Che faranno i Paesi del Corano?

Poiché l’islam non è un corpo unico e compatto come molti credono. Quali conseguenze avrà nei Paesi musulmani la sconfitta dei talebani? La soluzione del problema palestinese premessa a ogni sogno di pace?
04 Febbraio 2002 | di

 L`€™intervento in Afghanistan, e il ritorno dei mujaheddin a Kabul, ha indubbiamente rafforzato i regimi islamici moderati in tutto il mondo, e indebolito le spinte fondamentaliste. Anche perché Muhammad (Maometto) non è stato solo un profeta religioso ma una guida militare, e la vittoria sul campo per i musulmani, almeno per la maggioranza sunnita, significa l`€™appoggio divino, la sconfitta la sua mancanza. La bandiera dell`€™Arabia Saudita, ad esempio, affianca ai primi versetti del Corano una scimitarra. I problemi essenziali però, al di là  della vittoria militare restano tutti da affrontare.

Pakistan, un acronimo

Vediamo il Paese confinante con l`€™Afghanistan, il Pakistan, che nei giorni del conflitto sembrava scosso da venti di guerra civile, anche se la sharia, la legge islamica, è già  in molti campi legge di Stato. Il presidente Pervez Musharraf ha sostenuto l`€™alleato statunitense e in cambio ha ottenuto un capo di governo a Kabul di etnia pasthun e la promessa di ingenti aiuti economici.

La parola Pakistan, inventata al momento dell`€™indipendenza, è un acronimo, cioè un assemblaggio (nome formato dalla o dalle lettere iniziali di una o più parole, ndr) delle varie regioni che ne fanno parte, e i pathan sono lo stesso popolo che in Afghanistan si chiama pasthun e sfiora la maggioranza in quel Paese. Ciò servirà  a calmare quella parte di pakistani `€“ anche al governo `€“ che aveva appoggiato i talebani e le spinte fondamentaliste, sostenute da una miriade di gruppi e gruppetti.

Però il Paese ha soprattutto bisogno di aiuti e investimenti economici. Attualnùmente è allo stremo: vedremo se, passato il momento della utilizzazione delle basi militari, Washington manterrà  le sue promesse. Il governo del generale Musharraf non è che dia le maggiori garanzie di onestà  e integrità , anche se sicuro alleato nel momento del pericolo.

Arabia Saudita

Un altro Paese e un altro governo al vaglio appare l`€™Arabia Saudita. Non è solo il Paese di Osama bin Laden, è un regime di sharia basato sul wahabismo (dal nome dell`€™iman Muhammad ben Abdel Wahab, vissuto nel XVIII secolo), che è una forma di fondamentalismo, sia pure temperato dal tempo. In più, i sovrani sauditi devono vigilare sui luoghi sacri dell`€™islam, sulla Mecca che, con il pellegrinaggio ad essa, è uno dei cinque pilastri della fede musulmana. Da qui le contraddizioni fra l`€™alleanza con gli Usa sul piano internazionale, e il rigorismo islamico.

L`€™Arabia è retta da una monarchia che, per i vari rami, conta trentamila discendenti e ben millecinquecento prìncipi di sangue reale. Il potere rimane in mano a una gerontocrazia simile a quella sovietica dei tempi di Breznev, tutti figli del fondatore dello Stato Abdulaziz el Saud, ora ottantenni, come il re Fahd che dopo una grave malattia è rimasto sovrano solo formalmente, e il capo effettivo del governo è Abdullah, suo fratello per padre.

I principi sauditi che si dichiarano eredi del wahabismo, temono in continuazione di venire additati come traditori dai fondamentalisti, come ha fatto in un celebre video Bin Laden (che li ha definiti con l`€™epiteto di «ipocriti» con il quale Maometto bollava i falsi convertiti).

Dove invece la vittoria sui talebani ha portato maggiori frutti, è certamente nelle sei repubbliche asiatiche ex sovietiche che attorniano l`€™Afghanistan, dove i governi si sentono fortemente rinfrancati nella loro lotta contro i movimenti e le spinte fondamentaliste islamiche. Da qui è venuto `€“ oltre che per la questione cecena `€“ l`€™appoggio di Putin e del governo russo all`€™intervento angloamericano.

Iran, Iraq, Siria, Sudan

Ci sono poi Paesi che stanno in bilico e cercano una via d`€™uscita dal fondamentalismo radicale: più che all`€™Iran `€“ di cui si dice che «i moderati stanno al governo, ma il potere rimane nelle mani degli ayatollah fondamentalisti `€“ penso al Sudan, dove il presidente al-Bechir è affrancato dalla tutela dell`€™islamista al-Turabi. In questi mesi, più lentamente e per vie indirette, dovrebbe svilupparsi la tendenza a uscire dal tunnel del fondamentalismo più militante e chiuso al dialogo.

Un discorso a parte richiedono Siria e Iraq, dove sono al potere regimi definiti (con qualche improprietà ) laici, che a suo tempo hanno già  fatto i conti con i loro fondamentalisti; trent`€™anni fa la città  siriana di Hama fu messa a ferro e fuoco dall`€™esercito per soffocare una delle prime rivolte fondamentaliste. I due regimi sono invece accusati di aver protetto e di continuare a proteggere gruppi terroristici: ma mentre i siriani della famiglia Assad si sono dimostrati molto cauti e attenti a non superare certi limiti, iracheno Saddam Hussein si è rivelato in più occasioni un giocatore d`€™azzardo, organizzando anche un fallito attentato contro Bush senior subito dopo la guerra del Golfo.

Rimangono i Paesi «senza stato» o con «poco stato», come il Sudan e lo Yemen, dove i fondamentalisti non si posson appoggiare a uno Stato praticamente inesistente o poco strutturato, ma a capi tribù e signori della guerra locali. Qui gli effetti dell`€™intervento in Afghanistan sono praticamente nulli.

L`€™islam dalle molte facce

L`€™islam si estende su un ventaglio di Paesi e popoli che vanno dall`€™Oceano Atlantico all`€™Oceano Indiano. Nel 1980 erano il 18 per cento della popolazione mondiale ma, con l`€™attuale tasso di crescita demografica potrebbero salire al 30 per cento nel 2025. Si tende a fare dell`€™islam un unico corpo compatto, mentre invece le differenze sono molte, per zone geografiche e culturali, anche da Paese a Paese.

Una prima differenza appare fra i popoli dove l`€™islam è arrivato con le armi e quelli invece convertiti con la predicazione, come nell`€™Africa sub-sahariana e una parte dell`€™Asia. L`€™Indonesia è il più grande Paese islamico del mondo (180 milioni di musulmani) ma la sua Costituzione proibisce la creazione di partiti su base professionale. Là  dove l`€™islam è arrivato con la predicazione non esistono stati fondati sulla sharia e la tolleranza religiosa è ampia. Le spinte fondamentaliste vengono da gruppi sociali che talvolta esplodono con atti di violenza contro i cristiani, come nella stessa Indonesia, nelle Filippine (a maggioranza cattolica), nella Nigeria del Nord (Africa). I governi che combattono questi movimenti e guerriglie, troveranno più appoggio nei governi occidentali dopo l`€™intervento in Afghanistan.

 

Il problema palestinese

Leggendo delle testimonianze dal Paese islamico più colpito dalla guerriglia fondamentalista, l`€™Algeria, pubblicate sul «Quaderno sociale» della rivista «Limes», (intitolato La spada dell`€™islam) sono stato impressionato dalla virulenza antiamericana e antioccidentale di molti interlocutori, che pure concordavano sulla necessità  di una lotta senza quartiere contro il terrorismo fondamentalista. Nessuno cita il fatto che l`€™intervento della Nato nei Balcani abbia salvato bosniaci e albanesi in maggioranza di religione islamica dalla «pulizia etnica» progettata dal regime di Belgrado.

Molti insistono invece sulla diversità  di comportamento verso l`€™Afghanistan e verso il problema dei palestinesi: intervento militare in un caso, astensione o, peggio, connivenza con repressione (questi i loro giudizi) nell`€™altro. Qui siamo di fronte all`€™ambivalenza di atteggiamenti che la sconfitta dei talebani e di Bin Laden ha provocato nell`€™animo di molti musulmani e di politici di Paesi musulmani.

Da un lato le tentazioni fondamentaliste hanno di sicuro subito un duro colpo. Dall`€™altro però ne è derivato su molti, un senso di frustrazione che si rovescia sulla questione palestinese. È per questo che la vittoria sul terrorismo fondamentalista passa, oltre le armi degli eserciti e delle polizie, sull`€™iniziativa politica per risolvere finalmente il problema della casa e dello Stato per i palestinesi, nella sicurezza `€“ è quasi ovvio aggiungerlo `€“ di Israele. Per motivi di giustizia oltre che di convenienza verso il mondo islamico.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017