CONSENSI E PERPLESSITÀ
Il ministro della pubblica istruzione Luigi Berlinguer ha presentato di recente un progetto alquanto ambizioso per svecchiare la nostra scuola, ridisegnando strutture e programmi approntati quando gli alunni intingevano ancora il pennino nel calamaio, mentre oggi sui banchi di scuola fanno capolino i computer.
Si tratta ancora di una proposta: dopo essere stata sottoposta al vaglio degli interessati, diventerà disegnodi legge che il parlamento dovrà valutare e quindi votare. Nulla ancora di deciso.
Esaminiamo le principali novità . Anzitutto l'obbligo scolastico: esso viene prolungato a dieci anni, ma l'età dell'inizio viene anticipata a cinque anni, utilizzando l'attuale ultimo anno della scuola materna, che dovrà essere ripensato. L'intero corso scolastico viene, poi, suddiviso in tre cicli: l'infanzia (3-6 anni), il primario (6-12 anni) e il secondario (12-18 anni) comprendente due fasi diverse.
Il ciclo primario, di sei anni, provvede all'istruzione di base. È a sua volta diviso in tre cicli biennali con programmi differenziati. I primi due cicli danno le basi dell'alfabetizzazione culturale e dell'acquisizione degli strumenti quali l'informatica e le lingue. Il terzo biennio punta invece al consolidamento delle conoscenze e all'acquisizione delle metodologie.
Il primo ciclo secondario, o scuola di orientamento, dura tre anni. Il primo anno è di orientamento generale e prevede un ventaglio allargato di scelte disciplinari; gli altri due anni sono di orientamento mirato, diviso in quattro quadrimestri autonomi di approfondimento con indirizzi più specifici: classico, scientifico, artistico, tecnico, professionale... Durante il trienno è previsto un tutore che insegni agli alunni a studiare e a scegliere. Con l'esame di stato si conclude il periodo obbligatorio. Ma chi vuole può continuare.
Il secondo ciclo secondario, o scuola superiore, consta di tre anni ed è di specializzazione rispetto agli orientamenti maturati nella fase precedente; per cui se uno ha scelto il modulo disciplinare artistico prosegue e approfondisce questi studi, così fa chi ha scelto lo scientifico, e così via... Il terzo e ultimo anno è però anche di orientamento verso il mondo del lavoro, l'università o altro... Il ciclo si conclude con gli esami.
Il progetto ha, naturalmente, suscitato un vespaio di reazioni, e anche nel mondo cattolico non tutti la pensano allo stesso modo. Per questo abbiamo sentito l'opinione dei rappresentati di alcune fra le più note associazioni che si occupano di scuola: l'Age (Associazione genitori), l'Uciim (Unione cattolica italiana insegnanti medi), l'Aimc (Associazione italiana maestri cattolici) e Diesse (Dipartimeto scuola, di Comunione e liberazione). Molte e articolate le loro risposte; chiediamo venia per alcune inevitabili sintesi.
Questi i punti toccati: un giudizio complessivo sulla riforma; l'anticipo della scuola a cinque anni; il prolungamento dell'obbligo a dieci anni; la suddivisione in cicli; le proposte particolarmente valide e quelle da scartare senz'altro.
Un giudizio complessivo
Critico, ma aperto al dialogo il Diesse. Risponde Mario Mauro, vicepresidente nazionale: «Stimiamo molto il lavoro del ministro Berlinguer, ma non possiamo non intervenire dialetticamente, visto che l'esito della riforma ricadrà direttamente sul destino delle giovani generazioni. Pur riconoscendo la necessità di riformare la scuola italiana, non condividiamo la proposta del riordino in cicli perché rispondono, in conformità ai modelli europei, a una logica di preparazione alla professionalizzazione. Il rischio è di perdere la specificità di ogni ciclo e questo, secondo noi, è in contrasto con l'indicazione che viene dalla realtà , per cui la scuola deve fornire una preparazione di base che renda lo studente capace di affrontare tutte le realtà che incontra.
Perplessità vengono anche dall'Age «per la complessità dei cambiamenti che potrebbero disperdere il patrimonio formativo, le competenze professionali della scuola italiana e le esperienze positive accumulate in tanti anni - afferma il consigliere nazionale Maurizio Salvi -. La proposta ministeriale evidenzia la mondialità dell'economia e dei mercati, il rinnovamento metodologico... ma non pone particolare attenzione all'esigenza che la scuola debba essere commisurata alle capacità degli alunni e articolata secondo i loro ritmi e gradi di sviluppo. Ai valori e agli obiettivi proposti - innalzamento dei livelli culturali e scientifici nel contesto di una formazione ispirata ai valori della tolleranza, del pluralismo e della libertà - bisognerebbe aggiungere un forte impegno per il recupero di valori morali che riempiano il vuoto interiore di tanti giovani». Per l'Age, poi, il ruolo della famiglia non è abbastanzato valorizzato.
Plaude all'iniziativa del ministro la presidente nazionale dell'Uciim, Cesarina Checcacci, perché «la proposta favorisce l'apertura di un dibattito che può e deve portare un valido contributo di idee. Riteniamo - puntualizza - che alcuni aspetti abbiano bisogno di ulteriore approfondimenti. In particolare, deve essere meglio definito il progetto culturale ed educativo. C'è perplessità sull'inizio della scuola dell'obbligo a cinque anni e sulla sua conclusione a quindici, mentre in altri paesi europei avviene più tardi».
Per Anna Maria Stefanangeli, vicepresidente nazionale dell'Aimc, il progetto «non è superficiale maquillage, ma tocca la sostanza». Ritiene, poi, che «i criteri di primarietà e secondarietà possano essere via per liberare la scuola da gerarchizzazioni, cioè dal ritenere l'una più o meno importante dell'altra, favorendo il recupero delle finalità proprie dell'istituzione scolastica, che sono l'alfabetizzazione culturale e il consolidamento dei saperi, non come cumulo ma come sviluppo dei processi di conoscenza e maturazione»; mentre «non sono chiari i 'connettivi' che tengono in rete varie questioni in campo come la formazione, l'autonomia, la valutazione...».
Anticipare la scuola a cinque anni?
Age. «Sì, a patto che l'anticipo resti collocato nella scuola materna, e mantenga la natura di flessibilità per adeguarsi alle esigenze dei bambini. Per rispettare le scelte già attuate dalle famiglie è opportuno che la scuola materna resti inserita in un sistema di servizio scolastico integrato, dove scuole statali e non statali concorrano in modo qualificato alla crescita dei bambini. Una perplessità : come attuare l'anno di scuola materna obbligatoria, se gran parte delle scuole materne, almeno al Nord, sono parrocchiali o gestite da congregazioni religiose? 'Statalizzarle' sarebbe troppo oneroso. La soluzione sarebbe la parità tra le due, ma una legge al riguardo non c'è».
Aimc. «I ritmi e le esigenze della società hanno già di fatto anticipato l'istituzionalizzazione dei piccoli, i quali sempre più spesso apprendono a leggere e a scrivere fuori della scuola, complici giochi e Tv. Non si tratta di anticipare o allungare, ma di calibrare il percorso scolastico tenendo presente che a una forte accelerazione cognitiva si accompagna nei bambini di oggi un rallentamento nella maturazione affettivo-emozionale. Di questa nuova 'fatica' deve farsi carico la scuola».
Uciim. «A noi l'anticipo pare una forzatura non necessaria. La scuola materna è gia frequentata dalla quasi totalità dei bambini. La forte accelerazione della attività scolare determina una anticipazione di tutti i processi, compreso quello dell'orientamento, e non ci pare positiva».
Diesse. «L'anticipo non è da considerarsi corretto né dal punto di vista dell'evoluzione psico-affettiva del bambino né dal punto di vista della scelta dei genitori». Anche per loro crea problema il fatto della forte presenza di scuole materne cattoliche, con quel che ne segue...
L'allungamento dell'obbligo?
Aimc: «La soluzione non è semplicemente ingegneristica, ma culturale: nel senso che si tratta di pensare a un modello di scuola (da un determinato numero di anni in poi) veramente 'nuovo' perché centrato su ogni persona. Alla comunità umana mancano le diverse intelligenze dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, degli adulti... Solo a questo titolo, stare più tempo a scuola avrà senso, e l'obbligo da 'esterno' diventerà 'interno' ed esercizio del diritto alla formazione».
Diesse. «Se l'allungamento sarà impostato in modo da obbligare tutti a fare le stesse cose, anziché personalizzare i percorsi secondo un pluralismo disciplinare, sarà infruttuoso».
Uciim. «Per l'allungamento dell'obbligo scolastico ci siamo sempre battuti: significa un innalzamento culturale della popolazione. Non condividiamo la preoccupazione di concluderla a quindici, sia pure con l'auspicio di giungere a diciotto come nel resto dell'Europa. In verità , in dodici paesi europei su diciotto, la scuola finisce a diciannove o anche a venti. Tale preoccupazione, estranea alle logiche della scuola, costringe a impostare l'intero percorso dell'istruzione obbligatoria secondo un'articolazione in periodi non corrispondenti allo sviluppo degli alunni».
Age. «Occorre insistere sulla valutazione della produttività scolastica per valorizzare chi va bene e aiutare chi fa più fatica, avvicinando di più l interscambio tra operatori e fruitori del servizio, cosa che non si legge nel documento proposto».
La suddivisione in cicli?
Diesse. «Come è stata presentata, la bozza non ci convince molto. Aspettiamo il disegno di legge per un giudizio più articolato».
Aimc. «Il tempo-scuola, non può essere letto come gerarchico, giustapposto, ma come periodo che si organizza sul ciclo vitale, quindi caratterizzato da un processo di crescita. Se questo è vero, allora è in contraddizione la 'suddivisione e programmi'. Assumere la logica del 'ciclo' vuol dire realizzare la continuità forte: è l esigenza della persona, e la scuola ha il dovere di assumerla».
Age. «Appare rischiosa la soluzione di ridurre da cinque a quattro anni la scuola elementare (dell infanzia), anticipando l intervento dei professori di scuola media su bambini di dieci anni; e ciò mentre è in corso una consultazione per rivedere la riforma della scuola elementare di cui non sembra si tenga conto».
Quali i punti validi?
Aimc. «Soprattuttto l dea che 'la formazione deve contenere in sé forti elementi culturali di tipo generale, metodologico e di indirizzo, tali da favorire la formazione della persona nella sua interezza e fornirle, nel contempo, gli strumenti per mantenere aggiornati i livelli di competenza, di conoscenza e di abilità '. Questo vuol dire che la persona è la ragione del sistema».
Age. «Sono: il diritto alla formazione fino a diciotto anni, che aiuterà i giovani ad aggiornare la propria preparazione culturale e professionale; l educazione e la formazione continua, che offriranno ulteriori opportunità a giovani e adulti; il fatto che la proposta sia presentata come documento di lavoro aperto agli apporti delle componenti scolastiche locali; e, infine, la possibilità delle famiglie di essere realisticamente coinvolte nella consultazione, se la scuola si farà carico, come dice il ministro, di attribuire ai genitori un ruolo attivo, informandoli sul carattere e le finalità delle scelte».
Uciim. «Apprezziamo alcune importanti intenzioni: di portare a dieci anni la durata dell istruzione obbligatoria; di eliminare al suo interno le ripetenze e le cause di disagio, e di contenere le cause della dispersione; la preoccupazione di orientare gli alunni, della quale vanno però rivisti tempi, metodi e finalità ; l intenzione di attivare un rapporto effettivo tra preparazione culturale e preparazione professionale; di istituire su tutto il territorio nazionale un sistema non universitario di specializzazione dopo le scuola secondarie».
Diesse. «È interessante che per la prima volta un ministro riesca a delineare una riforma globale della scuola italiana e non ricorra a semplici aggiustamenti. Non ci persuade, però, il tipo di operazione che è ancora centralistico. Questo ministro ha dato un contributo decisivo per la realizzazione dell autonomia, e il relativo disegno di legge sta per essere approvato dal parlamento. Sarebbe stato più logico che i nuovi soggetti dell autonomia fossero maggiormente protagonisti nel delineare la nuova scuola».
Che cosa inutile o dannoso?
Diesse. «Non ci persuade che all interno della riforma ci sia come unico riferimento la scuola statale e non si parli mai di sistena scolastico nel suo insieme. Apparentemente la cosa sembra corretta, ma in realtà nega l esistenza di un sistema scolastico libero. Noi, sia ben chiaro, non difendiamo la scuola libera, ma la scuola come tale».
Age. «C è il rischio che si disperda la tradizione pedagogica della scuola media, spezzata tra il ciclo della scuola di base e il ciclo dell orientamento. C è incertezza su come ristrutturare i programmi, sull organizzazione e sulla professionalità dei docenti».
Uciim. «Non è chiaro il grado di fattibilità in rapporto alle risorse economiche, alla distribuzione sul territorio delle strutture edilizie e delle attrezzature e ai tempi necessari. Ci sembra che ci sia troppa fiducia nella possibilità di rinnovamento delle strutture, con l illusione che, aggredendo il problema dal punto di vista dei cicli scolastici, si risolvano anche tutte le altre questioni».
Aimc. «Come si può lanciare un ampia consultazione sulla scuola elementare per riflettere sui processi innovativi e, nel contempo, collocare la stessa in un un nuovo contesto che la ridisegna fortemente? La scuola elementare può diventare volano per gli altri segmenti? Come non prospettare, anche a tratti ampi ma chiari e promettenti, criteri di ricollocazione del personale, evitando un comprensibile allarme di cui la scuola non ha proprio bisogno?».