Cristiani, sentinelle della pace

Non basta dire di no alla guerra. Per costruire la pace occorre progettare un ordine economico, politico e giuridico mondiale più giusto.
01 Maggio 2003 | di

Se l'esito della guerra impari di Stati Uniti e Gran Bretagna contro l'Iraq, fin dall'inizio è sempre apparso scontato, non altrettanto si può dire delle conseguenze che, nel tempo, produrrà  nel mondo arabo e in Occidente. Sui circuiti televisivi internazionali tutti abbiamo visto, nella loro lacerante crudeltà , le immagini di una disperata situazione sanitaria, della mancanza di cibo, acqua ed elettricità : un'emergenza che ha spinto la popolazione ad atti di vandalismo e vendetta. Le conseguenze umane e sociali di questa guerra rimangono gravi, come grave rimane la crisi politica innescata dall'azione unilaterale di Stati Uniti e Gran Bretagna, a spese dell'Onu. Adesso quanto peseranno le Nazioni Unite nella ricostruzione dell'Iraq? Quanto pretenderanno per sé i falchi dell'amministrazione Bush e le multinazionali? Quanto tempo passerà  prima che il popolo iracheno possa ritornare democraticamente in possesso del proprio Paese, dissolvendo così l'incubo che una guerra di liberazione sia letta dal mondo arabo come una guerra d'occupazione?
Amare e profonde rimangono le ferite che questo conflitto ha aperto, contrapponendo sempre più l'Islam al mondo cristiano. C'è il rischio che per combattere il terrorismo si venga a spegnere ogni rapporto tra cristiani e musulmani, provocando reazioni aggressive da parte dei popoli del Medio Oriente anche contro chi offre loro aiuto e gesti di solidarietà . Iniziata con la prospettiva di una breve durata, questa guerra, come quella in Afganistan, ha dimostrato giorno dopo giorno, rischi e costi sempre più alti e una vastità  di campi di battaglia che si sono moltiplicati. Basti pensare al clima politico internazionale, ai rapporti con la Turchia, ai dieci milioni di curdi che vivono entro i suoi confini o, in dimensioni geopolitiche ancora più ampie, ad un'escalation che possa riguardare anche Siria e Iran, all'aggressività  che la guerra ha accentuato in Giordania, in Palestina e tra i tanti musulmani che vivono in Occidente.
Durante il conflitto in Iraq abbiamo assistito ad un crescendo di manifestazioni per invocare la pace. In ogni continente, milioni di persone sono scese nelle piazze ed hanno marciato lungo le vie delle loro città  esprimendo la loro sensibilità  contro la guerra. Questa sensibilità  è positiva, ma vorremmo che tale desiderio di pace si estendesse a tutte le guerre, e risvegliasse l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale, poco informata, verso tutti i conflitti che tuttora insanguinano vasti territori dell'Africa e dell'Asia. Nel mondo si contano una cinquantina di guerre solo per la gestione delle fonti energetiche e di sussistenza: non solo petrolio, quindi, ma anche acqua, la cui scarsità  è causa, ogni giorno, della morte di migliaia di persone.
Quando le guerre minacciano le sorti dei popoli, diviene un imperativo morale ineludibile quello di proclamare che solo la pace è la condizione per costruire un futuro più giusto e solidale per ogni singola nazione e per il mondo intero. Non basta dire no alla guerra; per costruire la pace bisogna progettare un ordine economico, politico e giuridico internazionale più giusto. Alta e autorevole è giunta, in questo contesto, la voce di Giovanni Paolo II che si è fatto più volte interprete dell'anelito di pace delle Chiese cristiane e di tanta parte dell'umanità . Nei suoi appelli il Papa ha cercato di illuminare le coscienze dei capi delle nazioni sulle gravi responsabilità  della guerra; ha riconfermato la sua fiducia nell'Onu che rimane, nei suoi limiti, l'unica autorità  internazionale; ha condannato infine ogni atto terroristico e la logica della guerra, anche quella preventiva, convinto che «mai la violenza e le armi possono risolvere i problemi degli uomini».
Come cristiani noi siamo invitati ad essere «sentinelle della pace», ad implorarla come speciale dono del Risorto. Una pace radicata in Dio, liberata da ogni ideologia e da ogni strumentalizzazione; una pace possibile, attesa e vicina all'uomo. 

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017