Custodi della memoria storica

L’Italian Australian Institute è una «joint venture» tra l’università La Trobe di Melbourne e la Grollo Ruzzante Foundation. Obiettivo: salvaguardare il patrimonio culturale della comunità italiana.
11 Novembre 2011 | di

In alcune nazioni, dagli Stati Uniti all’Argentina, dal Canada all’Australia, la presenza italiana costituisce un capitolo importantissimo della storia nazionale, che merita di essere conosciuto e protetto. In questi Paesi del «nuovo mondo» non vi sono archi d’Augusto, arene e templi; ma vi sono palazzi, grattacieli, ferrovie, strade, ponti, imprese, scoperte scientifiche e una miriade di illustri personaggi che fanno onore all’Italia. Con l’intento di valorizzare la presenza degli italiani in Australia, fare ricerche e pubblicare opere concernenti comunità e persone che hanno dato un contributo significativo a questo Paese, è nato nel 2002 lo Iai, l’Italian australian institute: una joint venture tra l’università La Trobe e la Grollo Ruzzene foundation di Rino e Diana Grollo. Nella sua forma e nei suoi programmi è il risultato di una «raccomandazione» scaturita dal congresso «Gli Italiani verso il nuovo millennio», tenutosi a Melbourne nel maggio del 2000, anch’esso voluto e finanziato dalla fondazione Grollo Ruzzene. Come sede è stato scelto il campus dell’università La Trobe che vanta una lunga storia di apprezzamento per la cultura italiana, di studio accademico della nostra lingua e di ricerca di ogni aspetto dell’emigrazione italiana nell’arco di due secoli.
Grollo,
mecenati moderni
 
Diana e Rino Grollo sono i maggiori finanziatori dell’Italian australian institute. Il loro è un bell’esempio di mecenatismo: il mondo dell’impresa edile che incontra e promuove la cultura. Con il gruppo «Equiset», ora gestito dal figlio Lorenzo, sono proprietari di Rialto Tower, il grattacielo divenuto simbolo di Melbourne.
Nel 2005 hanno creato il Premio Grollo Ruzzene, con una dotazione di 15 mila dollari australiani in libri che contengano riferimenti alla presenza italiana in Australia o, più in generale, ai rapporti tra Italia e Australia. La fondazione contribuisce generosamente a varie organizzazioni caritatevoli, come l’ospedale dei bambini, la casa di riposo e di cura Centro Assisi, l’Open family per giovani senza tetto, la Galleria nazionale del Victoria, il Newman college di Pakville (presso la Melbourne university); finanzia, poi, borse di studio per ricerche sull’emigrazione italiana e la pubblicazione di tesi di laurea e libri. Una borsa di studio di 6 mila dollari, ad esempio, è stata offerta per un lavoro di ricerca sulla storia della presenza della comunità sarda nello Stato del Victoria, ricerca condotta in collaborazione con l’Associazione culturale sarda (Sca) di Melbourne. 
Nel 2007 l’università Cattolica di Melbourne ha conferito a Rino Grollo il dottorato honoris causa. In quell’occasione, il rettore professor Peter Sheehan ha affermato che questo imprenditore d’origine italiana ha saputo trovare il perfetto equilibrio tra il successo nel campo degli affari, la devozione per la fede e la famiglia, il coinvolgimento comunitario, il contributo a enti di beneficenza e la passione per le arti. Nel 1999 Rino Grollo ha ricevuto l’onorificenza di Grand’ufficiale al merito della Repubblica Italiana. Il padre Luigi era emigrato dalla nativa Cusignana (Treviso) nel 1928, e nel 1950 si era messo in proprio nell’edilizia, creando una piccola azienda. I figli Bruno e Rino la portarono, con il nome di «Grocon», ad altissimi livelli di produzione, fino a farla diventare la maggiore compagnia di costruzioni edili d’Australia. Diana Ruzzene è nata nel 1948 a Mure, un paese a circa trenta chilometri a nord di Venezia. Nel 1955 Diana, sua madre, le due sorelle e i tre fratelli si sono trasferiti a Melbourne per riunirsi al padre Giovanni, emigrato quattro anni prima. Nel 1970 Diana ha sposato Rino Grollo. Dal loro matrimonio sono nati quattro figli. Nel 1993 si è laureata in Lettere Moderne, indirizzo storico, presso la La Trobe university e, nel corso degli studi accademici, ha maturato la passione per la ricerca in relazione al mondo dell’emigrazione italiana in Australia. Fino ad oggi ha pubblicato tre libri: due sulla comunità dei trevisani d’Australia, e un terzo – Growing throught the brick floor (tradotto, poi, col titolo di Noi gente d’emigrazione) – in cui ricerca la storia della propria famiglia dalle origini fino all’emigrazione e alla vita in Australia; un volume che, ancora oggi, viene considerato dalla critica storica locale come uno dei testi più validi sulle realtà dell’emigrazione italiana in Australia. A Diana è stata conferita l’onorificenza di commendatore al merito della Repubblica Italiana.
Genovesi,
da Milano a Melbourne

Il direttore dello Iai è il professor Piero Genovesi. A lui è stato affidato l’arduo compito di trovare un posto per ogni cosa. Genovesi, che sovrintende la catalogazione, è laureato in Lettere Moderne all’università Statale di Milano; si è sposato con una giovane australiana, Margherita, conosciuta, sempre a Milano, in ambito universitario. È emigrato in Australia nel 1977. Nel 1982 ha iniziato il suo lungo periodo di insegnamento dell’italiano all’università La Trobe, fino al 2002, quando lo stesso ente accademico gli ha affidato l’incarico di occuparsi dell’Italian australian institute.
«Il nostro obiettivo – afferma Genovesi – è quello di documentare la presenza della comunità italiana in Australia in tutti i suoi aspetti, realizzare e commissionare ricerche, pubblicare opere di interesse storico e comunitario, incentivare nei giovani la passione per la ricerca tramite borse di studio e pubblicazione di titoli meritevoli. Abbiamo ereditato la raccolta completa degli archivi dei Padri scalabriniani di Melbourne e Sydney, che costituiscono una fonte inesauribile di informazioni su tutto ciò che è stato detto, fatto e scritto sull’emigrazione italiana in Australia e nel mondo in un arco di tempo di oltre 60 anni; abbiamo in giacenza gli archivi della Federazione cattolica del Victoria e del Queensland; migliaia di fotografie, riviste e libri. La nostra biblioteca vanta un catalogo di oltre 8 mila volumi ed è in continua espansione: possediamo importanti raccolte di libri e documenti donati da professionisti, come quella di Emilio Bini, per molti anni direttore dell’Ice, l’Istituto per il commercio estero, e dello scrittore Pino Bosi. A tutto ciò si aggiungono lasciti di Club e Associazioni che decidono di chiudere la loro attività, oltre a videocassette, dischi e oggetti di ogni genere che hanno un valore forse un po’ nostalgico, ma certamente documentale. Sono per lo più “quelle poche cose care” che ogni emigrante metteva in valigia prima di affrontare il suo viaggio verso l’ignoto».
È stato siglato anche un accordo di collaborazione tra l’Italian australian institute e l’Istituto di Geografia umana dell’università di Milano: lo Iai ha finanziato la traduzione del romanzo storico Cammina con me, Elsie di Flavio Lucchesi, frutto di una ricerca appassionata sulle condizioni di vita degli italiani (in questo caso emigrati dalla Valtellina) oggetti di razzismo, negli anni Trenta, nella sperduta città mineraria di Kalgoorlie, nel Western Australia, e successivamente finiti nei campi d’internamento durante la Seconda guerra mondiale. 
Sotto la lente
della storiografa

Il filone letterario che si ispira all’emigrazione è inesauribile, e può essere sfruttato per scrivere poesie, romanzi, autobiografie; per raccogliere profili di personaggi, racconti di avventura e successi nelle arti, nel commercio e nello spettacolo. Il materiale si presta a essere plasmato con facilità. Ma il punto forte e delicato di questa letteratura è quello di riuscire ad associare due elementi importanti: la serietà della notizia (e quindi una base di ricerca accurata) e lo stile piacevole che calamiti l’attenzione del lettore. Riesce perfettamente a tenere presenti le due esigenze Annamaria Cortese Davine, storiografa di Melbourne – fa parte della Professional historians association – che ha focalizzato i suoi studi sull’emigrazione italiana a partire dalla sua tesi di dottorato: Italiani e italo-svizzeri nella miniere d’oro di Walhalla 1895-1915. L’Italian australian institute le ha commissionato e pubblicato altre tre opere: una sui veneti della regione agricola del Gippsland (lei stessa è originaria di Conco, sull’altopiano di Asiago); una è la storia dei cinquant’anni di presenza in Australia della Congregazione delle suore pastorelle (Edificare Comunità); la terza è la storia del Coro Adriatico, il più famoso fra i cori maschili italiani in Australia.
Attualmente sta consultando, con un gruppo di collaboratori, tutta la documentazione che riguarda il Fogol`r Furlan di Melbourne, uno dei primi sodalizi sociali del dopoguerra, che rappresenta un esempio di rinnovamento nella continuità di un’associazione italiana. Annamaria saprà estrarre da una montagna di informazioni scritte e di fotografie, un libro sostanzioso e brillante, destinato a raccogliere i piccoli rivoli delle storie di ogni persona, ogni famiglia, ogni comunità.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017