Concilio, i primi quarant'anni
Carissimi lettori del «Messaggero di sant`Antonio» e devoti del Santo, desidero dedicare il mio primo editoriale alla memoria di un evento che ha segnato in modo profondo e irreversibile la vita della Chiesa e del quale in questo periodo da più parti si fa memoria.
Si tratta del Concilio ecumenico Vaticano II: iniziato l`11 ottobre 1962, chiudeva i battenti l`8 dicembre 1965.
Alla fine, dopo quattro lunghe e impegnative sessioni di lavoro che videro all`opera più di 2500 vescovi, si potevano contare sedici documenti che avrebbero contribuito a rinnovare la vita della Chiesa, rimettendola al passo con i tempi, ma soprattutto in sintonia profonda con il Vangelo di Cristo.
La Chiesa dei nostri giorni, cresciuta alla scuola del Concilio, del suo spirito oltre che dei suoi documenti, ne è discepola nonché interprete autorevole. Dico questo perché non è stato facile, e nemmeno oggi lo è, accogliere e valorizzare una così grande eredità .
Mentre qualcuno, infatti, pensa e vive la fede correndo troppo in avanti, in un futuro ipotetico e immaginario, c`è invece chi si attarda a rimpiangere i bei tempi andati, un modo particolare di vivere la fede mitizzato a tal punto da essere pensato come l`unico possibile.
Fare memoria del Vaticano II è anche occasione per ricordare con gratitudine grandi figure di pontefici, che sono impresse nella memoria di tutti.
Giovanni XXIII, il Papa buono, è colui che il 25 gennaio 1959, dopo nemmeno cento giorni dalla sua elezione, ha stupito il mondo e forse ancor più la Chiesa annunciando un nuovo Concilio, e ne ha celebrato la solenne apertura con parole piene di fiducia: «A noi sembra di dover dissentire dai profeti di sventura».
Ben presto però il testimone è passato nelle mani di Paolo VI per la continuazione e il compimento dell`opera intrapresa. Se il primo può essere considerato l`ispiratore del Concilio, il secondo ne è l`artefice principale, e diviene negli anni successivi il promotore solerte della sua prima applicazione.
Nello stesso solco è da collocare Giovanni Paolo II, Papa del Concilio a pieno titolo, della sua conferma e del suo rilancio. A conclusione del Grande Giubileo del 2000 egli lo additerà come «la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel XX secolo, una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre». Proprio riferendosi a queste parole, papa Benedetto XVI, nel suo primo messaggio pronunciato nella Cappella Sistina di fronte ai cardinali, così si esprimeva: «Voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell`impegno di attuazione del Concilio Vaticano II».
Quarant`anni dopo l`evento, in ascolto delle parole incoraggianti e paterne di Papi così significativi, come credenti non possiamo non confermare la volontà di lasciarci guidare da quella «sicura bussola» che anche in mezzo allo scompiglio dei tempi indica sempre un`unica direzione: la via di Gesù Cristo.
Quando i miei superiori mi hanno comunicato che avrei dovuto assumere la direzione di questa prestigiosa rivista, svolgevo il lavoro di teologo, si può dire a tempo pieno.
Da parte mia ho pensato subito, l`una collegata all`altra, due cose: innanzitutto che sant`Antonio, dottore evangelico, è stato un appassionato predicatore del Vangelo agli uomini del suo tempo; e poi che la Chiesa con il Vaticano II, di cui in quel periodo stavo leggendo alcuni bilanci, ha cercato di ritrovare le strade per un annuncio credibile all`uomo distratto e smarrito dei nostri giorni.
Due fuochi, due fedeltà : Antonio e il Vangelo per parlare all`uomo concreto, per convocarlo, accompagnarlo, confrontarlo con una Parola che nutre, salva e libera. Insieme con i frati e i laici che lavorano al «Messaggero di sant`Antonio», e in stretta collaborazione con padre Agostino Gardin, direttore generale, è la strada che vorrei percorrere.