Chi tradisce i giovani, tradisce il futuro

Chiesti a gran voce corsi di lingua e cultura veneta e italiana. E, poi, formazione, stage, scambi culturali. I giovani vogliono essere protagonisti, ma le associazioni devono dare loro più spazio.
24 Luglio 2007 | di

Antoine de Saint-Exupéry, celebre autore del Piccolo Principe, scriveva argutamente: «Quando vuoi costruire una nave, non incominciare a raccogliere il legname, a piallare le assi e a distribuire il lavoro. Sveglia prima, nel cuore degli uomini, il desiderio del mare aperto e profondo». Ed è questo lo spirito giusto con cui va coltivato nei giovani anche l’interesse e l’amore per la lingua e la cultura italiana. La disponibilità da parte loro, ampia e disinteressata, c’è, eccome. E lo si è potuto toccare con mano al 2° Meeting dei giovani veneti nel mondo  tenutosi a Belluno. A conferma della felice intuizione dell’assessore ai Flussi migratori della Regione del Veneto, Oscar De Bona, che ha deciso di puntare proprio sulle giovani generazioni per favorire la crescita dei rapporti tra il Veneto e i discendenti dei suoi corregionali all’estero. Grazie all’accurata organizzazione dell’Associazione Bellunesi nel mondo, della vicepresidente Patrizia Burigo e del direttore Patrizio De Martin, e alla collaborazione del Coordinamento regionale dei giovani veneti, guidato da Federica De Rossi, e del Comitato dei giovani veneti all’estero cui fa capo Andrea Boschiero, si sono incontrati i delegati di 12 Comitati delle Associazioni venete all’estero (Brasile, Canada, Argentina, Uruguay, Venezuela, Sudafrica e Australia), e i rappresentanti delle 14 Associazioni iscritte nel registro regionale.

«Con la nascita di questo Coordinamento – ha rammentato l’assessore De Bona – questi giovani hanno assunto la consapevolezza e l’autonomia di poter ragionare, discutere, presentare dei progetti senza il condizionamento degli adulti».

Padre Graziano Tassello, direttore del Cserpe (Centro studi e ricerche per l’emigrazione) di Basilea, ricordando che «chi tradisce i giovani, tradisce il futuro», ha ricordato che a «nessuno può sfuggire la necessità di una riforma radicale e di un investimento prioritario nella promozione della lingua e cultura italiana tra i giovani. Se ciò non avviene, possiamo già fin d’ora dichiarare conclusa ogni politica migratoria da parte dell’Italia. Fra qualche anno ci saranno milioni di persone con cognome italiano, ma nulla più».

Loredana Flego dell’Associazione Veneziani nel mondo, relatrice di una ricerca sull’identità giovanile, affrontando il tema della continuità dell’impegno delle nuove generazioni, specialmente all’interno delle associazioni, ha affermato che «affinché un rapporto duri nel tempo, è necessario che gli adulti e le istituzioni diano lo spazio necessario ai giovani». Un problema che tutte le associazioni stanno vivendo, non soltanto quelle venete per ragioni di cambiamento generazionale. «I giovani vorrebbero anche partecipare, ma le generazioni precedenti tendono a chiudere, a fare barriera». Flego osserva che per quanto riguarda la «tutela del retaggio culturale, ben vengano le tradizioni. Spesso, però, queste si associano semplicemente ai saperi delle vecchie generazioni. Quando si parla di inni veneti, di canzoni tipiche venete, si fa subito riferimento non ai giovani, ma alle vecchie generazioni. Quindi occorre lasciare più spazio alle nuove attività dei giovani».          

Una conferma pare venire anche da Renzo Lando dell’Associazione Padovani di Montréal: «In Canada abbiamo il problema che i giovani non partecipano alla vita associativa. Gli anziani non hanno lasciato spazio ai giovani, e questi ultimi hanno reagito facendo capire che loro, ormai, sono canadesi e non italiani. Mi rendo conto che, come italo-canadese d’origine italiana, noi giovani abbiamo modi di comportarci diversi anche, per esempio, rispetto ai franco-canadesi».

La difficoltà del dialogo generazionale  esiste anche nei rapporti con i giovani italiani. Laura Tomasello, sudafricana che passa frequenti periodi in Italia, consiglia di mandare i giovani italiani all’estero perché riscontra che «nonostante l’Italia sia un Paese molto sviluppato, trovo che abbiano una mentalità chiusa. Il giovane italiano ha bisogno di uscire dalla sua realtà per vedere e conoscere situazioni diverse in modo da essere più creativo e comunicativo».

Gli argentini puntano sull’apprendimento della lingua italiana che, ammette Luisa Fusaro del Cava, Comitato delle associazioni venete in Argentina, «è l’aspetto più importante perché ci permette di comunicare con gli italiani sparsi in tutto il mondo. I soggiorni culturali servono ai giovani oriundi per conoscere il Veneto. E quando ritornano in Argentina possono aiutarci a far conoscere ai loro coetanei la terra d’origine. Inoltre ci interessano stage e borse di studio».

Ma non c’è il rischio che, come avviene per ogni incontro internazionale di questo tipo, i rapporti tendano invariabilmente a sfaldarsi nel tempo a causa soprattutto delle grandi distanze e della difficoltà di condividere, con frequenza, esperienze comuni? «Io credo che la continuità del coordinamento del Comitato all’estero sia data dalla fase progettuale: questo prosegue proprio nel momento in cui siamo chiamati a dare vita alle varie iniziative – risponde convinta Patrizia Burigo, coordinatrice del Meeting di Belluno –. A ottobre noi presenteremo il progetto della lingua italiana con le osservazioni che raccoglieremo dai nostri colleghi veneti all’estero, e questo consente al convegno di non rimanere una cosa astratta ma di concretizzarsi. Sono i progetti a fare da collante».

Le fa eco l’assessore De Bona: «Io sono sempre più convinto che l’Italia abbia un’unica grande “materia prima” dopo quelle del turismo e della cultura: le comunità venete diffuse in tutto il mondo. Queste hanno sempre mantenuto un forte attaccamento e un amore sincero verso la terra d’origine. E questo ha inciso anche nella nostra bilancia commerciale perché non comperano solo i prodotti dell’abbigliamento made in Italy o i prodotti gastronomici, ma acquistano soprattutto i macchinari anche se costano di più rispetto a quelli di altri Paesi europei. E lo fanno solo perché è made in Italy! Perciò insisto nel coinvolgere, in questi rapporti internazionali, Comuni e Province venete e associazioni d’emigrazione».

Oggi l’Italia gode di una bella immagine in Brasile anche perché arrivano molte più informazioni sul Belpaese. «Vediamo che l’Italia sta soffrendo l’espansione industriale della Cina, ma questo accade anche in Brasile – ammette l’italo-brasiliano Alvirio Tonet, membro del Comitato Veneto del Rio Grande do Sul –. Ma i prodotti che arrivano dall’Italia sono tutti buoni e di alta qualità».

Quali sono gli indicatori con cui si può valutare l’italicità o la veneticità tra i giovani oriundi? «Prima di tutto la passione ancora rimasta per la lingua italiana, e soprattutto della lingua veneta – sottolinea Flego –, e perchè questa passione non sparisca occorre organizzare dei corsi di apprendimento della lingua italiana e veneta. Poi l’interesse per le tipiche tradizioni venete e anche in questo occorre far conoscere la nostra identità a chi vive in altri Paesi».

«Non possiamo avvicinare i giovani alla cultura veneta se non conoscono la lingua italiana. E questa è una prima fase – interloquisce Federica De Rossi, del Coordinamento regionale dei Giovani Veneti –. In un secondo momento sarebbe molto bello organizzare dei progetti di scambio con famiglie».

Antonella Spada, bellunese che lavora a Bruxelles, ha proposto di realizzare alcune iniziative che coinvolgano non solo i giovani oriundi veneti di seconda e terza generazione, ma anche i giovani veneti che in questi anni sono stati costretti ad emigrare all’estero.

I lavori del Meeting di Belluno si sono conclusi con l’elenco dei desiderata dei giovani protagonisti. Il Comitato ha proposto che si facciano corsi di formazione sulla tradizione veneta, attraverso l’arte e la storia; e, poi, corsi di cucina veneta, di enologia e di tecniche agrarie; che si prosegua la formazione rivolta a docenti di corsi on line, in Italia e all’estero. I giovani hanno chiesto alla Regione del Veneto che venga fornito materiale aggiornato per lo studio della lingua italiana all’estero, e che vengano promossi gemellaggi e scambi culturali tra le Associazioni aderenti al Comitato, e che si organizzino soggiorni per i ragazzi dai 18 ai 26 anni.

Il Coordinamento ha proposto anche l'organizzazione di un Corso di Lingua Italiana per docenti, la realizzazione di un database degli oriundi veneti all'estero ordinato secondo professionalità. Infine, nuovo coordinatore del Comitato dei giovani veneti all'estero è stato eletto l'italo-venezuelano Richard Cavallin che rimarrà in carica dal novembre 2007 al novembre 2008. 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017