Cristiani in Israele: Tra fondamentalismi vecchi e nuovi

04 Novembre 1997 | di

Il possesso di un Vangelo potrebbe diventare, domani, 'attività  criminale'. Non parliamo della defunta Unione Sovietica, ma dell'Israele di oggi, dove se venisse approvato così com'è un progetto di legge contro le 'attività  e i materiali missionari' potremmo arrivare a simili paradossi liberticidi. La proposta è rivolta contro le iniziative di certe sette made in Usa - un loro esponente, Morris Cerullo, ha intasato le cassette delle lettere di Gerusalemme e Tel Aviv con opuscoli che invitano gli ebrei a convertirsi - ma, se non venisse emendata o respinta, le conseguenze potrebbero essere gravi per tutte le forme di espressione religiosa non ebraica. Il fatto che la proposta porti la firma non solo di deputati dei partiti religiosi ebraici ma anche di un laburista che dovrebbe essere di ispirazione laica, la dice lunga sull'influenza che gli haredim, i religiosi ortodossi o superortodossi, esercitano in questo momento su tutti gli ambienti e sulla politica.

I cristiani, i cattolici che vivono in Israele o nella parte di Palestina passata sotto il controllo delle autorità  palestinesi, rischiano di trovarsi fra l'incudine e il martello di due fondamentalismi opposti. Ritorno da una visita di un mese in quel paese con molte informazioni e testimonianze su questa difficile condizione.

Finalmente, a settembre è stato ratificato l'accordo tra Vaticano e governo israeliano sullo Statuto dei luoghi santi, ma c'è voluto un intervento specifico di Giovanni Paolo II sul primo ministro israeliano Netanyahu che, durante la sua visita al papa, nello scorso febbraio, aveva 'candidamente' dichiarato di ignorare tutto sull'argomento. Invece, un rapporto segreto di Uri Mor, il responsabile dei rapporti con i cristiani al ministero delle Questioni religiose, accusa i vertici delle chiese cristiane d'Israele, incluso il patriarca latino-cattolico, di essere diventati la 'punta-di-lancia delle attività  della autorità  palestinese contro il governo israeliano'.

In realtà , se si passa nell'altro campo, cambiano gli strumenti ma non la musica. Arafat si è sempre mostrato rispettoso verso i cristiani e la moglie, la bella e giovane Suha, di famiglia araba di religione cristiana-ortodossa, se per sposarlo ha dovuto abbracciare l'Islam, è stata vista periodicamente frequentare le chiese della sua confessione di origine. E cristiana è la portavoce dell'autorità  palestinese, Hanan Ashrawi. Ma fra i palestinesi è in espansione il movimento fondamentalista di Hamas, e dove arriva Hamas arriva l'intolleranza.

Così sembra sia stata varata una legge che condanna a morte qualsiasi palestinese che venda delle proprietà  a un non musulmano. Anche in questo caso la legge è rivolta esplicitamente contro i coloni ebraici, ma ha sollevato le proteste dei rappresentanti cristiani che si vedono ugualmente discriminare (la maggioranza dei cristiani e dei cattolici, per non dire la quasi totalità , sono arabi).

Altri casi appaiono più di un semplice campanello d'allarme. Nel villaggio galileo di Turan la Pasqua ortodossa è stata disturbata da giovani attivisti musulmani e, negli scontri che sono seguiti, un cristiano di 23 anni è stato battuto a morte. Nei lavori di restauro della moschea El-Khanha di Gerusalemme, prossima al Santo Sepolcro, i muratori hanno tranquillamente sfondato e annesso due stanze di un edificio confinante, appartenenti a un monaco cristiano-ortodosso momentaneamente assente.

È quindi comprensibile che i cristiani e i cattolici vivano in Terra Santa con più di un elemento di disagio ed emigrino volentieri. La loro percentuale è in costante diminuzione, ed è ora difficile trovare un centro o un villaggio dove siano maggioranza relativa: il caso più significativo è quello di Betlemme, dove da maggioranza che erano, sono scesi a minoranza del 35 per cento.

Paul Sylvestre, il francescano francese direttore della rivista 'La Terre Sainte', che visito nel monastero di San Salvatore, sede sociale della 'Custodia della Terra Santa' affidata appunto al suo ordine religioso, tende a non drammatizzare. Risponde che appare quasi legge naturale una diminuzione che è proporzionale più che in termini numerici, in quanto i cristiani appartengono alla parte di popolazione meglio istruita e con livello di vita medio, per cui cala la loro natalità  e trovano con maggiore facilità  lavoro più remunerato all'estero. Aggiunge però un elemento politico, dicendo che la mancanza di stabilità  per la situazione perdurante di attentati e di repressione può essere il maggiore incentivo a partire.

In effetti, analizzando meglio la situazione, tutti i cittadini di questa terra così centrale per i credenti nelle fedi monoteiste e non i soli cristiani, risultano oggi minacciati dall'incudine e dal martello degli opposti fondamentalismi.

Anche i cristiani hanno la loro parte di responsabilità . Alla fine del secolo scorso si creò fra i cristiani d'Europa una attesa messianica, per cui l'avvento del regno di Dio in terra si sarebbe avverato con la conversione degli ebrei. Un baronetto inglese di fede anglicana, sir Moises Montefiore, considerato un po' il fondatore di Gerusalemme-Ovest, arrivò con pacchi di sterline non solo per costruire, ma anche per convertire, e questo ha lasciato un ricordo sgradevole fra molti ebrei praticanti. Lo stesso filosofo-teologo russo Solovièv riteneva che la 'fine dei tempi' dovesse essere annunciata dalla conversione in massa al cristianesimo degli ebrei.

Passando ai nostri giorni, anche i quotidiani italiani hanno riportato il caso di quel frate arabo della chiesa di Santa Caterina d'Alessandria a Betlemme, che ha suonato le campane a morto perché una ragazza cattolica voleva sposare un giovane musulmano.

Padre Bartolomeo Sorge ha definito l'integrismo, il fondamentalismo 'tarlo della fede', perché rode e distrugge la fede dal suo interno. La vera minaccia non è la diversità  di fedi - Gerusalemme e la Terra Santa devono conservare gelosamente questo dono di essere luogo santo per le tre religioni che hanno un unico Dio in comune - ma l'insorgere dei fondamentalismi l'un contro l'altro armati. Finché la loro virulenza non sarà  vinta, a partire dall'interno delle stesse comunità  religiose, non potrà  esserci vera pace.

Padre Enzo Cortese insegna allo Studio biblico francescano situato alla seconda stazione della 'Via dolorosa', quella della flagellazione. Malgrado diffidenze e sospetti - il ministero israeliano delle Questioni religiose l'ha interpellato per controllare che non faccia opera di proselitismo - organizza incontri ecumenici fra cristiani, ebrei, musulmani. Parafrasando una famosa battuta di Salomone, mi dice: 'Se abbiamo una banconota in tre, non possiamo strapparla in tre pezzi, dobbiamo cercare piuttosto di condividerla'.

Nativ Gershom è un convertito dal cattolicesimo all'ebraismo, il suo nome è una specie di traduzione del nome originario italiano, Pietro Tagliavia. Si dichiara 'hared indipendente', cioè ebreo ortodosso non fondamentalista. Dice: 'In Israele dobbiamo ancora apprendere a distinguere fra i due piani, quello civile e quello religioso'. La confusione fra i due piani è appunto il terreno di cultura dei fondamentalismi vecchi e nuovi, nemici della pace.

 

   
   
Cristiani: una presenza in calo      

I cristiani, fra Israele e Palestina sotto autorità  araba, sono 170 mila e precisamente 130 mila entro i confini di Israele e 40 mila sotto l'autorità  nazionale palestinese. I cattolici sono un po' meno della metà , circa 72 mila, di cui 45 mila di rito orientale e 27 mila di rito latino. In stragrande maggioranza arabi. A Gerusalemme i cristiani sono solo 10 mila su una popolazione di 700 mila abitanti, metà  di loro cattolici.

Il calo percentuale risulta evidente se si considera che a metà  dell'Ottocento i cristiani, a Gerusalemme, erano un terzo della popolazione. La più alta natalità  si registra poi sia fra i       fondamentalisti islamici che fra gli haredim, gli ebrei ortodossi o superortodossi.

 

   
   

 

   
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Questo 'paradiso delle vacanze' è anche uno stato poliziesco, con molti prigionieri politici, come denuncia l'italiano Davide Grasso che ha trascorso un periodo in carcere, ma per motivi comuni.     

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Anche gli stati democratici hanno le loro pecche: la pena di morte è stata reintrodotta, dopo la sospensione di alcuni anni, e quattro condannati sono stati giustiziati per impiccagione       quest'anno.

 

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017