Dagli Usa al Brasile per parlare coi giovani

Da pochi mesi vescovo di Bridgeport, in Connecticut, monsignor Franco Caggiano ha tenuto ai giovani della Gmg di Rio tre apprezzate conferenze sul rapporto tra uomo e Dio.
18 Settembre 2013 | di
Lo scorso luglio monsignor Franco Caggiano, da qualche mese vescovo di Bridgeport (Connecticut), è partito da New York – dove allora ricopriva il ruolo di vescovo ausiliare di Brooklyn – con destinazione Brasile. Il motivo? La Giornata mondiale della gioventù (Gmg) 2013, che dal 23 al 28 del mese ha attirato migliaia di giovani, molti anche di origine italiana, nella repubblica sudamericana.
Per l’occasione, il prelato – scelto dalla commissione catechetica dei vescovi americani – ha tenuto tre conferenze in inglese nel santuario mariano di Aparecida a San Paolo, dove anche papa Francesco ha fatto tappa.

Dopo aver ragionato su una visione di Chiesa più aperta, sulla lotta contro le ingiustizie e sul concetto di speranza, il vescovo ha invitato i giovani a presentare le proprie idee su Gesù e sulla fede. «Sono stato ispirato da papa Francesco, un Pontefice che tanto ammiro per il suo amore verso i poveri, per la sua disponibilità verso la gente, per la sua abilità nel vedere Dio presente in ogni cosa, per la rinuncia al potere e per il desiderio di riformare la Chiesa che tanto ama», ha spiegato nella sua prima conferenza monsignor Caggiano.

Nato nel 1959 da Arnaldo e Gennarina, oriundi per l’appunto di Caggiano, in provincia di Salerno, fin da giovane il vescovo di Bridgeport si è distinto per rigore e levatura intellettuale. Dapprima nel liceo gesuita Regis di Manhattan (New York), poi all’Università di Yale (in Connecticut) dove, vinta una borsa di studio, si è diplomato in scienze politiche, quindi all’Università Gregoriana di Roma da cui è uscito con un dottorato in teologia dogmatica. Visto il curriculum accademico, nonché l’esperienza di conferenziere alle Gmg di Sidney e Madrid, Caggiano anche quest’anno si è dimostrato persona adatta per parlare di Dio ai giovani.
 
Fede, questione di libertà
Dopo aver commentato l’enciclica di Francesco Lumen Fidei e aver assistito con circa un milione e mezzo di pellegrini alla Messa celebrata dal Pontefice nella Basilica della Madonna di Aparecida, monsignor Caggiano si è rivolto ai giovani e ha chiesto loro il motivo che li spinge a credere in Dio.

Tra la folla, Anthony Agnello, studente di ingegneria elettronica all’Università di New York, con radici palermitane e napoletane, ha risposto che la fede in Dio gli è stata donata dai genitori. Più precisamente, dalla madre che gli ha insegnato a pregare. Decisivo nel cammino verso la Chiesa è stato anche – sempre a detta del ragazzo – il rapporto con gli amici di scuola, nonché quello con l’Italia, dove basta aprire gli occhi per assaporare molte testimonianze di fede. «Qui in Brasile, pregando e socializzando con giovani venuti da tutto il mondo, ho capito l’importanza della libertà religiosa, che diamo per scontata. Ma una cosa è praticare la fede in privato, altra cosa poterla proclamare in pubblico» ha sottolineato Anthony.
L’intervento del vescovo ha poi sottolineato che la fede è il grande dono divino che Cristo ha fatto alla Chiesa. Senza una salda fede in Gesù, il cristiano è privo di sostegno, in balìa dei mutevoli insegnamenti del tempo, di falsi maestri che gli propongono nuovi valori e che vogliono costruire un mondo senza Dio. «Oggi – ha precisato il vescovo di Bridgeport – esiste un inquinamento delle idee e dei costumi che può condurre alla distruzione dell’uomo».

Per una Chiesa missionaria
Nella sua seconda conferenza a Rio monsignor Franco Caggiano ha ripreso alcuni passaggi delle omelie del Papa, sottolineando soprattutto le parole e i gesti di Francesco che disegnano una Chiesa missionaria, capace di aiutare la gente a cercare e venerare l’unico Dio, a battersi per la giustizia e per mettere i giovani nelle condizioni di avere una buona formazione e un futuro dignitoso.

Sono obiettivi che anche il pubblico della Gmg ha condiviso, come nel caso di Paola Migliore, figlia di milanesi, studentessa di teologia e pedagogia all’Università di St. John nel Queens (New York): «Mi è piaciuto quando il Papa, in un discorso tenuto sulla spiaggia di Copacabana, ci ha ricordato il mandato fondante di Gesù: “Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni”. Questo ci obbliga ad avviare un dialogo con tutti, perché la Chiesa che trasmette il messaggio della rivelazione di cui è depositaria è il luogo della presenza di Dio in tutti gli uomini, e il luogo dove si manifesta la salvezza. Amare Cristo, dunque, significa amare la Chiesa. La Chiesa esiste per Cristo, per continuare la sua presenza e missione nel mondo: come ci ha ripetuto Francesco, essa non è una semplice associazione, ma un’autentica comunione. È inoltre madre, perché col battesimo ci dà la vita divina, con l’eucaristia ci fa partecipi al sacrificio redentore di Gesù e con gli altri sacramenti ci santifica e ci trasmette il dono dello Spirito Santo».
 
Combattere le ingiustizie
La terza conferenza tenuta durante la Gmg brasiliana il vescovo Caggiano l’ha dedicata alle varie questioni che mettono in pericolo la vita delle persone e delle nazioni, quali le posizioni sulla famiglia, sull’omosessualità, sull’aborto, sull’eutanasia, sulla pornografia, sul disordine sessuale, sulla violenza, sull’uccisione degli innocenti, sullo sfruttamento dei poveri e dei migranti, sulla conservazione dei feti umani a scopo di ricerca e di donazione degli organi, e su tutto l’ambito della manipolazione genetica. Ribadendo la posizione del Pontefice – secondo cui una morale non può sussistere, se non si fonda su una legge superiore all’uomo –, il vescovo di Bridgeport ha precisato che «la verità non è qualcosa, ma Qualcuno e il criterio della verità non è l’uomo ma è Dio; vi sono valori umani e valori spirituali e questi ultimi non si possono confondere con i primi. I valori umani sono sovente minacce per i valori spirituali».

Un punto di vista, quello di papa Francesco e di monsignor Caggiano, condiviso da molti giovani del pubblico, tra cui lo studente di medicina di origini catanesi Vincent La Rocca e l’aspirante cuoco di origini pisane Anthony Cervasio, iscritto alla Suny Delhi di New York. «La cultura della vita – ha specificato quest’ultimo – è prima di tutto un interesse per l’uomo. Se la cultura non è al servizio della persona è una cultura morta».

In conclusione, monsignor Caggiano ha esortato le nuove generazioni a far tesoro delle parole pronunciate dal Santo Padre: «Il vostro impegno è custodire il deposito della fede stando vicino a Gesù e alla sua Chiesa, assistendo i vostri amici, proteggendoli contro le false posizioni morali propagandate dalla società, e sopratutto rendendovi testimoni di un’autentica vita cristiana».
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017