Churchill di nuovo in sella

Alle elezioni del 1951 gli inglesi ridavano il potere a colui che aveva salvato il Paese nella seconda guerra mondiale. Il momento era delicato, moriva Stalin e si coglievano le prime avvisaglie della guerra fredda…
09 Ottobre 2001 | di

Un grande cinquantenario è quello che ricorda il ritorno di Winston Churchill per la seconda volta alla guida del governo inglese, il 25 ottobre del 1951. Aveva 77 anni, ma ne dimostrava molti di più, dal punto di vista fisico, non certo da quello intellettuale. Tuttavia, il suo, appariva un triste ritorno: non era più lui, non era quello di una volta, che aveva portato la Gran Bretagna alla vittoria nella guerra contro la prepotenza di Hitler e del suo maldestro socio dell`€™ultima ora, Benito Mussolini. Churchill ha fatto storia, e l`€™ha fatta così bene da salvare, nella seconda guerra mondiale, non solo l`€™Inghilterra ma l`€™intera Europa dal drago tedesco, nelle sembianze di un caporale trasformatosi in un trascinatore di folle, che, in un assurdo sogno di grandezza, conduceva alla rovina un popolo dando l`€™impressione di condurlo a dominare l`€™Europa, anzi il mondo. Ricordo due colloqui con Churchill, a Londra, nei corridoi di Westminster, nel 1959 e nel 1961. Al primo incontro, nel vedermi, esclamò: "Ah! Un italiano! Quel Panzini nel suo dizionario, alla voce "w. c." ha scritto con spirito antinglese, che questa sigla `€“ che sta per water closet `€“ corrisponde alle iniziali del mio nome". Noi oggi ricordiamo il Churchill del 1951, ma il mio pensiero va più facilmente al Winston decadente del 1961, e per questo non posso non richiamarmi all`€™episodio del water closet.

Nell`€™ottobre del 1951 in Gran Bretagna si svolgevano nuove elezioni da risultato incerto. Si poteva dire che Churchill fosse ancora in prima fila nella battaglia politica, con un rilancio fuori di qualsiasi previsione. Si parlava ancora di una possibile guerra, tanto che il "Daily Mirror", fra un`€™illustrazione e l`€™altra, si chiedeva chi avrebbe messo il dito sul grilletto: Attle, il laburista o Churchill? Vinsero i conservatori. Si disse che il merito stava tutto nella combattività  di Winston, che aveva battuto la freddezza di Clement, sicché alla fine, dopo le dimissioni del premier laburista, egli si trovò per la seconda volta, dopo 12 anni, alla testa del governo.

Al suo passaggio nelle strade di Londra, la gente gridava: "Hip, hip urrah for Winston!". I fotografi erano tutti per lui, con i loro lampi al magnesio. Uno di quei fotografi, assai giovane, pregandolo di stare un attimo fermo, disse: "Spero di poterla fotografare il giorno del suo centesimo compleanno". E lui di rimando: "Perché no, giovanotto, mi sembrate in ottima forma e in buona salute".

Mezza Inghilterra era laburista, ma egli egualmente e con rapidità  ne rovesciava la politica che si era protratta per sei anni: niente più nazionalizzazioni, né stipendi da favola per i grandi manager delle aziende e i ministri. Con la vittoria dei tories, Eden, cinquantaquattrenne, tornava agli Esteri augurandosi di poter porre un freno ai contrasti internazionali in corso i quali, sotto la definizione di "guerra fredda", prosciugavano grandi risorse che risarebbero potute utilizzare ben diversamente per il miglioramento delle condizioni dei popoli.

Di nuovo negli Usa. Winston a fine dicembre di quell`€™anno partiva con la Queen Mary ancora una volta per l`€™America. Durante il viaggio preparava minuziosamente il discorso che avrebbe pronunciato al Congresso, e si accorgeva che ormai la memoria gli faceva cilecca. Testardamente decideva di non prestare molta attenzione alla cosa: l`€™importante era poter ritornare ancora una volta a Washington. La sua prima visita risaliva a mezzo secolo prima.

All`€™arrivo fu sommerso da una marea di giornalisti che lo tempestavano con le domande più strane. Per un attimo, egli ebbe l`€™impressione di rivivere i vecchi tempi. Per un attimo! Poiché proprio in quel momento, come non mai, si accorse di camminare a fatica, di avere il fiato corto, mentre veniva assalito dalla voglia di sprofondare in una poltrona, e dormire, dormire, dormire.

Nei colloqui con Truman si era affrontata una questione che a Churchill e al ministro Eden stava molto a cuore. A chi affidare il comando dell`€™Atlantico? Ognuno tirava dalla sua parte, ma Winston sentiva come ormai l`€™Inghilterra si fosse indebolita nei confronti dell`€™America.

Tornato in patria, fu colpito profondamente dalla morte di Giorgio VI, mentre le sue condizioni di salute peggiorarono. Non servì a migliorarle la festosa incoronazione della primogenita di Giorgio, la venticinquenne Elisabetta, che andava sposa al cugino, il trentunenne Filippo di Grecia.

Winston rivolse un nobile saluto in onore della nuova sovrana. Disse: "È salita al trono una bella e giovane figura, che rappresenta le nostre tradizioni e le nostre glorie. Ella eredita tutta la nostra forza e lealtà . Ella sale al trono in un momento particolare: la tormentata umanità  oscilla incerta tra l`€™irrefrenabile catastrofe e l`€™età  dell`€™oro. Ci auguriamo che l`€™ascesa della regina Elisabetta II sia il segno della salvezza dell`€™umanità ".

Era ancora a Downing Street, quando nel marzo del `€™53 si diffusa la notizia della morte di Stalin. Per Winston questa era una buona notizia in quanto, una volta eliminato dalla scena lo spietato dittatore `€“ quel despota orientale che tante vittime aveva disseminato sul proprio cammino `€“ si sarebbe alfine avuto il soffio di una "nuova brezza nel mondo tormentato". Difatti Eisenhower `€“ che lo temeva e che finalmente si sentiva liberato della sua presenza `€“ fu subito pronto a incontrarsi con i nuovi capi sovietici, augurandosi che fossero animati da desideri di pace, per arrivare a una riduzione degli armamenti in tutto il mondo.

Eisenhower presidente Usa. Il repubblicano Eisenhower era salito alla presidenza degli Stati Uniti, e la cosa preoccupava Churchill perché alla Casa Bianca andava un militare, non un uomo della politica. "Ike non è che un generale di brigata", esclamava Churchill. E aggiungeva: "Legge i fumetti!". Si decideva che i capi dell`€™Inghilterra, degli Stati Uniti e della Francia si incontrassero alle Bermuda, e Winston si mise a studiare con grande entusiasmo i problemi che avrebbero dovuto affrontare in quella conferenza. Di tanto in tanto gli tornavano le forze, ma per tempi sempre più corti.

A Londra arrivò Alcide De Gasperi, che era alla testa del governo in Italia, e Churchill, drizzandosi sulle schiena riuscì a concedergli una lunga udienza. Pagò lo sforzo di quell`€™incontro con una paralisi al braccio sinistro. In realtà  i due eventi non erano in così stretta connessione tra loro, come sembrava. Si poteva soltanto dire che Winston stava lentamente svuotandosi, e gli alti e bassi delle sue condizioni di salute si facevano più evidenti.

Eden andava dicendo in giro: "Povero Winny, è rimbambito. Comincia una frase, ma non sa come concluderla. Ha già  dimenticato tutto". Mentre una sera Winston passava lentamente lungo i corridoi della Camera, un deputato disse sottovoce ad un collega: "È proprio vero quanto dice Eden: è rimbambito". E lui, proseguendo tranquillamente il suo cammino, borbottò: "Sì, dicono che stia anche diventando sordo".

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017