Crisi, una sola via per uscirne

È la condivisione, non il denaro la risposta per recuperare prospettive di futuro. La strada da percorrere è quella della solidarietà.
11 Settembre 2012 | di

Secondo il rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro, i disoccupati nell’Eurozona sono 17,4 milioni, ma nel giro di quattro anni si toccherà la soglia dei 22 milioni, se verranno a mancare la condivisione e l’impegno degli Stati interessati nel cercare di superare le storture del mercato in vista del bene comune. Sono dati preoccupanti, cifre che fotografano la grande emergenza occupazionale che, dall’Europa, si va allargando anche ad altri Paesi. Un mondo globale deve interrogarsi sulla crisi e, insieme, sulle problematiche e sulle attese (affrontate in alcuni articoli di questo numero) che stanno vivendo le nostre comunità.
Il danno di un prolungamento della crisi economica e l’aumento delle tensioni sociali; la perdita di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni governative e politiche; i milioni di lavoratori non in attività e quelli i cui posti sono a rischio, richiedono provvedimenti e programmi specifici, a livello comunitario e internazionale, tali da invertire il trend negativo e rimettere in moto strategie che promuovano crescita e ripresa occupazionale.
In tale contesto, quale messaggio un mensile come il nostro può rivolgere ai suoi lettori? Cogliendo un’ispirazione evangelica, vorrei proporvi un pensiero sul «pane», che riemerge come bisogno primario dell’uomo, emblema e segno delle sue attese e aspirazioni. «Che cosa vi è di più tragico, che cosa contraddice maggiormente la fede in un Dio buono e la fede in un redentore degli uomini che la fame dell’umanità? (...) Non doveva e non deve il Salvatore del mondo dimostrare la propria identità dando da mangiare a tutti?», si chiede Benedetto XVI nel libro Gesù di Nazaret (2007) commentando l’episodio delle tentazioni nel deserto. La risposta è una sfida: nella storia, molte sono le lotte e le lacerazioni per la sicurezza del pane e per ciò che esso rappresenta; ma, soprattutto, nella storia delle comunità cristiane costanti sono state le aspirazioni alla condivisione del pane, per togliere intere popolazioni o singole persone da povertà endemiche e da situazioni di sfruttamento disumano. L’offerta del pane è, per chi ne è privo, dono di libertà e di dignità. Come porre, però, la condivisione come obiettivo politico e sociale nella vita di una società? Bisogna creare un’alternativa alle tendenze del moltiplicare e del possedere, in quanto esempi di mancanza di fede e di fiducia nella Provvidenza.
 
Gesù ha attuato due volte l’evento della moltiplicazione dei pani per dare una risposta anche al problema della fame materiale; il suo, però, è stato un gesto compiuto nel segno della condivisione. Gli apostoli erano a disagio quando Gesù mostrò il desiderio di dare un pane alle folle che l’avevano seguito: gli suggerirono di congedarle perché andassero nei villaggi e nelle campagne per trovare cibo. Chi offre i suoi cinque pani d’orzo è un ragazzo. E con quei pani avviene l’evento di una straordinaria condivisione che lascia a noi un insegnamento sui valori della solidarietà. Valori che di recente sono stati rilanciati nell’happening trentino Tonalestate 2012, dal titolo: One Way, vite dedicate. Per aprire un futuro, allora, c’è un’unica via che non è quella del denaro, ma quella intrapresa da chi «sa che non ci si deve mai rassegnare a una vita bell’e fatta e sa che si può, in terra, essere profondamente vicini, per avvicinarsi, insieme, al vero», come si legge nel manifesto del festival. Un appello a chi «è disposto a mettere a rischio la propria vita e la propria sicurezza per la verità, la giustizia e la pace».
 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017