Cristiani iracheni: un Natale di paura
Nonostante la crescente inquietudine in Iraq, i diplomatici occidentali sono ottimisti sulla possibilità che si svolgano presto elezioni democratiche nel Paese. Per i cristiani iracheni, prima finirà il conflitto e meglio sarà : il protrarsi della presenza delle truppe americane in Iraq provocherà altre persecuzioni dei cristiani, per i loro presunti contatti e collaborazione con l'Occidente.
In agosto, sei bombe lanciate contro i fedeli radunati nelle chiese cattoliche di Baghdad e Mossul, i principali centri cristiani, hanno ucciso undici persone e ferito più di cinquanta. È stato questo il primo consistente attacco contro la minoranza cristiana in Iraq e ha fatto nascere nei fedeli il timore di essere bersaglio perché ritenuti collaboratori della crociata americana contro i fondamentalisti islamici. Le bombe sono scoppiate tra le 6 e le 7 del mattino di una domenica, mentre i fedeli assistevano alla messa. L'ora e la precisione dell'attacco suggeriscono un piano ben orchestrato.
In una lettera al Patriarca dei cattolici caldei in Iraq, Emmanuel Delly III, papa Giovanni Paolo II ha fermamente deplorato le ingiuste aggressioni contro coloro il cui unico scopo è quello di collaborare per la pace e la riconciliazione nel Paese.
Il vescovo Andraos Abouna, portavoce del patriarca caldeo, ha descritto gli attacchi come un colpo al cuore della cristianità irachena. Prima di allora - ha continuato - le chiese erano l'unico posto dove i cristiani si sentivano veramente sicuri. Convinto che dietro l'attacco non ci siano musulmani iracheni, egli ha detto che cristiani e musulmani saranno, ora, ancora più vicini.
Nonostante i cristiani rappresentino solo il tre per cento dei 24 milioni di abitanti dell'Iraq, essi si considerano una parte integrante e indivisibile del Paese. Il vescovo, però, ha lanciato un allarme sulla forte emigrazione dovuta alle scarse condizioni di sicurezza. Negli ultimi vent'anni, il numero di cristiani nel Paese è diminuito di un terzo e ora essi sono appena 600 mila. A causa degli attacchi di agosto, i cristiani iracheni ora sono costretti a scegliere: se rimanere e affrontare la minaccia di altri attentati o fuggire lasciandosi alle spalle l'eredità degli antichi cristiani. Temendo la mancanza di leggi che li proteggano e l'irrompere del fondamentalismo islamico nel Paese, un gran numero di cristiani sta fuggendo nelle vicine Giordania e Siria. Nessuno sa con certezza quanti dei 750 mila cristiani abbiano lasciato il Paese dopo la caduta di Saddam Hussein, ma le stime parlano di decine di migliaia.
Fine a un periodo di tolleranza?
La gerarchia sciita irachena ha immediatamente deplorato gli attacchi alle chiese: l'ayatollah Ali al-Husseini al-Sistani, il religioso sciita più importante del Paese, li ha definiti reati ripugnanti che hanno minato l'unità , la stabilità e l'indipendenza dell' Iraq e ha chiesto che il governo e i cittadini lavorino insieme per porre fine alle aggressioni contro gli iracheni. Noi sosteniamo l'importanza di rispettare i diritti dei cristiani e delle altre minoranze religiose e riaffermiamo il loro diritto di vivere nel Paese, l'Iraq, in sicurezza e in pace, ha aggiunto.
Questo è un atto codardo e offende tutti gli iracheni, ha affermato Abdul Hadi al-Daraji - portavoce del clero sciita di Muqtada al-Sadr - alla televisione di Al-Jazeera. Sulla stessa lunghezza d'onda altri esponenti come il principe Hassan bin Talal, moderatore della Conferenza mondiale delle religioni per la pace che ha definito gli attacchi una sfida vera e propria verso il sacro messaggio del Corano e l'esempio del profeta Maometto stesso. Questa è il segno più evidente che gli esecutori non sono dei credenti, ma la feccia peggiore di una folle banda miscredente.
Tanti proclami di tolleranza religiosa non hanno frenato l'esodo dei cristiani. Secondo Emmanuel Khoshaba, portavoce del Movimento democratico della Siria ci sono attualmente in Siria diecimila cristiani iracheni, la maggior parte immigrata nei sedici mesi successivi all'invasione americana dell'Iraq.
Per i cristiani che rimangono, la situazione resta critica. Il vescovo Fernando Filoni, nunzio apostolico a Baghdad, rimasto in città nonostante la guerra, traccia un quadro desolante della vita nella città , evidenziando il grave degrado civile e morale della popolazione.
Il 5 ottobre scorso un gruppo di fondamentalisti islamici ha fatto irruzione nella casa di una famiglia caldea a Nineveh, vicino Mossul, urlando: Siamo venuti a sterminarvi. Questa è la fine per voi cristiani. Gli aggressori, dopo una colluttazione, se ne sono andati lasciando una vittima: Majed Sako, di dieci anni.