccato, il cristiano deve alimentare la profezia evangelica di una civiltà  fraterna, traducendola in una nuova sintesi di giustizia e amore, capace di mettere in equilibrio, nella città  degli uomini, l'obbedienza alla legge e la gratuità  del dono».
Dalle considerazioni sopra svolte si traggono due conclusioni.
La prima: la politica appartiene, nella visione cristiana, alla sfera delle attività  umane; anzi è la più alta delle attività , perché tende a risolvere globalmente i problemi dell'uomo, delle comunità , dell'umanità ; ha un fine di giustizia, di diritto, di solidarietà , di bene comune. Cosa questo fine significhi oggi e in quali forme si concretizzi cercherò di dire in un prossimo articolo.
La seconda: i fedeli laici hanno il dovere di offrire il loro competente contributo all'attività  politica, impregnandola di spirito evangelico e nella forma di servizio, per rendere sempre più umana e fraterna l'organizzata convivenza degli uomini.

Fede e politica equilibrio possibile
Da quanto fin qui detto, i fedeli laici non possono separare il loro vissuto dalla politica, pur con diverse responsabilità . Tanto meno la loro vocazione può esprimersi in una fuga spiritualistica. Vinta la tentazione della separazione fra vita di fede e impegno politico, occorre ora qualche riflessione sulla tentazione della «identificazione», o della «confusione» fra fede e politica, che può aprire alla deriva del fondamentalismo, all'imposizione della propria visione.
Questo tema è di grande attualità  e investe il valore della cosiddetta «laicità », tema di cui oggi si discute ampiamente, spesso con troppa disinvoltura e inesattezze. Vediamo, quindi, come si concretizza un sano rapporto tra fede e politica.
Anche i fedeli laici impegnati in politica devono essere partecipi della vita della comunità  cristiana, continuando il processo di formazione umana e cristiana alla luce del Vangelo, secondo gli aggiornamenti del magistero, e lasciandosi profondamente illuminare dalla dottrina sociale della Chiesa. Attraverso questa convinta partecipazione, il laico porta nella vita della Chiesa l'esperienza che egli compie nel mondo, contribuendo a edificare una pastorale che corrisponda alle effettive esigenze della società  contemporanea. Per altro verso, il laico, grazie al suo essere nella Chiesa, è posto nella condizione di rendersi fedele testimone dei valori umani ed evangelici della politica: libertà , giustizia, solidarietà , dedizione fedele e disinteressata al bene di tutti, stile semplice di vita, amore preferenziale per i poveri e gli ultimi. Fondamentale è esercitare - come chiarisce l'esortazione apostolica Christifideles laici - «lo spirito di servizio, che solo, unitamente alla necessaria competenza ed efficienza, può rendere trasparente e pulita l'attività  degli uomini politici» ed eliminare tentazioni «quali il ricorso alla slealtà  e alla menzogna, lo sperpero del pubblico denaro per il tornaconto di alcuni pochi o con intenti clientelari, l'uso di mezzi equivoci o illeciti per conquistare, mantenere e aumentare ad ogni costo il potere».
Nell'impegno dell'attività  politica sono presenti visioni culturali ed etiche diverse, ciascuna delle quali ha diritto di cittadinanza nel dialogo politico. Anche il politico cristiano è consapevole che il piano della fede si distingue dal piano della politica e sa che non tutti i suoi avversari sono credenti. Per questo non imporrà  la sua visione, ma cercherà  di dimostrarne la bontà  e il valore aggiunto, usando argomenti umani e razionali. Si sforzerà  di ottenere una mediazione il più vicina possibile ai suoi valori, nel rispetto della dialettica democratica.
Tra fede e politica non v'è una separazione, ma non v'è neppure una «identificazione» o «confusione», anche se v'è certamente un punto di convergenza che è l'uomo, la sua dignità , la sua sempre più piena umanizzazione.  
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017