Crac planetario: capitalismo al bivio

Il mondo paga la mancanza di etica nell'economia e i guasti di un sistema politico che non ha tutelato i cittadini dalle speculazioni finanziarie. Oggi occorrono modelli nuovi di sviluppo condiviso.
16 Aprile 2009 | di

Lo scenario della crisi economica è sempre più preoccupante e i governi di tutto il mondo, impegnati a salvare le loro economie, stanno rivolgendo attenzioni e sostegni a banche, istituzioni finanziarie e alle maggiori aziende industriali dei rispettivi Stati. Come si è arrivati a questa situazione, con conseguenze sociali che intaccano diritti umani fondamentali? Per Giovanni Marseguerra dell'Università Cattolica di Milano, la responsabilità va cercata «in un capitalismo privo di un solido contesto giuridico, e incapace di porre la libertà economica in un contesto centrato sull'etica». Sono mancate le regole e i valori che dovevano ispirare e guidare l'attività economica. E oggi dobbiamo constatare «i contraccolpi negativi di un sistema di scambi finanziari basati su una logica di brevissimo termine che persegue l'incremento del valore delle attività, e si concentra nella gestione tecnica delle diverse forme di rischio», come ha evidenziato Papa Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2009.
Di fronte a un'economia globalizzata - che in tempo reale sposta cifre astronomiche da un centro economico all'altro del pianeta e, con la stessa rapidità azzera miliardi di dollari nelle Borse, condannando al fallimento imprese, lavoratori e risparmiatori - l'obiettivo è di costruire un sistema economico solido, che guardi allo sviluppo corretto e integrale, senza sfruttare o escludere dei Paesi che si trovano in gravi situazioni economiche. L'impatto più drammatico si attuerà nei Paesi in via di sviluppo - per i quali era programmata la lotta alla povertà come uno degli obiettivi prioritari del Terzo Millennio - causato dalle politiche protezionistiche che le nazioni stanno attuando per salvaguardare i loro beni. Il premier britannico Gordon Brown, nell'articolo apparso il 19 febbraio su L'Osservatore Romano, nota che la crisi finanziaria ed economica attuale avrà un più forte impatto sui Paesi poveri dell'Africa e dell'Asia: «Qui la crisi economica significherà fame per altri milioni di persone, meno istruzione e meno servizi sanitari. So che la Chiesa cattolica e Sua Santità condividono queste preoccupazioni. I Paesi più poveri vedono che ogni fonte di finanziamento del proprio sviluppo - esportazioni e domanda di derrate alimentari, commercio e project finance, aiuti, rimesse, flussi di capitale - è stata colpita dalla dimensione e dall'estensione senza precedenti di questa crisi. Per troppo tempo, solo i Paesi ricchi sono stati in grado di introdurre capitali nelle proprie economie nei periodi difficili. Questa volta deve essere diverso».
L'appello del Papa, ricordato da Gordon Brown, di attuare «un piano d'azione internazionale concertato, volto a liberare il mondo dalla povertà estrema», è stato rinnovato in questi mesi allo scopo di capire le ragioni concrete della crisi. Incontrando lo scorso 26 febbraio i sacerdoti di Roma, Benedetto XVI ha affermato che «il crollo delle grandi banche americane mostra quello che è l'errore di fondo: l'avarizia e l'idolatria che oscurano il vero Dio. La Chiesa ha sempre questo compito di essere vigilante, di cercare essa stessa, comprendendo le ragioni del mondo economico, d'illuminare questo ragionamento con la fede che ci libera dal peccato. Per questo deve farsi sentire ai diversi livelli per aiutare a correggere tanti interessi personali, di gruppi, nazionali e sopranazionali, che si oppongono alle correzioni alla radice dei problemi». E se non si riesce a promuovere «una correzione radicale e totale, dobbiamo fare di tutto - ha aggiunto - perché ci siano correzioni sufficienti per far vivere e ostacolare l'affermarsi dell'egoismo che si presenta anche sotto le forme della scienza». E' un appello che mette in evidenza un concetto di giustizia che non si può creare con modelli economici buoni, pur necessari, ma con la conversione del cuore: con l'impegno responsabile di uomini giusti. Perché «se non ci sono i giusti, non ci può essere neanche la giustizia».

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017