Da grande farò l’astronauta
Da bambino ho sempre sognato di fare l’astronauta. Sono sempre stato affascinato dall’infinito, dall’illimitato, da quello che a prima vista si può solo intuire… Così, quando qualche tempo fa su «Rai News» ho ascoltato una bella intervista all’astronauta Samantha Cristoforetti, aviatrice e ingegnere oltre che prima donna italiana nello spazio, sono tornato con la mente a quella sensazione e la mia curiosità si è subito accesa. Tra le numerose domande dei giornalisti, ce n’è una che mi ha stuzzicato particolarmente: «Samantha, che cosa vedi da lassù?», le ha chiesto un’inviata. «Beh, questa è una domanda complessa − ha risposto l’astronauta −. Nello spazio non ci sono confini, non ci sono cartine geografiche che definiscano dei limiti fisici così come avviene sulla Terra. Quassù tutto è privo di margini, non ci sono separazioni, la realtà è indefinita e va ben al di là delle forme». Allora ho cominciato anch’io a viaggiare nel blu e a pensare a come, tra cielo e terra, si disegni continuamente lo spazio delle nostre relazioni, alle cartine geografiche che, quaggiù, ci creiamo intorno. Le linee non sono solo immaginarie. Se la persona mette un paletto tra sé e l’altro che ha di fronte, ecco, infatti, che si disegna subito una prima linea. E lo stesso accade se la seconda linea viene tracciata tra sé e chi le si siede accanto, o se il paletto si pone tra sé e ciò che sta al di sopra, compreso Dio. Ben presto ci accorgiamo che, linea dopo linea, la persona avrà costruito intorno a sé una gabbia e che i paletti si sono trasformati in sbarre. Le nostre personali «cartine geografiche» finiscono spesso per trasformarsi in vere e proprie «cartine tornasole», cioè diventano indicatori universali delle nostre paure e dei nostri pregiudizi; paletti statici e ben radicati a terra, proprio come le sbarre di una prigione. I confini entrano nei rapporti, nelle culture, nelle religioni, nel nostro modo di guardare… Samantha ci insegna che è possibile guardare il mondo da un’altra prospettiva, fuori da ogni linea di demarcazione, nello spazio, dove siamo soli a fare i conti con la nostra libertà e Origine. Dall’esterno, ampliando i confini, il mondo ci appare tutto nuovo, multiforme, in movimento, per certi versi indecifrabile e per questo ancora più bello e interessante. Perché siamo noi, di fatto, a costruire la nostra gabbia di sicurezze, la nostra «prigione». Siamo noi a decidere come spostare le linee, che cosa mettere o non mettere tra noi e gli altri, a inventare geografie. La risposta della nostra viaggiatrice galattica ci riporta non solo sui territori della diversità, ci mette a confronto con tanti altri contesti. Come la scuola, che non può essere educativa se non è capace di uscire dalle classi; come la politica, che non può dirsi sociale se non allarga lo sguardo all’insieme; come la cultura, che non può dirsi tale se non si confronta con l’altro da sé. E voi, per spostarvi a zonzo per lo spazio, usate le cartine o il navigatore GPS? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.