CREAZIONE DONO QUOTODIANO
Pianeta Terra: bene grazie, mai stato meglio. Pianeta Terra: male prego, mai stato peggio. Il bicchiere ecologico è mezzo pieno o mezzo vuoto? La lettura di «State of the Word», il rapporto del «Worldwatch Institute» (Edizioni Ambiente, maggio 1998), in tal senso è estremamente istruttiva. L'Azienda Terra, infatti, va a gonfie vele, con una produzione di dollari che cresce del 4 per cento circa ogni anno. Chi invece ha le gomme sgonfie è la Famiglia Terra, perché acqua e cibo a disposizione di ogni abitante del pianeta diminuiscono, aumentano le emissioni di gas nocivi e la distribuzione della ricchezza è sempre più ingiusta.
Stiamo meglio o stiamo peggio, dunque? Va subito premesso che buona parte del mondo cattolico guarda con sospetto al «Worldwatch Institute» e al suo presidente, Lener Brown, accusati di «razzismo» per il loro sostegno (presunto) alle campagne per la sterilizzazione e l'aborto nei paesi a più alto incremento demografico. A volte però si ha l'impressione che dietro la polemica si celino altri schieramenti: di qua i cattolici che sostengono il neoliberismo più disinvolto e guardano con sospetto a qualsiasi critica all'attuale modello di sviluppo dell'Occidente, di là i cattolici «terzomondisti» che puntano a modelli di sviluppo più equi e solidali. Che entrambi citino con disinvoltura il Papa (dalla «Centesimus annus» in giù) è più che un dettaglio inquietante.
Ciò non toglie che quasi tutte le analisi dell'Istituto siano estremamente utili e che molti cattolici senza pregiudizi ideologici vi facciano proficuamente riferimento, a partire dal tedesco Ernest von Weizsaecker, fondatore del «Wuppert Institut» e membro dell'«Accademia Francesco d'Assisi» per la protezione della terra presso l'Università Cattolica di Eichstaett. «È assolutamente necessario che noi abitanti del Nord del mondo riduciamo i nostri consumi - afferma Ernest von Weizsaecker, figlio del fisico e filosofo cristiano Carl - perché sono semplicemente insostenibili».
Lo dicono le cifre. Se i cinesi, domani, consumassero pesce come i giapponesi, assorbirebbero da soli tutta la produzione mondiale di pesce (e, secondo la Fao, 11 dei 15 maggiori campi di pesca mondiale sono sfruttati oltre la loro capacità di rigenerazione); idem se consumassero petrolio come gli statunitensi.
In altri termini, il nostro attuale modello di sviluppo non è sostenibile, né quindi esportabile, così come è, per ogni altro Paese. Le possibilità sono due: o escludiamo che altri Paesi, un giorno prossimo o remoto, possano vivere bene come noi occidentali, oppure dobbiamo modificare il nostro sistema. Tornando al vapore e alle candele? Assolutamente no. Il paradosso è che le tecnologie che consentono di mantenere il nostro attuale livello di benessere consumando una, due, cinque, anche dieci volte di meno, ci sono già . Basta leggere lo studio commissionato da «Misereor», l'organizzazione della Chiesa cattolica tedesca per la cooperazione allo sviluppo, al «Wuppert Institut» («Futuro sostenibile», Emi, 1997) per trovare tantissimi esempi. Uno per tutti: l'automobile che consente di percorrere cento chilometri con un litro di benzina esiste già . Esiste anche l'autovettura che funziona a idrogeno (emettendo, come gas di scarico, vapore acqueo). Se non vengono prodotte è per gli interessi economici dei produttori e per la mentalità dei consumatori: tali automobili sono ben poco aggressive...
Lo stesso potremmo dire di tanti altri campi. Nel futuro, per uno sviluppo più giusto, occorrerà consumare in maniera diversa. Se ne è parlato anche alle due assemblee ecumeniche di Basilea e di Graz. E se ne parlerà in futuro, sempre di più. Il fatto che in Germania, e in generale tra i cristiani delle Chiese del Nord, se ne parli molto più che in Italia, deve solo invitarci a correre per recuperare le posizioni. Possiamo esserne certi: lo sviluppo sostenibile sarà uno dei temi più caldi del XXI secolo.
La parola di Dio
IL CANTO DELLA CREAZIONE
di Rinaldo Fabris Nella prospettiva biblica il mondo è uscito ed è sorretto dalle mani di Dio creatore. Perciò nessuna creatura può essere venerata come una divinità né ci sono tabù o divieti sacri nel mondo. Solo l'uomo è fatto ad immagine di Dio. Perciò egli è costituito responsabile dei viventi e gli viene data in proprietà tutta la terra. In tale prospettiva, l'uomo si trova al centro del mondo creato. Da qui deriva il sospetto da parte degli ecologisti di oggi che la fede biblica nella creazione stia all'origine del dominio dispotico dell'uomo sulla natura quale si è sviluppato nel mondo moderno europeo e americano. In altre parole l'«antropocentrismo» biblico che si sposa con quello della filosofia greca sarebbe all'origine del degrado ecologico del pianeta. Come antidoto a questa prepotenza dell'uomo sugli altri esseri viventi e l'ambiente, si propone di tornare al mito della natura intoccabile e sacra. Questa proposta dell'ecologismo esasperato sarebbe altrettanto disastrosa dell'«antropocentrismo» che legittima il domino sfrenato sulla natura. Il confronto con i testi biblici della creazione può far riscoprire le ragioni profonde di un giusto rapporto tra gli esseri umani e con il mondo creato da Dio. La Bibbia si apre con una pagina in cui si racconta in forma poetica la creazione dell'universo e di tutti gli esseri viventi, al cui vertice si trova l'uomo. Con questo racconto della creazione si risponde ai grandi interrogativi che stanno all'origine del pensiero umano e delle esperienze religiose: perché c'è il mondo ordinato e non il caos? Da dove viene la vita? Perché c'è l'esperienza del male e della morte? Quali sono le condizioni per vivere in modo giusto e felice? La fede in Dio creatore si sviluppa tra gli ebrei nel VI secolo a.C. durante l'esilio babilonese. Di fronte al loro lamento: «Il Signore ci ha abbandonati», i profeti rispondono: «Dio creatore dell'universo è il Signore che guida la storia per la vostra liberazione. Egli rinnoverà l'esperienza dell'esodo e vi riporterà alla vostra terra». In altre parole, Dio che redime Israele è colui che ha creato fin dalle origini l'universo. La parola ebraica bara - , «creare», esprime la fede in Dio creatore di tutte le cose, che fa ripartire la storia di Israele dopo la tragedia dell'esilio. In questo clima, nasce il canto della creazione riportato attualmente all'inizio della Bibbia. Questa pagina nella «storia delle origini» è una specie di catechesi narrativa, in cui l'azione creatrice di Dio viene distribuita in sei «giorni». Nei primi tre, si racconta la separazione della luce dalle tenebre, delle acque sotto da quelle sopra il firmamento, della terra dal mare. Nei tre giorni seguenti, si descrive la collocazione degli esseri nei vari ambienti: gli astri come luci nel firmamento, gli uccelli nel cielo e i viventi nelle acque e sulla terra. Agli esseri viventi, di cui l'essere umano è costituito custode e responsabile, è rivolta la «benedizione» di Dio, garanzia di vita e fecondità . Una particolare benedizione di Dio è riservata alla coppia umana. In tal modo si spiega la sua crescita e si giustifica la sua presa di possesso della terra. Il racconto della creazione culmina nel riposo finale di Dio che «benedice» e «consacra» il settimo giorno come «giorno del riposo», in ebraico shabbà t. Questo esempio di Dio creatore è richiamato nel commento al comandamento del sabato che fa parte delle «dieci parole» dell'alleanza. L'essere umano creato a «immagine di Dio» deve imitarne il riposo per vivere la sua libertà e responsabilità nel mondo.
L'uomo creato a «immagine» di Dio La creazione dell'uomo è preceduta dalla decisione solenne di Dio: «Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra» (Gn 1,26). Il termine ebraico sèlem, «immagine», è tradotto in greco con eikà´n. L'essere umano è «icona» di Dio. Egli è posto al vertice della creazione come rappresentante o delegato di Dio nel mondo dei viventi. Infatti, Dio crea l'uomo e la donna a sua immagine e li benedice con queste parole: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gn 1,28). I verbi ebraici tradotti con «dominare» (i viventi) e «soggiogare» (la terra) in realtà significano: «allevare», «prendere possesso», «abitare». Si ha una conferma nel secondo racconto della creazione, dove l'uomo è collocato nella terra-giardino per coltivarla e custodirla (Gn 2,15). Il racconto biblico dice che «Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò» (Gn 1,27). In altri termini, l'«immagine» di Dio plasma anche la relazione tra l'uomo e la donna. Questo tema viene presentato nel secondo racconto della creazione con un linguaggio più simbolico. L'uomo è plasmato dalla «polvere del suolo» e reso vivente dal soffio o spirito di Dio (Gn 2,7). La donna, plasmata da Dio con una parte vitale dell'uomo, gli viene presentata come essere che sta di fronte a lui. Il rapporto tra i due esseri creati da Dio è formulato in termini di parentela o alleanza: «Questa volta essa è osso delle mie ossa e carne della mia carne» (Gn 2,23). Dunque la fede in Dio creatore, fonte e fondamento di tutta la realtà , sta alla radice della giusta relazione di ogni essere umano con Dio, con gli altri e l'ambiente. Questa relazione vitale con Dio creatore si attua nella responsabilità nei confronti del mondo creato soprattutto degli altri viventi. Quando con il peccato l'essere umano pretende di diventare padrone degli altri e del mondo - essere come Dio - allora sono stravolti anche i rapporti tra uomo e donna e dell'uomo con l'ambiente. La terra-giardino si trasforma in una terra sterile, dove il lavoro è una dura realtà , e l'uomo è destinato a tornare ad essere polvere.
La nuova creazione San Paolo, nella «Lettera ai Romani», dice che c'è un intimo legame tra il destino del mondo creato e quello degli esseri umani. Se a causa della prepotenza umana la creazione è trascinata nella caducità e sottoposta alla corruzione, essa sarà anche partecipe del processo di liberazione inaugurato dalla morte e risurrezione di Gesù Cristo. Quelli che hanno il dono dello Spirito sono in grado di interpretare i gemiti della creazione che soffre nelle doglie del parto in attesa della sua rinascita. Perciò i cristiani sono invitati a vivere come uomini nuovi, di cui Gesù Cristo è il prototipo. Egli, infatti, è l'immagine del Dio invisibile e primogenito di tutta la creazione. In lui si rivela e attua il disegno di Dio che consiste nel dare unità e orientamento positivo a tutta la realtà creata. Dunque la stessa corrente di amore libero, gratuito ed efficace di Dio parte dalla creazione iniziale e arriva fino al suo compimento. Gesù, nei suoi gesti e nelle sue parole, rende presente l'azione creatrice di Dio Padre e apre gli esseri umani al suo riconoscimento e accoglienza. Nell'amore solidale per tutti di Gesù fino alla morte in croce si compie la comunicazione di Dio iniziata con la creazione. Nella sua umanità trasfigurata dall'amore è anticipata la nuova e definitiva creazione, quando Dio sarà tutto in tutti.
Il catechismo degli adulti di Lucio Soravito |
Dobbiamo riconoscere che nel modo di valutare le cose create i cristiani non hanno avuto sempre un criterio stabile. Nel passato, ad esempio, più che sul valore delle cose create hanno insistito sul loro carattere illusorio e sulla necessità del distacco. Questa insistenza sui pericoli derivanti dai beni terreni era conseguente a una visione del mondo che contrapponeva drasticamente il cielo alla terra, il divino all'umano, il definitivo al provvisorio, l'eterno al temporaneo. Probabilmente, non si teneva in debito conto il fatto che i beni terreni, per quanto passeggeri, vengono dalle mani di Dio e che Dio «ha fatto buona ogni cosa» (cf. Gn 1,10). La riflessione teologica attuale ci ha insegnato a guardare alle cose create con un atteggiamento positivo. E non può essere diversamente dal momento che tutto ciò che esiste fa parte di un disegno di salvezza. «Il mondo esiste perché Dio lo vuole» (Catechismo degli adulti [CdA] 358). «Dio ha creato il cielo e la terra, cioè l universo, tutto ciò che esiste fuori di lui. Il mondo creato è buono e bello, nelle singole creature e ancor più nella loro interdipendenza e nell ordine complessivo» (CdA 365). Quando i credenti di Israele si sono interrogati sul significato del mondo e delle cose, hanno dato una risposta carica di ammirazione, di riconoscenza e di lode al Creatore: «O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra; sopra i cieli si innalza la tua magnificenza» (Sal 8,2). Tutto il cosmo proclama la grandezza e la benevolenza di Dio: «I cieli narrano la gloria di Dio e l'opera delle sue mani annuncia il firmamento» (Sal 18,2). La creazione è il primo grande specchio in cui scoprire l'amore di Dio e il mistero delle sue intenzioni sull'uomo e sulla storia. La creazione, anzi, è qualcosa di così grandioso, di talmente consistente e resistente, che dà l'idea dell'illimitato, del senza confini, del non cancellabile, un riflesso dell'infinità di Dio, della sua sapienza, della sua potenza e soprattutto del suo amore. Nel creato si può cogliere l'azione di tutta la Trinità . «Se il Padre è l'origine prima e il fine ultimo di tutte le cose, Gesù Cristo è il mediatore universale della creazione, non meno che della salvezza» (CdA 363). «In principio era il Verbo& tutto è stato fatto per mezzo di lui& » (Gv 1,1.3). «Le creature vengono all'esistenza e si sviluppano in quanto il Padre le chiama dal nulla e le attrae a sé mediante il Figlio con la potenza dello Spirito. Il Verbo e lo Spirito Santo sono, per così dire, le mani del Padre» (CdA 363).
Contemplare il creato
Se in passato i cristiani hanno sottolineato la necessità del distacco dalle cose, oggi la cultura dominante ci porta ad avere con il creato un rapporto quasi solo strumentale e funzionale allo sfruttamento e al consumo. Di fronte alle cose gli uomini non si chiedono perché esse esistono, ma solo a che cosa servono. Gesù ci ha insegnato a contemplare il creato, per scoprire in esso un riflesso dell'amore provvidente di Dio, ad apprezzarlo, sia per quello che esso è in se stesso, sia per quello che esso rappresenta. «Dio non dimentica neppure l'erba del campo e i piccoli uccelli del cielo» (cf. Mt 6,26-30). «Gli uccelli del cielo e i gigli del campo sono un invito a riconoscere la bontà di Dio Padre, che ha creato ogni cosa per farne dono agli uomini» (CdA n. 365). Gesù, oltre ad apprezzare le cose create e a indicarle come segno dell'amore di Dio, le ha valorizzate come segno della sua presenza salvante dentro la storia: - Il pane e il pesce consumato dalla folla in un luogo isolato sono per Gesù il segno che Dio sta per inaugurare una nuova umanità , più giusta e fraterna, dove non ha motivo di esistere la ricerca affannosa dei beni. - L'acqua trasformata in vino alle nozze di Cana diventa annuncio che la vita può essere vissuta nel segno della festa e nella speranza, dal momento che Gesù è venuto ad abitare in mezzo a noi. - Il pane spezzato e il calice condiviso con gli amici nell'ultima cena sono assunti da Gesù come segno efficace della sua vita donata, perché l'uomo abbia la «vita eterna». Il modo di comportarsi di Gesù sottintende la certezza che tra questi beni «penultimi» e il Bene definitivo, che è la comunione con Dio, c'è un rapporto stretto. Le cose create sono importanti non solo in sé, ma ancora di più per quello che esse significano e fanno pregustare. Tutti i beni creati, di cui l'uomo dispone, pur sperimentandone il limite e la precarietà , fanno presagire qualche cosa del regno di Dio (cf. CdA 635).
Un rapporto corretto con il creato
Certo, è importante che nell'uso delle cose non si perda di vista il loro valore relativo. Il Vangelo, dopo averci insegnato ad apprezzare le cose create e a rendere grazie a Dio per avercele date, ci ricorda a più riprese che sarebbe illusione e stoltezza conferire un valore assoluto a ciò che invece ha un valore limitato.
Che l'uomo si comporti spesso come un illuso e uno stolto di fronte ai beni creati, ce lo confermano le varie manifestazioni di idolatria, di arrivismo, di consumismo che contrassegnano anche la nostra epoca postindustriale. Quasi senza accorgersi, l'uomo si lascia guidare dalla mentalità dominante, secondo la quale la vita di una persona vale e si realizza nella misura dei beni che possiede. Ma quando le cose prendono il sopravvento sulla scala dei valori, allora si cede ai compromessi, alle invidie, alle gelosie, alle varie forme di concorrenza, all'ansia di avere sempre di più (CdA 428-429).
Allora si comprende perché Gesù, pur avendo una grande ammirazione per i beni creati, abbia usato espressioni roventi contro l'accumulo dei beni stessi, al punto da definire la ricchezza «disonesta» e «iniqua» (Lc 16,9). «Guardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia - ammonisce Gesù - perché anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12,15). «La ricchezza ha il potere di chiudere gli uomini alle richieste di amore e di scatenare le più svariate forme di ingiustizia e di sfruttamento» (CdA 145-147).
Qual è allora il rapporto corretto nei confronti delle cose create? L'uomo è chiamato a riconoscere la sua responsabilità di fronte al creato. «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi...? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli... gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi» (Sal 8,4-7). Dio ha messo il creato nelle mani dell'uomo, non perché l'uomo lo scialacqui o lo rovini, ma perché lo trasformi e collabori al compimento della creazione.
«Soggiogare la terra e dominare gli animali dell'acqua, dell'aria e del suolo vuol dire prendere possesso dell'ambiente e governarlo& Si tratta di rispettare l'ordine posto in essere dal Creatore e di svilupparlo a proprio vantaggio, scoprendo progressivamente e usando con responsabilità le risorse della natura, per soddisfare i bisogni propri, della famiglia e della società . È l'impresa grandiosa della scienza e del lavoro per umanizzare il mondo, farne la degna dimora dell'uomo, una casa di libertà e di pace» (CdA 1114).
Per il compimento di quest opera, Dio ha dotato l'uomo di sensibilità e di intelligenza, di forza e di libera decisione. Tutte le capacità che sono in lui, dunque, vanno viste come dono divino, per il suo compito di dare forma sempre nuova al mondo. L'uomo è chiamato a dare al mondo il volto del diritto e della giustizia. È questo il suo compito: fare sì che le cose create siano un bene per tutti e che siano impiegate in una prospettiva di solidarietà , di condivisione e di partecipazione (CdA 1125-1126).
La costruzione di un mondo nella giustizia passa attraverso la volontà di abbattere le sperequazioni esistenti nel mondo. I cristiani non possono tacere di fronte alle ingiustizie, allo sfruttamento incontrollato delle risorse della terra, all'accumulo dei beni nelle mani di pochi.
Essi sono chiamati a operare per il superamento di queste situazioni. Nello stesso tempo, sono chiamati ad annunziare la possibilità di un mondo più giusto e più fraterno attraverso la testimonianza dell'autentica carità .