Dalla vita. La chiesa secondo la gente

Che cosa pensano gli italiani della chiesa? Ecco alcuneinteressanti risposte.
10 Luglio 1997 | di

Credono? Certo che credono! Dicono di credere. Forse credono... di credere. Fatto sta che gli italiani sono un popolo apparentemente pio: l'84 per cento dichiara di credere in Gesù Cristo. Tantissimi, se si pensa che dei rimanenti solo il 2,8 per cento non crede che esista alcun Dio, mentre il 2,7 si dice in ricerca e all'1,8 la cosa non interessa. Sì, siamo un popolo di credenti.

Lo afferma una ricerca accuratissima promossa dall'Università  Cattolica di Milano, con ben 312 domande rivolte, tra il maggio e il giugno del 1994, a 4500 italiani, e confluite nel volume 'La religiosità  in Italia' (Mondadori 1995). Ovviamente, tra il dire e il praticare (e l'essere) la distanza è variabile. Spesso è assai ampia e ricca di contraddizioni; le più clamorose riguardano ciò che gli italiani pensano della chiesa cattolica. Di quell'84 per cento di credenti in Cristo, il 53,5 crede anche negli insegnamenti della chiesa, mentre il 30,5 ci crede solo in parte. Ma a una domanda specifica ('La chiesa cattolica è voluta e assistita da Dio?') solo il 34,8 per cento si dice molto d'accordo, il 30 abbastanza, e il 35,3 per niente. Contraddizione palese. E come se non bastasse, altra domanda di verifica e altra contraddizione. 'In sintesi - viene chiesto agli italiani - qual è il suo giudizio complessivo sulla chiesa cattolica in Italia?'. Per il 47 per cento è senz'altro positivo, incerto per il 25,8, e negativo per il 27,2.

Che cosa pensano, dunque, gli italiani della chiesa fondata da quel Gesù Cristo in cui quasi tutti ripongono fiducia? E quale immagine ne hanno? Negli ultimi tempi è accaduto un fatto curioso: la chiesa, lo sappiamo, esiste per annunciare il Vangelo. Ciò che fa, dall'animazione liturgica alla carità , dall'educazione all'impegno culturale, è in funzione dell'evangelizzazione. Sono tanti i modi per declinarla; ciò dovrebbe essere chiaro specialmente dopo il concilio, e invece la chiesa, per molti, coincide con l'aiuto a chi ha bisogno e a chi soffre. È, insomma, una via di mezzo tra una gigantesca Caritas e una colossale Croce Rossa. Lo pensa il 66,2 per cento degli italiani. Educare i giovani viene al secondo posto. Annunciare il Vangelo al terzo. Definire in modo chiaro ciò che è bene e ciò che è male è solo l'ultima di undici risposte possibili. 'La chiesa - è la conclusione del sociologo Franco Garelli - sembra essere considerata e valorizzata assai più per le funzioni sociali che per quelle specificamente religiose'.

Perché ciò accade? In parte è la chiesa stessa che ha molto accentuato la sua presenza sociale. Le calamità  nazionali (terremoti, alluvioni...), la droga, l'immigrazione, l'assistenza ai malati terminali... Sono tante emergenze in occasione delle quali la chiesa ha saputo intervenire con competenza, generosità  e tempestività , tanto da meritarsi la fiducia dei cittadini. In parte, però, la responsabilità  è dei mass media.

Chi ha analizzato il problema (si veda, ad esempio, gli Atti del convegno della facoltà  teologica dell'Italia settentrionale 'La chiesa e i media', Glossa 1996) non ha difficoltà  a dimostrare, dati alla mano, che giornali e televisione si occupano della chiesa solo in due casi: quando i protagonisti sono il papa e alcuni vescovi, insomma le figure istituzionali; oppure 'la chiesa della testimonianza e dell'impegno sociale', ossia i parroci-coraggio, i preti antidroga, e così via. 'Ai media - scrive don Gianni Ambrosio - non interessa la religione feriale, e non interessa neppure il dibattito argomentato sulle questioni religiose'. Il pubblico si adegua: la comunità  che prega, celebra e annuncia, siccome sui giornali e in Tv non si vede, neppure esiste.

 La parola di Dio

Una forza che trasforma

Gesù inizia la sua missione in Galilea con un annuncio programmatico: 'Il regno di Dio si è fatto vicino'. Nei suoi gesti di liberazione e di guarigione, interpretati dalla sua parola, il regno di Dio irrompe nella storia umana e porta a compimento le promesse bibliche di salvezza per tutti gli esseri umani. Ai suoi discepoli, che egli chiama a seguirlo, propone uno stile di vita che corrisponde alla logica del regno di Dio. Agli stessi discepoli chiamati a rendergli testimonianza nelle prove e persecuzioni di un mondo ostile, Gesù promette il dono dello Spirito Santo. Prima della sua ascensione al cielo egli rinnova questa promessa. Questo dono corrisponde al 'battesimo nello Spirito' annunciato da Giovanni Battista. Nel giorno di Pentecoste i discepoli di Gesù, mentre sono riuniti a Gerusalemme, ricevono il dono dello Spirito Santo che li rende capaci di comunicare il Vangelo nelle lingue e culture dei popoli. Dunque, la chiesa progettata da Gesù nasce a Pentecoste con l'effusione dello Spirito Santo, che è il compimento delle promesse bibliche per il tempo messianico.

Per cogliere l'originalità  della chiesa animata dalla Spirito Santo si deve partire dalla promessa fatta da Gesù ai discepoli prima della sua ascensione celeste. Nell'incontro con gli Undici a Gerusalemme, dove Gesù si fa riconoscere come il Signore risorto e vivo, egli apre loro la mente per comprendere le Scritture. Quindi traccia il programma della loro missione futura che abbraccia tutte le nazioni. A partire dalle Scritture i discepoli devono proclamare a tutte le genti che 'il Cristo doveva soffrire e risuscitare il terzo giorno'. Quelli che credono e si convertono, nel suo nome riceveranno il perdono dei peccati. Perciò Gesù risorto invita i discepoli a restare a Gerusalemme finché non saranno rivestiti di potenza dall'alto.

La stessa promessa viene ripresa all'inizio del secondo libro di Luca, gli Atti degli apostoli, dove l'autore ricostruisce la storia della nascita e della crescita della chiesa. Nell'ultimo incontro con Gesù risorto i discepoli gli chiedono: 'Signore è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?'. E Gesù risponde che i tempi e le modalità  del compimento delle promesse riguardanti il destino di Israele è riservato all'iniziativa libera e gratuita di Dio. Invece egli affida ai discepoli il compito di essergli testimoni con la forza dello Spirito Santo che scenderà  su di essi. Si tratta di una testimonianza che partendo da Gerusalemme si estende 'ai confini della terra', cioè abbraccia i figli di Israele e tutti gli altri popoli.

La Pentecoste

Questa promessa di Gesù si compie a Pentecoste, nel 'cinquantesimo' giorno che porta a compimento il tempo pasquale. Sui discepoli riuniti e concordi nella preghiera con Maria, la madre di Gesù, e i fratelli di lui, scende lo Spirito Santo. Il vento impetuoso che riempie la casa dove si trovano i discepoli rappresenta la potenza divina irresistibile dello Spirito. Le lingue di fuoco che si posano sui singoli discepoli sono l'immagine della comunicazione personale dello Spirito di Dio. Sotto l'impulso di questa forza essi parlano ai giudei dispersi nelle varie nazioni del mondo e convenuti a Gerusalemme per la festa di Pentecoste. Quelli che li ascoltano sono stupiti perché li sentono annunziare nella propria lingua nativa 'le grandi opere di Dio'.

Pietro allora, a nome degli altri discepoli, dichiara che questa effusione dello Spirito corrisponde alla promessa di Dio per il tempo messianico. Nel popolo di Dio tutti riceveranno il dono dello Spirito per essere ' profeti', cioè per proclamare l'azione di Dio che salva tutti gli esseri umani per mezzo di Gesù Cristo Signore. Il primo discorso di Pietro a Gerusalemme davanti ai giudei è un esempio di questo annuncio evangelico sotto l'azione dello Spirito Santo. Egli rende testimonianza a Gesù di Nazaret, condannato a morte dagli uomini, ma risuscitato da Dio. Il dono dello Spirito è la conferma che Gesù è intronizzato alla destra di Dio. Pietro conclude il suo primo annuncio con l'invito a riconoscere Gesù crocifisso come il Signore e il Cristo costituito da Dio. I giudei che sono colpiti dall'annuncio e dall'appello di Pietro e che si fanno battezzare nel nome di Cristo ricevono il perdono dei peccati e il dono dello Spirito Santo. Nasce così, a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste, la prima chiesa.

L'autore degli Atti la presenta come il prototipo di tutte le comunità  cristiane. Egli, infatti, ne definisce lo statuto spirituale in questi termini: 'Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere' (At 2,42). L'ascolto della Parola testimoniata dagli apostoli è la condizione per alimentare e vivere la fede come adesione al Signore. A sua volta, essa si esprime e attua nella 'comunione fraterna'. La moltitudine dei credenti, dice l'autore, 'aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà  quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune' (At 4,32). Nella prima chiesa di Gerusalemme si realizza l'ideale della fraternità  - 'un cuore solo' - e dell'amicizia - 'un'anima sola' - a livello di rapporti interpersonali e di condivisione dei beni. Quest'ultima esperienza, ispirata e animata dallo Spirito Santo, dà  compimento alla promessa fatta da Dio al popolo della prima alleanza che ascolta la sua voce: 'Non vi sarà  alcun bisognoso in mezzo a voi' (Dt 15,4). Nella chiesa nata a Pentecoste la spontanea condivisione dei beni materiali, distribuiti a ciascuno secondo il bisogno, esprime la comunione di fede e dei cuori.

L'ascolto della Parola e la comunione fraterna sono inseparabili dalla 'frazione del pane', che avviene nelle case dove i discepoli mangiano insieme con 'letizia e semplicità  di cuore' (At 2,46). In questo clima nasce spontanea la preghiera come lode a Dio e invocazione. La preghiera è la condizione per restare aperti all'azione dello Spirito Santo che abilita i discepoli a rendere testimonianza a Gesù con fiducia e franchezza anche in mezzo alle minacce e all'ostilità  dell'ambiente. Infatti, il dono dello Spirito accompagna la vita della chiesa, che cresce e si espande per mezzo della proclamazione della Parola. Dopo l'annuncio del Vangelo da parte di Filippo viene comunicato ai battezzati di Samaria il dono dello Spirito grazie all'intervento degli apostoli Pietro e Giovanni. Anche sui pagani, riuniti in casa di Cornelio a Cesarea marittima per ascoltare l'annuncio di Pietro, scende lo Spirito Santo come sui primi discepoli a Gerusalemme.

In altre parole, si può dire che lo Spirito Santo, promesso da Gesù risorto ai discepoli, viene comunicato da Dio come 'forza' che li rende capaci di comunicare il Vangelo nella lingua e nella cultura dei vari popoli. La forza dello Spirito Santo sostiene la testimonianza coraggiosa e libera degli apostoli e fa nascere, mediante l'annuncio del Vangelo, la chiesa nei vari ambienti etnico-culturali. La presenza e l'azione dello Spirito Santo nella prima chiesa interpellano la chiesa di oggi e le offrono i criteri per riconoscerne i segni. In una società  che tende alla 'frammentazione' e al 'conformismo' nei modi di pensare e di vivere, i credenti convocati dalla forza dello Spirito Santo rendono presente e attiva la sua forza unificante e il suo dinamismo interiore che rende libere le persone.

 Il catechismo degli adulti

Parrocchia la chiesa sottocasa

di Lucio Soravito

Chi osserva la chiesa in modo superficiale non vi coglie immediatamente l'azione dello Spirito. Ma chi guarda con occhi di fede alla vita quotidiana delle singole comunità  e vi cerca i segni di questa divina presenza, può constatare che lo Spirito di Dio è in azione ogni giorno, per fare dei credenti il corpo 'reale' di Cristo nel tempo.

In passato, quando si parlava dello Spirito Santo, si tendeva a ridurlo a un 'assistente'. Si diceva infatti: 'Il concilio è infallibile per l'assistenza dello Spirito Santo'; 'Il papa, quando parla 'ex cathedra' sui problemi di fede e di morale, è infallibile, perché è assistito dallo Spirito Santo'.

Il catechismo degli adulti [da cui sono tratte le citazioni, ndr] ci ricorda che lo Spirito Santo non solo 'assiste' la chiesa, ma la costruisce: 'La chiesa vive per il dono dello Spirito Santo, accolto con umiltà  e fede dai seguaci di Gesù Cristo'. Lo Spirito Santo non solo è 'dentro' la chiesa, ma la crea. La chiesa non è solo il tempio dello Spirito, ma prima di tutto è la sua creatura. 'La chiesa è popolo santo, consacrato da Dio. Il suo capo, Cristo, la unisce a sé e la vivifica con il dono dello Spirito; la rigenera incessantemente con la sua parola e i sacramenti; le comunica la forza della carità , partecipazione alla vita stessa di Dio'.

Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, prolunga la sua incarnazione in noi e diventa nella comunità  principio di 'vita nuova'. 'Tutti i fedeli ricevono lo Spirito; tutti sono incorporati a Cristo mediante il battesimo, tutti sono figli di Dio, fratelli tra di loro, eredi della vita eterna... Tutti cooperano a edificare la chiesa e partecipano alla sua missione universale di salvezza'.

Una chiesa tutta 'carismatica'

Questo nuovo modo di vedere la chiesa non è senza conseguenze. Nel passato l'unica struttura della chiesa sembrava essere quella giuridica: tutto era sotto i canoni del 'potere' gerarchico. Il catechismo degli adulti ci fa scoprire che la prima struttura della chiesa è quella carismatica: tutto è sotto l'ottica della grazia, dello Spirito Santo e dei suoi doni.

I doni dello Spirito vengono 'incanalati' al servizio dell'intera comunità  mediante i sacramenti. Questi sono gli strumenti privilegiati dell'azione dello Spirito nella chiesa, mediante i quali egli svela e promuove il senso più profondo della vita dell'uomo, orientandola a Dio e al servizio dei fratelli. Perciò la seconda struttura della chiesa, subalterna a quella carismatica, è la struttura sacramentale.

Tra i carismi dello Spirito c'è anche il carisma della 'guida della comunità ', ordinato al servizio dell'unità  mediante l'ordine sacro. Questo carisma ha il compito di cooperare strettamente con lo Spirito Santo nel costruire la comunione ecclesiale, regolando l'esercizio dei 'doni dello Spirito' dei singoli battezzati.

Tutta la vita della chiesa è posta così sotto l'ottica della grazia: tutto è dono e tutto deve essere donato. E questa 'vita donata' è gestita dall'unico e medesimo Spirito di Dio.

Segno e strumento di unità 

La chiesa nasce a Pentecoste come 'comunione di vita' e, grazie all'azione dello Spirito, cresce come comunità  di ascolto, di preghiera, di condivisione, di annuncio. In essa è delineata l'identità  ideale di ogni vera comunità  cristiana. La chiesa è la comunità  dei credenti in Cristo: 'comunità  concreta, fatta di uomini in carne e ossa, santi e peccatori, riuniti sotto la guida dei pastori, nella condivisione dei beni spirituali e materiali, dove il mistero pasquale del Signore è proclamato con la predicazione, attualizzato nell'eucarestia e negli altri sacramenti, vissuto nella carità '.

La chiesa è animata dallo Spirito Santo per essere nel mondo 'segno della Trinità ' e 'strumento di unità '. Perciò essa deve configurarsi come comunità  di fede, di preghiera e di carità , ma soprattutto di rapporti fraterni: 'De questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per altri' (Gv 13,35).

Per questo la comunità  ecclesiale, nella sua vita e nella sua azione, seguirà  criteri diversi da quelli degli altri gruppi umani: 'Adesione libera, corresponsabilità  di tutti, autorità  come servizio, correzione e aiuto fraterno, rinuncia a reagire con la violenza al male subìto, attenzione preferenziale agli ultimi e superamento delle discriminazioni sociali. Nella misura in cui assumerà  questi lineamenti, la comunità  cristiana contribuirà  efficacemente a costruire la pace sulla terra e sarà  immagine credibile della comunione trinitaria delle persone divine'.

Una chiesa in molte chiese

Lo Spirito muove la chiesa diffusa nel mondo verso l'unità , pur nella varietà  e ricchezza delle razze, etnie, culture e lingue, per fare di essa una potente forza di pace tra le nazioni: 'I seguaci di Gesù, che umilmente accolgono lo Spirito di Dio, riescono a edificare la comunione fraterna nel rispetto della libertà  e nella varietà  delle culture. Lo Spirito scardina le chiusure del particolarismo e apre orizzonti sempre più vasti'.

Ma la chiesa, pur essendo 'una e universale', ha anche una dimensione particolare o, meglio, si manifesta in ciascuna chiesa particolare o diocesi. Nella diocesi 'è veramente presente e opera la chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica' (Lumen gentium, 26). La diocesi a sua volta si articola in una molteplicità  di parrocchie. Queste sono l'espressione più immediata e visibile della comunione ecclesiale. Anch'esse rappresentano in certo modo la chiesa visibile stabilità  su tutta la terra.

La parrocchia 'è la chiesa posta in mezzo alle case degli uomini... Vive e opera profondamente inserita nella società  umana, e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi'. È chiamata a promuovere rapporti umani e fraterni, a essere la casa aperta a tutti e al servizio di tutti o, come amava dire papa Giovanni XXIII, 'la fontana del villaggio, alla quale tutti ricorrono per la loro sete'.

Spetta alla parrocchia raccogliere il popolo di Dio nelle celebrazioni liturgiche, conservare e ravvivare la fede della gente di oggi, annunciare il Vangelo e promuovere le opere di carità .

Per essere segno e strumento di comunione, la parrocchia è chiamata a sviluppare un clima fraterno di comunicazione e di corresponsabilità , a valorizzare i carismi personali e le esperienze associative, a promuovere i vari servizi ecclesiali, a sollecitare la partecipazione attiva di tutti.

Una chiesa nello Spirito

di Giacomo Panteghini

Il secondo anno di preparazione al giubileo del duemila concentra l'attenzione sullo Spirito Santo operante nella chiesa e nella storia quale forza divina di unificazione e di comunione. In questo modo si delinea con più concretezza anche la missione della chiesa, chiamata a seguire e a rendere visibile l'azione dello Spirito in questo mondo ancora evidentemente troppo babelico (il 'villaggio globale' è solo una scorza esteriore che copre un sostrato tribale, che tende a esplodere un po' ovunque, con le sue tendenze nazionaliste, separatiste, neocolonialiste, ecc...). Un mondo in cui circolano fin troppe informazioni (spesso deformate, manipolate e pilotate da poteri oscuri), ma in cui vi è ben poca comunicazione autentica.

Il richiamo allo Spirito Santo vuole essere anche una indicazione per la correzione di rotta di questo mondo al bivio tra progetti di comunicazione (per ora affidati più alle tecnologie che al cambiamento delle coscienze e delle culture) e tendenze alla frammentazione.

Gli Atti degli apostoli ci dicono che il Cristo risorto si rende presente nella sua chiesa attraverso due agenti: uno divino, lo Spirito Santo, l'altro umano, il gruppo dei discepoli, chiamati a seguire il soffio dello Spirito. Di fatto, sin dai suoi primi passi la chiesa si sviluppa obbedendo al comando del Risorto: 'Andate, annunciate il Vangelo a ogni creatura'. E lo fa seguendo le indicazioni dello Spirito che la spinge a uscire dallo stretto guscio del mondo ebraico per aprirsi al mondo pagano, al mondo intero, destinatario della buona novella.

Fin dalla Pentecoste è lo Spirito la forza che vivifica, unifica, riconcilia, riattiva la comunicazione. Sullo sfondo c'è la dura realtà  di Babele, ancora oggi così evidente: una umanità  divisa, incapace di comunione, 'drogata' di informazione ma incapace di autentica comunicazione. E in questa umanità  la chiesa è chiamata a farsi strumento dello Spirito, luogo di comunione e di dialogo fraterno.

Farsi strumento dello Spirito significa rompere la tendenza, così radicata in noi, all'accaparramento (sia pure della salvezza) e al dominio. Significa fare attenzione all'azione di questo Spirito nel cuore di ogni uomo e della storia, cogliere i germi di verità  e di bontà  che la grazia semina ovunque. Significa rendersi capace di cogliere i 'segni dei tempi', le tracce, cioè, dall azione dello Spirito nel cuore dell'uomo e della storia. Per coltivare questi 'semi del Verbo' aiutandoli a raggiungere il loro pieno sviluppo. Una chiesa che si pone in questo atteggiamento sente la necessità  di ascoltare i richiami dello Spirito presenti nelle diverse religioni, nelle culture, nel mondo.

Su questa capacità  di ascolto si fonda il dialogo nella chiesa e della chiesa. Le basi di una teologia del dialogo sono state magistralmente tracciate da Paolo VI nell'Ecclesiam suam. In questa enciclica Paolo VI traccia i celebri quattro cerchi del dialogo, a partire dall'esterno: dialogo con il mondo ('con tutto ciò che è umano'), il dialogo con le religioni non cristiane ('con i credenti in Dio'), il dialogo con i non cattolici ('con i cristiani fratelli separati'), e infine il dialogo 'all'interno della chiesa cattolica'. È evidente che su quest'ultimo cerchio si forgia la capacità  dialogica e si gioca la credibilità  anche ai livelli precedenti. Frutto di questa impostazione sono i testi conciliari sul dialogo: la Gaudium et spes, specie i nn. 19-21, (dialogo con il mondo), la Nostra aetate (dialogo con i non cristiani), la Unitatis redintegratio (dialogo con i cristiani non cattolici); come pure i tre segretariati romani per il dialogo, creati allo scopo di dare continuità  agli orientamenti voluti dal concilio. Questo modo di intendere la missione della chiesa in dialogo porta ad aprirsi maggiormente al mondo, al nuovo, al futuro in tutte le sue dimensioni.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017