Cristo sarà nel Duemila?
A ognuno ha fatto una domanda diversa. A tutti, alla fine, ha chiesto in che modo il secolo ormai alle soglie sarà segnato dalla presenza di Cristo. Dalle cinquanta interviste raccolte da padre Vito Magno - nel volume Cristo sarà nel Duemila - vengono fuori gli aspetti meno conosciuti, forse quelli più veri, di uomini e donne celebri, volti noti del mondo dello spettacolo e della cultura. Ma chiediamo all'autore del libro, quale identikit delinea per il Cristo del Duemila? «È difficile dare una risposta. Mi sono proposto di cogliere, sebbene epidermicamente, il senso religioso dell'uomo di fine millennio a partire dalle opinioni di questi personaggi che tirano l'opinione pubblica, in campi diversi. In generale ho colto che, sebbene ignorato nella sua identità , la maggior parte cerca Cristo. Ignorato, Gesù Cristo è cercato. Questo mi ha portato al titolo: Cristo sarà nel Duemila. Può sembrare un titolo che dà sicurezze, ma è quanto emerge dalle risposte che mi hanno dato i cinquanta intervistati che ho selezionato dalle centinaia di pezzi che ho fatto per Radiorai e Radio Vaticana. Insomma, nessuno ha messo in discussione l'importanza di Cristo e della sua presenza in questa società . Non sappiamo 'come' sarà ma sentiamo e crediamo 'che sarà ', recita il sottotitolo».
Msa. Non c'è il rischio che questo bisogno di sacro esprima più la ricerca di sicurezza che quella dell'incontro con il Cristo?
Magno. Certo, c'è in tutti i personaggi laici, per chi non crede. Vittorio Messori dice che vede Cristo come persona viva e concreta: il cristianesimo è una persona, non un catalogo di precetti e credenze. Certo il cristianesimo così andrebbe presentato. La maggior parte degli intervistati identifica in Cristo tutti i valori, la ricerca della verità . Il problema è che il cercarlo non significa agire di conseguenza. C'è una divisione tra quello che si vede come vero e giusto e quello che si vive.
Allora, forse, Buddha sarà nel Duemila, in Oriente sarebbe potuto andare bene lo stesso?
Le persone che ho intervistato vivono nell'area cristiana, e in qualche misura hanno il «dna cristiano». Certo, se avessi rivolto queste domande a persone dell'estremo oriente si sarebbe potuto mettere Buddha nel titolo, però solo a metà , per i personaggi che sono espressione del mondo laico, non per quelli che sono strettamente religiosi.
Ha riscontrato delle affinità nel tipo di approccio al mondo del sacro da parte dei vip che ha incontrato?
C'è un rapporto di grande attenzione al mondo del sacro. Qualcuno mi ha confidato che si sente felice quando riesce a far passare nella sua vita i valori cristiani, nonostante tutte le difficoltà . Questo me lo ha detto Zeffirelli, che ha fatto il film più noto al mondo sulla vita del Gesù. Lui stesso ha pianto nella scena della passione. È accaduto durante un dibattito alla Radiovaticana: gli facemmo rivedere la scena e si commosse e con lui tutta la troupe. Queste persone il Vangelo lo conoscono, sono più o meno tutti uomini di cultura, ne sentono l attrattiva e il disturbo magari di esserne lontani. Mi ha detto Gassman: «Non sono ancora sulla via di Damasco, anche se il problema della fede si riaffaccia con intermittenza. Il mio atteggiamento rientra in quella ricerca di Dio che accompagna la vita di chiunque abbia un poco di serietà ». Ecco, mi sembra molto onesto. Ogni personaggio parte dal suo specifico. Per esempio Lucio Dalla dice: «Mi sono avvicinato ai Salmi da laico, da artista, e ho avuto la conferma della forza del credere a livello di comunicazione. I Salmi nascono perché la parola acquista questa potenza che si traduce, per così dire, in violenza del linguaggio, che si fa passione come passionale è l'atteggiamento del credere rispetto all'atteggiamento, tutto sommato, disincantato e scarsamente forte di chi non crede». Dalla dice che vede Cristo nel poveri: «Credo in Dio perché il mio Dio è il Dio che riconosco negli uomini, nell'umanità , è il Dio che riconosco nei poveri, nella gente che ha bisogno di aiuto e che considero comunque, anche oggi a duemila anni di distanza, gli uomini del domani».
Oltre al tema dei poveri, quale altro è stato ricorrente?
Tanti. Per esempio la giustizia, sottolineata da Giancarlo Caselli, al quale ho chiesto quale poteva essere il contributo della comunità cristiana per una maggiore affermazione della giustizia. E lui ha risposto che «c'è un problema di condividere, di interessarsi agli altri uscendo dal perimetro e dal recinto delle proprie comodità ; c'è un problema di attenzione ai piccoli, agli ultimi, e questa forse è soprattutto giustizia. Il ruolo delle comunità cristiane su questo versante è assolutamente insostituibile: si tratta di abitare il territorio, di essere presenti con la proposta, se necessario con la denuncia, con la partecipazione, la condivisione, rinunciando ciascuno alle proprie comodità , ai propri riti che alzano steccati in mezzo agli altri; rinunciando ai compromessi, alle deviazioni, al quieto vivere, cercando di abitare il territorio, il che non significa occupare, non significa necessariamente contrapporsi agli altri, ma contrastare quelle illegalità , quella sopraffazioni, quelle forme di sfruttamento, di dominio del territorio che sono sicuramente contrarie alla realizzazione di quella giustizia che è scritta nel Vangelo e che naturalmente deve essere, a mio modestissimo avviso, obiettivo della comunità cristiana».
Un altro tema che è tornato è quello della comunicazione. A Enzo Biagi ho chiesto: «Se dovesse intervistare Cristo, cosa gli chiederebbe?»; e il solito Biagi, che con una battuta centra il problema, ha risposto: «Se si guarda attorno non ha l'impressione di essersi impegnato tanto con così scarsi risultati?». Sergio Zavoli, invece, sulla nuova evangelizzazione ha detto che «si può intendere come portare il Vangelo a popoli che non sono stati toccati dalla grazia di Dio. Chi vuole evangelizzare oggi, però, credo debba toccare il mondo dei saperi e dei poteri: sono queste le fonti di tutti i beni e, in un tempo, di tutti i mali che possono derivare all'umanità . Questa secondo me è l'evangelizzazione del terzo millennio».
Più esplicitamente di Cristo nel libro parlano i testimoni. Chi l'ha colpita di più?
Mi sembra opportuno ricordare, a questo proposito, l'intervista a madre Teresa di Calcutta. Le ho chiesto come fanno coloro che sono privi di tutto a capire che la loro povertà maggiore consiste nell'esser privi di Cristo. Mi ha risposto: «Un giorno abbiamo raccolto un uomo per strada e il suo corpo era coperto di vermi. Quando lo abbiamo portato nella nostra casa, sa cosa ci disse? 'Sono vissuto nella strada come un animale, ora morirò come un angelo, assistito e amato'. Come le nostre suore si presero cura di lui, il modo con cui lo toccavano... era evidente che erano consapevoli di toccare il corpo di Cristo.
Dopo che lo ebbero lavato, pulito e dopo aver pregato per lui, il poveretto alzò gli occhi e disse: 'Sorella, sto andando a casa dal Signore. Sto andando a casa di Gesù'. E morì». Non c'è bisogno che parlino, i testimoni fanno. Così per don Mazzi: «Cosa resta di Cristo, oggi», gli ho chiesto. «È come trovarsi in un grande venerdì santo. Vedo Cristo preso in giro, gente che taglia a brandelli il suo manto; vedo banditi che lo deridono, vedo qualcuno che lo avvelena. Vedo anche noi, suoi discepoli, dispersi. È un grande venerdì santo! Però, come tutti i venerdì santi, anche se abbiamo paura, sappiamo di esser figli della resurrezione». E sappiamo cosa significa «fare resurrezione» per lui che aiuta tanti ragazzi a uscire dal giro della droga... A don Oreste Benzi ho chiesto del Gesù Cristo vissuto nella sua vita sacerdotale e lui fa un esempio di incarnazione nel mondo giovanile: «Si dice che i giovani debbano venire da noi. Parole al vento! Perché non andiamo noi da loro? Io lo faccio in moltissimi happening giovanili, soprattutto con cantautori. Mi calo in mezzo a loro, anche nelle discoteche. E non mi tolgo la tonaca, neanche per sogno! Insieme a loro, ma senza confondermi con loro. E loro mi vogliono così, perché attendono da me 'la parola' che non trovano altrove. E questa parola è Gesù Cristo».
Lei ha sottolineato molto testimonianze «eccezionali». Ha anche qualche intervista che parla di più alla quotidianità , esperienza di una fede «normale»?
Ho scelto di prendere persone note. Certo volendo avrei trovato tanti anonimi che fanno opere di bene, ma ho scelto gli opinion leader proprio perché si pende dalle loro labbra quando parlano, o scrivono o sono in tv. E spesso vengono fatte loro interviste veramente povere, banali. Mi sono divertito a fare domande serie e ho visto che ci stanno ben volentieri e danno risposte intelligenti quanto meno. Comunque c'è qualcuno, qualche testimone un po' più vicino alla gente: è Chiara Amirante, una ragazza che ha scritto anche dei libri, giovanissima. Tutto nacque da una malattia che ebbe mentre stava per laurearsi in scienze politiche: non sapeva neanche lei da dove cominciare a fare il bene. Chi vuole iniziare vada dove lo spinge il cuore, come direbbe la Tamaro. Lei andò alla stazione Termini. E ha iniziato a dare aiuto ai disperati... e molti si sono avvicinati a Gesù Cristo. Questo può essere un cammino che può fare chiunque, basta avere l'intenzione di vedere Gesù Cristo nella gente che si incontra.
Molte persone da lei incontrate, sono state coinvolte negli eventi realizzati in occasione dei grandi raduni di giovani cattolici. La fede celebrata in piazza è realmente evangelizzazione o rischia di essere qualcosa di effimero?
Alcuni di questi personaggi li ho intervistati molto prima che si esibissero in questi raduni. Per dire che in trent'anni di attività ho forse orientato l'attenzione verso questo mondo. Come sacerdote, oltre l'intervista, cerco di mantenere i contatti con la persona anche dopo, di annunciare il messaggio di Cristo. Quando questi personaggi esibiscono in pubblico la loro fede, fanno, a mio parere, un lavoro anche migliore di quello che può fare un prete durante l'omelia domenicale. È una strada da percorrere. Vedo che anche i personaggi quando espongono se stessi in pubblico in questo modo, ne ricavano un bene. La conversione di un opinion leader è una bomba atomica.
L'Abbé Pierre: i due volti di Gesù C ome sì può guardare oggi a Cristo? Vorrei dire che oggi Gesù, Dio fatto uomo, è realtà totalmente diversa da quella che conosciamo attraverso i Vangeli, che ci parlano dell uomo Gesù, Verbo fatto carne e vissuto tra noi. Una realtà diversa, perché oggi Gesù è il Gesù risuscitato, corpo glorioso. Il problema che colpisce è che proprio questo Cristo glorioso, che entrava attraverso le pareti del cenacolo, sia il Gesù che deve essere assimilato nella nostra vita spirituale. Il Gesù che noi incontreremo nell'altra vita sarà questo Gesù risuscitato e corpo glorioso. Il Gesù di oggi è il Gesù eterno, Verbo del Padre, in contemplazione dell'amore e nell'amore dello Spirito. Noi parliamo, comunichiamo con il Signore che non è quello che conosciamo nella sua vita terrena. L'importante, quindi è immettersi in questo contesto di comunione e di amore con Gesu che vive nell'amore del Padre.
Enzo Biagi: nessuno come lui Chi è per lei Gesù Cristo? È il più grande personaggio che sia comparso sulla terra. Nei trentatré anni della sua vita ha predicato un messaggio che non mi pare sia stato superato da altri. Ha insegnato l'amore per gli altri, il senso della giustizia. Sapeva parlare alla gente. Ha inventato le parabole, ha considerato gli uomini protagonisti di un grande regno. Vittorio Gassman: tempo di ricerca Come vede Gesù Cristo? Non sono ancora sulla via di Damasco, anche se il problema della fede si riaffaccia con intermittenza. Il mio atteggiamento rientra in quella ricerca di Dio che accompagna la vita di chiunque abbia un poco di serietà . Certo questa problematica mi si affaccia spesso; credo che sia normale per uno che pian pian invecchia e che, come tutti, ha conosciuto anche i suoi momenti di debolezza. Dopo tante inesattezze sulla mia presunta e variamente commentata «conversione», vorrei dire che sono un laico; ma la trascendenza, o meglio il bisogno di conoscenza del mistero di Dio, è l'essenza più forte della mia vita. E mi gratifica immensamente pensare di aver recitato in piazza San Pietro per un Papa che mi piace, forte, ecumenicamente aperto. Mentre la mia voce diceva: «Tu, Signore del tempo e della storia, ci hai posti sulla soglia del terzo millennio cristiano», pensavo anche che ammiro nel nostro Papa il coraggio del dolore, la forza di superare la fatica del tempo e della malattia.
TESTIMONIANZE DAL VOLUME
CRISTO SARà NEL DUEMILA
Eppure la sua vita di uomo si svolse nel perimetro di pochissimi chilometri. Immaginavo il Golgota una grande salita, invece, andando in Terra Santa, ho visto una salitella che non avverti neanche. Ma se pensi a questo uomo con una croce sulle spalle, simbolo dell'innocenza e dell'intolleranza, c'è da rimanere senza fiato Non conosco niente che ci sia stato dopo di lui di più originale, di più terribile, di più consolante.