Dall'Abruzzo al pianeta rosso

Si chiama Gaetano Di Achille, ha tretatré anni ed è originario di Montorio al Vomano, vicino Teramo. In Italia non trovava lavoro. Poi, in Colorado, ha fatto la scoperta della vita.
16 Ottobre 2009 | di

Denver
Nome: Gaetano. Cognome: Di Achille. Età: 33 anni. Città di nascita: Teramo. Segni distintivi: un grande amore di nome Marte.
Si potrebbe sintetizzare in una sola riga la straordinaria avventura di un giovane scienziato italiano che, ancora una volta, l’Italia si ritrova a rimpiangere, nella sua miopia burocratica. L’ennesimo «cervello in fuga», quello targato Di Achille, seppur contrassegnato da una flebile speranza di tornare nella penisola tra qualche anno e dopo tante soddisfazioni scientifiche.
Quella di Gaetano, in effetti, è la storia di un ennesimo enfant prodige, che, a pochi anni dalla laurea e dalla specializzazione, ha legato il suo nome a una tappa straordinaria dell’astronomia: la scoperta di un lago sul pianeta Marte. Si tratta di un invaso, lungo 57 chilometri in una valle che si distende per 1.300 chilometri, nota come Shalbataba Vallis e larga mediamente una ventina di chilometri.
La scoperta ha fatto il giro del mondo, mettendo fine alle tante teorie che negli anni si erano andate costruendo intorno all’ipotesi di un bacino acquifero presente sul «pianeta Rosso». La ricostruzione al computer dello scienziato italiano, elaborata secondo un rigoroso modello matematico, è impressionante: sul fondo di un avvallamento brillano chiaramente le acque di un lago, la cui esistenza risale, però, ad almeno tre miliardi di anni fa.
«In certi punti – spiega Gaetano – il lago raggiungeva una profondità di 450 metri e, al suo interno, vi erano gigantesche conoidi. L’invaso era alimentato da un corso d’acqua con una portata paragonabile alla quantità che possiede un fiume terrestre di medie dimensioni».
I risultati dello studio condotto dall’equipe di Di Achille, pubblicati sulla rivista «Geophysical Research Letters», sono stati ottenuti facendo ricorso a immagini prese con la fotocamera HIRISE (High Resolution Imaging Schience Experiment). Lo strumento è stato collocato sulla sonda spaziale che la Nasa ha messo in orbita intorno a Marte ed è capace di scattare immagini ad altissima definizione a una distanza di 300 chilometri. Grazie ad esse, il ricercatore italiano ha potuto accertare che la presenza d’acqua ha scavato sulla superficie di Marte un canyon lungo circa 50 chilometri, sul cui fondo sono stati depositati sedimenti che formano un grande delta. Questo delta, così come altri sedimenti che circondano il bacino, dimostrano l’esistenza di un grande specchio d’acqua.
Quelle raccolte dal giovane studioso italiano vengono definite, dalla Scienza, prove di valore assoluto. Ma per arrivare al traguardo, Di Achille ha dovuto trasferire il suo bagaglio di studi all’Università del Colorado, nonostante la presenza, presso l’Università «D’Annunzio» di Chieti, della International Research School of Planetary Sciences (IRSPS), diretta dal professor Gian Gabriele Ori, un astrofisico di fama internazionale.
«Sono laureato in geologia – spiega Gaetano – e vivo da un anno a Boulder, in Colorado, dove lavoro, presso il Laboratory for Atmospheric and Space Physics (LASP). Il luogo è bellissimo. Siamo ai piedi delle Montagne Rocciose e il paesaggio, in parte, ricalca quello che ho lasciato in Abruzzo, all’ombra del Gran Sasso».
Di Achille ha iniziato il suo percorso professionale con un dottorato internazionale (a Barcellona) in Scienze Planetarie ed Esobiologia, concentrando la sua ricerca proprio sull’individuazione di possibili laghi su Marte, oltre che di zone per l’atterraggio di future missioni rivolte alla ricerca di vita sul pianeta. Chiamato a lavorare per l’agenzia spaziale tedesca, a Berlino, Di Achille ha potuto accedere ai dati della missione europea «Mars Express» e presentare le sue ricerche alla Lunar and Planetary Science Conference di Houston, in Texas.
«Sono cresciuto in una città che da molti anni ospita un osservatorio astronomico a Colle Urania. Da piccolo ho sviluppato una passione per l’astronomia. I miei studi, invece, si sono indirizzati sulle Scienze Geologiche all’Università di Bologna e, in seguito, a Chieti. Dopo aver conseguito il dottorato in ricerca e dopo un ulteriore anno come ricercatore precario, ancora all’Università di Chieti, vista la mancanza di prospettive, ho deciso di cercare lavoro all’estero. Ho mandato una domanda all’Università di Boulder e mi hanno offerto una posizione nel loro organigramma. Dopo un semplice colloquio mi hanno offerto di fare una ricerca finanziata dalla NASA, ovvero di redigere la mappa geologica di una regione di Marte che si chiama Terra Meridiani».
Una storia, quella di Gaetano Di Achille, che ormai fa parte della mobilità globale, quella di chi sceglie di lavorare in settori specializzati o nella ricerca universitaria.
«Ai giovani italiani – dice – che vogliono intraprendere una carriera nella ricerca, e magari puntare a un alto livello, suggerisco di mettere in conto vari periodi di ricerca all’estero. Solo così infatti, si può progredire, visitando vari istituti e laboratori e collaborando con colleghi di tutto il mondo. Credo, infatti, che la mobilità internazionale debba rappresentare una buona porzione della vita di un ricercatore. Solo dopo aver raggiunto la maturità professionale ci si può stabilire in una sede definitiva».
Trasferitosi in Colorado con la moglie Benedetta Di Giovanni, il ricercatore italiano non si fa travolgere dallo strepitoso successo della sua scoperta, pubblicata e ripresa dai mass media di tutto il mondo, e ammette di non essere ancora del tutto abituato a vivere nella nuova realtà americana.
«Non è stato facile – spiega – abbandonare la famiglia, gli amici e i posti dove sono cresciuto. Da abruzzese, sono legatissimo alla mia terra e mi mancano anche i prodotti tipici della cucina. In compenso, devo dire che qui in Colorado, e a Boulder in particolare, si vive molto bene. La natura è bellissima, ci sono varie attività da fare all’aperto e per molte cose non si sente molto la mancanza dell’Italia. Ho avuto modo di conoscere altri italiani a Boulder oltre che nella zona metropolitana di Denver. C’è una discreta comunità italiana qui. Hanno un sito web, una newsletter, e organizzano vari eventi di aggregazione. Io non vado alla specifica ricerca di connazionali, ma se li incontro sono felice di stare con loro». La scoperta eccezionale ottenuta dall’astrofisico abruzzese non si esaurisce con la pubblicazione dei dati scientifici. La ricostruzione al computer, elaborata secondo un rigoroso modello matematico, è infatti il tassello di un progetto di più ampia portata.
«Questa è la prima prova inequivocabile dell’esistenza di linee costiere su Marte – spiega ancora Di Achille –. La loro identificazione, accompagnata da prove geologiche certe, ci permette di calcolare con esattezza sia le dimensioni, sia la profondità del lago, che pare essersi formato oltre tre miliardi di anni fa. Il lago, secondo la nostra ipotesi, evaporò oppure si ghiacciò molto rapidamente, a causa di un improvviso e drastico cambiamento climatico. Sarà il primo obiettivo della futura missione verso Marte. Lì si nasconde la chiave del passato biologico del pianeta».
L’Abruzzo non ha dimenticato il suo giovane genio. Montorio al Vomano, paese di residenza del geologo, gli ha consegnato un riconoscimento.
«Nonostante le tante gratificazioni – conclude Di Achille – e una vita che offre standard qualitativi ottimali, io continuo a sentire la mancanza del timballo, di un bel bicchiere di Montepulciano e degli arrosticini».

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017