Colf a Torino, regina a Cantilan

Risparmiando trecentomila lire al mese che invia al suo paese, Ninda Teves ha costruito una villa per suo padre, ha acquistato un pezzo di spiaggia e una casa per il fratello pescatore... Ora non sogna che di tornare tra il suo clan.
04 Marzo 2000 | di

Mnda Teves è nata quarant`€™anni fa a Cantilan: un villaggio incantato, sulle coste incontaminate dell`€™isola di Mindanao, nel sud delle Filippine. La sua casa è ancora lì, immersa nella foresta di Union, un «bario», una piccola frazione a pochi chilometri da Cantilan, che per lei era la città . Quando andava a scuola, doveva partire due ore prima per arrivare puntuale: dieci minuti di corsa nei boschi, poi si attraversava il fiume in canoa, e quindi la lunga camminata sulla strada grande e polverosa che portava in città .

 I suoi primi quindici anni sono volati via, così. Poi Minda ha deciso che qualcosa doveva cambiare, e ha capito che toccava a lei sacrificarsi per la sua famiglia. Ha lasciato i genitori, fratelli e sorelle, sei in tutto, ed è andata a vivere nella grande città , Manila, la capitale. Qui ha lavorato come domestica per una decina d`€™anni, alle dipendenze di un ingegnere italiano. Poi il grande salto. L`€™ingegnere è tornato nella sua città , Torino, e l`€™ha invitata a seguirlo: da 14 anni ormai Minda lavora a Torino. Ha iniziato come domestica, con la famiglia dell`€™ingegnere, poi si è dedicata all`€™assistenza agli anziani, un`€™attività  che ha più prestigio fra i filippini e che le consente di mettere a frutto le conoscenze maturate in anni di studio: Minda è infermiera.
«L`€™Italia ormai è la mia seconda casa, ma la prima saranno sempre le Filippine: il mio paradiso è là ». Gentile, caparbia e determinata, Minda ama l`€™Italia e gli italiani che ha conosciuto soprattutto per il lavoro, ma tiene ben saldi i legami con la sua terra e la sua gente. A Torino ha portato una parte della sua famiglia allargata, il suo clan: una sorella, cugini e cugine, compresi alcuni bambini. Sono 26 in tutto. Sembrano tanti, ma in realtà  sono solo una piccola parte degli oltre quattrocento membri del suo clan rimasti a Cantilan e dintorni.

«Qui in Italia si sta bene, ma mi manca il calore della nostra gente. Però avendo tanti parenti che vivono qui con me, mi sento un po`€™ meno sola». Minda ha sacrificato la sua vita familiare per dedicarsi ai parenti: aveva anche il suo fidanzato a Cantilan, ma ha dovuto lasciarlo per andare a lavorare lontano. Oggi però si sente un po`€™ mamma anche lei: i suoi figli sono i bambini dei cugini immigrati grazie a lei in Italia, e anche molti di quelli che nascono nel suo villaggio natale. Sì, perché Minda invia un quarto del suo stipendio a Cantilan. Circa 300 mila lire al mese partono per le Filippine.
Non solo: Minda, assieme ai cantilanesi immigrati a Torino, finanzia anche la Cimco, una cooperativa impegnata nella coltivazione di campi e produzione di gessi per le scuole. Circa 25 milioni all`€™anno, un quarto del budget della Cimco, viene da Torino. Nella cooperativa lavorano, ovviamente, molti membri del clan di Minda. E lei è diventata una signora nel suo villaggio: ha fatto costruire una villa per suo padre, che un giorno sarà  la sua casa, ha comprato una casa a Manila e un pezzo di spiaggia a Union, il bario natale, per il fratello che vive della pesca dei granchi.
L`€™ultima volta che è tornata a casa, ad aprile, assieme a una ventina di parenti emigrati a Torino, Minda è stata accolta come una regina: durante i quindici giorni di permanenza a Cantilan hanno cucinato in suo onore il maiale per ben 14 volte. È il piatto più prelibato, riservato solo agli ospiti più graditi.

I programmi di Minda sono precisi: ancora tre anni in Italia, fino al 2003, poi basta. Si torna a casa. Ormai quello che doveva guadagnare l`€™ha guadagnato, ha aperto la strada ai suoi parenti, ha praticamente sistemato tutto il suo clan, ora deve solo raggiungere il termine per poter avere diritto alla pensione dell`€™Inps, la minima. Poi tornerà  nel suo villaggio, l`€™amata Cantilan, dove i suoi la aspettano: «Mi hanno sempre detto, stai un po`€™ là  in Italia, lavori, risparmi, e poi torni qui da noi. Perché loro mi vogliono bene, e anch`€™io voglio bene a loro». Minda non è una sognatrice, ma le si illuminano gli occhi quando pensa al suo ritorno a casa: «Mi sdraierò al sole, a dormire, senza orario, senza fretta, e starò con la mia gente. Poi riprenderò a fare qualcosa». Sa che non troverà  più la Cantilan che ha lasciato: «Anche da noi si è persa la solidarietà  che ci univa una volta, e molti pensano solo più per sé». Ma non si scoraggia, tanto che sa già  quale sarà  la sua attività  per gli anni a venire: «Lavorerò nella cooperativa».

 

   
   
  FILIPPINI IN ITALIA      

            I filippini in Italia sono circa 63 mila. Vengono per lavorare: quasi 50 mila sono impiegati in lavori subordinati. Due terzi sono donne (42.225), in gran parte impiegate come domestiche o  nell`€™assistenza agli anziani. Gli uomini sono 20.580: di essi quasi 4 mila sono religiosi venuti in Italia per studiare. Sono relativamente pochi invece i filippini residenti nel nostro paese per motivi familiari (4.700). Sono soprattutto donne, folgorate dal fascino del maschio italiano.
               L`€™emigrazione filippina ha caratteristiche particolari: durata limitata nel tempo (cinque, dieci, quindici anni) e rientro a casa, nella terra natale. I filippini sono molto legati alla famiglia, al clan (la famiglia allargata), alla loro terra e ai loro valori. Anche quando       sono all`€™estero hanno relazioni molto strette con i loro connazionali, spesso loro familiari perché un filippino non si sposta mai da solo, ma porta sempre con sé almeno qualche parente. Costituiscono una delle colonne portanti dell`€™economia nazionale: nelle Filippine il crack economico che ha devastato il Sud est asiatico si è sentito meno anche grazie ai dollari dell`€™emigrazione.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017