COMBATTERE LA FAME
Roma
Catherine Bertini, 46 anni, è dal 1992 direttore esecutivo (prima donna a esserlo) del Programma alimentare mondiale (Pam) della Fao, l";organizzazione delle Nazioni Unite per l";alimentazione e l";agricoltura. Su richiesta del segretario generale dell";Onu, è anche membro del comitato di alte personalità per lo sviluppo in Africa. Dalla sede di Roma dirige il Pam che ha un duplice scopo: prevenire la carestia e aiutare le popolazioni a diventare autosufficienti, fornendo loro i mezzi per uscire dalla povertà e dalla fame che colpisce una persona su sette.
Con un bilancio di 1,2 miliardi di dollari e i suoi 4 mila dipendenti, il Pam promuove e organizza interventi di emergenza e programmi di sviluppo che vanno a beneficio di 50 milioni di persone in più di 90 Paesi. Laureata all";università di New York, ad Albany, è stata ricercatrice presso l";Istituto di economia politica della Scuola di governo 'John F. Kennedy' all";università di Harvard. Avendo svolto dal 1979 al 1987 funzioni di governo in vari stati dell";Unione, la signora Bertini, in qualità di Commissario del Comitato per i diritti umani dell";Illinois, si è pronunciata su diversi casi di discriminazione razziale. È stata anche consigliere personale del governatore di New York, Nelson Rockefeller e consigliere legislativo al senato dello stato di New York. Ha ricoperto, inoltre, la carica di sottosegretario presso il dipartimento per la Famiglia del ministero della Sanità e del ministero dell";Agricoltura.
Si è occupata di assistenza sociale, con programmi che hanno consentito alle madri, assistite dallo stato, di diventare autosufficienti, e ha diretto gli interventi di assistenza alimentare del governo federale.
Msa. Signora Bertini, la sua è una delle agenzie più importanti dell";Onu. I mezzi e le risorse di cui dispone sono sufficienti per fronteggiare l";emergenza alimentare del pianeta?
Bertini. No. Noi riusciamo a raggiungere cinquanta milioni di persone ogni anno "; che sono tante ";, però ci sono oltre ottocento milioni di persone malnutrite e povere nel mondo. Noi riusciamo a soccorrere la maggior parte dei profughi scampati a guerre e disastri naturali, ma sono solo una piccola parte di coloro che vivono in condizioni di estrema povertà e senza cibo.
Lei è un esempio, e non l";unico, di presenza femminile ai vertici di un";organizzazione internazionale. Pensa che le donne costituiscano un ulteriore potenziale per la cooperazione nel mondo?
Credo che le agenzie internazionali debbano avvalersi di tutti i talenti disponibili, e questi non sono certo solo di sesso maschile. È quindi positivo che un numero maggiore di donne venga assunto nelle agenzie, perché le donne hanno molto da offrire. Trovo importante che cinque agenzie dell";Onu siano dirette da donne: quelle per il cibo, per la popolazione, per i bambini, per i rifugiati e per l";ambiente. Credo che in questi campi l";apporto delle donne sia fondamentale al conseguimento di un reale successo. Non parlo solo delle donne ai vertici delle organizzazioni, ma di quelle che lavorano ogni giorno nei paesi dell";Africa, dell";Asia e dell";America latina e che cercano di migliorare le condizioni delle loro famiglie e delle loro comunità .
Qual è la situazione delle donne in Africa?
In Africa le donne lavorano molto duramente, probabilmente più duramente che nel resto del mondo: esse, infatti, producono l";ottanta per cento del cibo del continente.
Ci sono altre aree estremamente povere?
Sfortunatamente ve ne sono molte. Non riusciamo a raggiungere le persone in difficoltà nel Sudan meridionale. Ci sono focolai di malnutrizione in Liberia, in Sierra Leone e in generale in tutta l";Africa occidentale sub-sahariana. Non abbiamo sufficienti informazioni su quanto accade in Afghanistan. Insomma, ci sono troppe crisi e troppe persone a rischio.
I poveri, comunque, non sono solo nel terzo mondo. Qual è la situazione nei Paesi opulenti?
Anche nei Paesi ricchi c";è povertà e malnutrizione. Certamente non si vede la gente morire di fame. È una differenza sostanziale tra il mondo sviluppato e quello in via di sviluppo.
La questione della sovranità degli stati costituisce un limite all";intervento internazionale. C";è una reale coscienza del diritto alla cosiddetta 'ingerenza umanitaria'?
Noi siamo un";agenzia dell";Onu e dobbiamo rispettare la sovranità degli stati. Però il segretario generale può chiederci di entrare in un Paese e di lavorare anche se il governo locale non ci ha chiamati. È successo in Somalia, dove non esisteva un governo che potesse chiamarci; e potrebbe accadere anche altrove.