Come uscire dal pantano Iraq

Solo un comune sforzo di intelligence e il coraggio del dialogo ad ogni costo possono lentissimamente farci uscire dall'attuale guado intriso di sangue. Tutto il resto è follia, cioè il Diavolo.
29 Settembre 2004 | di

Mille finora sono i morti americani in Iraq. Poveri figli di mamma, marines pressoché imberbi, soldati senza misericordia e tuttavia ragazzi partiti con baldanza per instaurare la Democrazia in Iraq. Sono tornati a casa nei sacchi, neri, di plastica e l'America profonda, quella dei piccoli villaggi, delle cittadine uniformi, sature di noia ma tutto sommato felici oasi famigliari, li piange. Noi rendiamo omaggio a codesti sconosciuti soldatini d'un Paese amico, ai nipoti dei G.I. che sessant'anni fa ci restituirono la libertà , bene sommo. Ma quanti sono i morti civili, gli iracheni  ammazzati dalla guerra, dico. A quanto ammontano, insomma, i CD così come nel fatuo linguaggio bellico inventato al tempo della guerra del Vietnam si indicano i civili? Non esiste un documento al riguardo, tocca affidarci all'Iraq Body Count, un ONG di buoni precedenti. Ed ecco i numeri. Terribili.

Il calcolo, necessariamente in difetto, dell'ONG Body Count indica dagli undicimila ai quindicimila iracheni rimasti uccisi. Durante le cinque settimane di vera guerra, quella che portò alla (scontata) vittoria militare americana i caduti civili sono stati 7 mila 350 più trentamila feriti.
Anche gli attentati suicidi e le autobomba han fatto la loro (sanguinosa) parte ma il più dei civili rientra nella funesta sigla CD che, ricordiamo, non sta ad indicare Corpo Diplomatico bensì Collateral Damage, danno collaterale.  Il più dei morti civili si deve anche alla pioggia cieca di armi di terra, per esempio a Sadr City. Dobbiamo ancora contare i settecento civili morti ammazzati durante l'inutile assedio di Falluja in aprile-maggio, i 400 di Najaf. Dispiace dire di tanta carneficina, il lettore mi scusi ma non possiamo bendarci gli occhi o voltarci dall'altra parte. Questa guerra non è certo perduta ma neanche vinta e ciò perché qualcuno in Usa non ha capito che la resistenza occorre sconfiggerla conquistando innanzitutto il cuore e la mente della gente. Azzardo una personale opinione: se questa sciagurata guerra fosse stata combattuta nel 1991 o, meglio, se allora al tempo della Desert Storm i GI fossero arrivati a Baghdad, il popolo li avrebbe accolti con fiori e con quell'esultanza, venata di comprensibile malinconia, che ebbero i romani quando le truppe americane entrarono in Roma. Ma il timore che la caduta del tiranno Saddam lasciasse nella Regione un vuoto che fatalmente avrebbe colmato la Siria, la prospettiva d'un Paese in preda all'anarchia, convinsero Bush padre a fermare le truppe in marcia sulla capitale, a sole 80 miglia da Baghdad.

Due soprattutto gli errori gravi degli Usa. Lo scioglimento immediato dell'esercito: col risultato di creare un'armata Brancaleone con molte armi ma senza sussistenza. Allo sbando. Lo scioglimento del Baath, il partito unico. È vero che più che al Socialismo vero fosse orientato verso un nazional-socialismo parahitleriano ma è anche vero che il Baath era la spina dorsale della vita civile: dalle scuole agli approvvigionamenti. Ora davanti alla valanga che sale del grande scontento popolare, adesso che il non esistente legame fra Iraq e Osama, lo Sceicco del Terrore, è purtroppo divenuto realtà , gli americani cercano di correre ai ripari ma la guerra continua rivelandosi sempre di più un mix funesto di scontro civile, interconfessionale, di terrorismo.
Solo un comune sforzo di intelligence e il coraggio del dialogo ad ogni costo  (Giovanni Paolo II cita sempre l'esempio sommo di san Francesco che andò a parlare col Sultano, evitando i Quisling del papato) possono lentissimamente farci uscire dall'attuale guado intriso di sangue. Tutto il resto è follia, cioè il Diavolo.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017