Danke, Sardinien!
La comunità regionale partecipa all'evento di Essen, «Capitale europea della cultura 2010», con la vitalità delle sue associazioni e una tradizione mineraria legata a quella del Bacino della Ruhr.
20 Settembre 2010
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Oberhausen
La comunità sarda di Oberhausen può andare fiera della propria storia. Una storia d’emigrazione, dolore e sacrificio, iniziata verso la metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. Da Carbonia, Iglesias, Ingurtosu, Segariu, Ierzu e Orani fino a Oberhausen, dove si scende nel ventre profondo di una patria sconosciuta per staccare carbone o lavorare agli altiforni. I Gastarbeiter sardi raccolgono gratitudine e riconoscimenti sia da parte dei luoghi d’origine che dalla città in cui si sono stabiliti. Sembra lontano lo spettro della disoccupazione. Dimenticati, forse, gli accordi bilaterali tra Italia e Repubblica Federale Tedesca, del dicembre 1955, che distribuivano speranze, ma anche illusioni, a tutta la Penisola.
Oberhausen è uno dei maggiori centri minerari e metallurgici del Bacino della Ruhr ovvero di quella metropoli che si estende da Dortmund a Duisburg, chiusa tra l’omonimo fiume e il Rhein-Herne Kanal. Nel 2010, raccogliendosi attorno a Essen, questo bacino ricco di carbone e metalli, celebra il proprio passato e presente come Capitale europea della cultura, valorizzando un patrimonio prezioso e unico di storia e architettura industriale. In questa occasione la comunità sarda di Oberhausen è, in modo significativo, l’unica collettività italiana chiamata a partecipare all’evento mettendo in mostra il fertile gemellaggio Oberhausen-Carbonia, intervenendo con i suoi emigranti, con le prime e le seconde generazioni, prendendo parte attiva a diverse manifestazioni. Dal Concorso letterario Litaward 2010 (il cui tema è Anni luce), a ArtWins con Disegna il tuo futuro, disegna i tuoi sogni; dallo scambio giovanile Multi 2010 all’evento Feuerland – Region of Vulcan in calendario fino alla fine di novembre e Nel ventre della Terra, dove risaltano come partner la Regione Sardegna, la Cineteca Sarda e la Società umanitaria di Alghero-Cagliari-Carbonia. Mentre teatro e musica vengono offerti da diverse Associazioni sarde. Maura Saddi, assessore alla Cultura del Comune di Carbonia, ha detto, a proposito delle coinvolgenti iniziative di quest’anno che «la notevole partecipazione di giovani, artisti e associazioni culturali del territorio, costituisce motivo di grande soddisfazione per l’amministrazione di Carbonia. Chi partecipa alle specifiche iniziative viene a contatto con una realtà di scambi e di esperienze a livello internazionale, formativa sia sul piano culturale che psicologico».
La tradizione mineraria sarda, con l’arrivo dei primi minatori, si amalgamò con quella del Bacino della Ruhr. A Oberhausen, ma anche a Essen, Bochum e Dortmund, giunsero dall’isola migliaia di minatori spinti in Germania e in Belgio dalla crisi che colpì la Sardegna. Sui diversi percorsi dell’emigrazione, pronunciando la rituale Adiu, chercos de Sardigna (Addio, querce di Sardegna) come ricorda Gavino Ledda, anche lui tentato dall’espatrio nel 1957, si «sparsero le braccia» che avrebbero trasformato lontane regioni del pianeta. Sino agli anni Settanta del secolo scorso vivevano a Oberhausen più di 400 famiglie sarde. Ora sono circa 200. Nei ghetti che si formarono tra il 1956 e il 1980, la cultura e la lingua sarda si rinsaldarono. Franco Sogus, presidente del Circolo Sardo Rinascita di Oberhausen, dove giunse nel 1970, racconta: «La nostalgia e il bisogno degli altri ci aiutarono a tenerci uniti. Nella lingua e nelle tradizioni trovammo il collante sociale e culturale».
«La società mineraria ci metteva a disposizione gli alloggi: quattro per stanza. Io scesi in miniera il 27 settembre 1956, quando nacque il mio primo figlio maschio», racconta Franceschino Carta. Luigi Deiana, dopo aver portato la famiglia a Oberhausen, ricorda di aver lavorato a cottimo, ma «lavorare in un pozzo tedesco non era come faticare nella miniera sarda. Qui avevo guanti e ginocchiere. Si era organizzati e il caposquadra ci invitava a riposare».
Carta, Deiana, Serra, Corona e Caredda sono cognomi storici dell’emigrazione e della presenza sarda nel Bacino della Ruhr. Gianni Manca, presidente della Federazione dei 15 Circoli sardi in Germania, impegnato nella preparazione del Quinto congresso del 22-24 ottobre a Stoccarda, con il presidente del Circolo Sardo Rinascita, rileva l’importanza della rete associazionistica sarda in Germania: «Siamo molto attivi – sottolinea Manca –: questa rete associativa ci permette un continuo contatto con la Sardegna, con quella cultura, lingua e tradizioni a cui nessun sardo emigrato ha mai rinunciato». La Regione è molto sensibile verso le comunità all’estero. Favorisce i gemellaggi tra città, esportando cultura, tra modernità e tradizione. A Oberhausen, la Regione finanzia un corso di lingua e cultura italiana con conferenze sulla cultura sarda. Inoltre mette a disposizione borse di studio e soggiorni in Sardegna per i giovani delle nuove generazioni, avvicinandoli alla patria dei genitori, aiutandoli a riscoprire radici che affondano in un ricco e antico humus culturale.
«Il volontariato ci consente di adoperarci per finalità sociali e culturali. Conosciamo le fatiche e gli sforzi della prima generazione di emigranti sardi giunti nel Bacino della Ruhr – ci informa il presidente della Federazione Circoli Sardi in Germania –. A loro dobbiamo molto, come la creazione del Circolo e l’avvio di attività ancora oggi vitali come l’FC Sardegna: un Club calcistico che ha una storia particolare, ed è conosciuto anche al di fuori di Oberhausen».
Durante l’incontro con Franco Sogus e Gianni Manca, la sede del Circolo Sardo Rinascita va riempiendosi di ospiti. Arrivano da tutta la città, e anche da lontano, come Luisa Contu, presidente del Circolo Sard’Europa di Moers. L’occasione è anche un momento della memoria e della gioia del raccontare. «Arrivai nel 1957, con la mia famiglia. Avevo tre anni – confessa Elvira –. Tornai in Sardegna, per la prima volta, in occasione del viaggio di nozze; e molti parenti non li conoscevo più». Cinzia rivela di essere giunta nel 1973, e che il suo primo lavoro fu in una fabbrica di lardo e speck. Da 29 anni lavora in un ospedale. «Giunsi a Oberhausen nel 1961 – ricorda Maria Elisa – e mio padre scendeva in miniera. Mi diplomai alla scuola professionale e conobbi mio marito andando a vedere le partite dell’FC Sardegna». Marisa, originaria di Carbonia, racconta: «Avevo 13 anni e mezzo quando arrivai a Oberhausen. Sei mesi dopo, ero già a lavorare. Una vita durissima e un clima freddo e grigio. Si tornava in Sardegna ogni cinque o dieci anni». Donne orgogliose della famiglia, della memoria per gli anni da Gastarbeiter, e con gli occhi puntati sui nipotini.
In cucina incontro i cuochi che hanno preparato con passione ciò che giungerà sui tavoli apparecchiati. Giovanni Cau arrivò a Oberhausen nel 1961: «il 28 di giugno», precisa. Miniera e fonderia, ora pensionato. Ivo Melis è nato qui. Lussorio Croba, giunto nel 1970, lavora in una vetreria dopo aver fatto, per 35 anni, l’operaio metallurgico. Giuliano Zedda lasciò la Sardegna per Oberhausen, nel febbraio del 1969. Ora è pensionato. I loro racconti sono rivolti al passato, ma anche al presente: all’epoca in cui lo sradicamento era una dolorosa esperienza quotidiana, ma anche a questi anni in cui i singoli e la comunità si ritrovano partecipando alla vita sociale, culturale ed economica nei luoghi in cui vivono.
L’Associazione è divenuta un ponte tra la Sardegna e Oberhausen. Orgogliosa del ruolo che riveste in questo 2010, anno in cui il Bacino della Ruhr mette in mostra un passato che è un vero e proprio crogiuolo culturale e multietnico. «Oggi siamo consapevoli che anche noi sardi abbiamo contribuito alla ricostruzione della Germania – confida Gianni Manca –, dando il nostro contributo all’edificazione della solida economia tedesca».
Dalla fine degli anni Quaranta un’ondata di partenze
I numeri dell’emigrazione sarda
La diaspora sarda prese l’avvio nel secondo dopoguerra, alimentando diverse correnti migratorie. Una puntò sui centri industriali dell’Italia settentrionale: più di 200 mila sardi si diressero verso Torino, Milano, Genova, Bergamo e Bologna. Altri 200 mila scelsero l’Europa; 60 mila in Germania e altrettanti in Francia; 30 mila in Belgio e 28 mila in Svizzera. Alcune migliaia si stabilirono in Svizzera e in Olanda.
In Germania, nell’ultimo mezzo secolo, si è formata una ricca e attiva rete di Circoli sardi:
Circolo Maria Carta, Francoforte
Circolo Sard’Europa, Moers
Circolo Gennargentu, Heilbronn
Circolo 4 Mori, Augusta
Circolo Su Nuraghe, Stoccarda
S’Unidade Sarda, Norimberga
Su Gennargentu, Monaco di Baviera
Circolo Sardo di Berlino
Circolo I Nuraghi, Ludwigshafen
Circolo Eleonora d’Arborea, Mönchengladbach
Circolo Sa Domu Sarda, Karlsruhe
Circolo Sardo Rinascita, Oberhausen
Circolo Su Nuraghe, Amburgo
Circolo Grazia Deledda, Wolfsburg
Circolo Speranza Sarda, Colonia
Federazione dei Circoli Sardi in Germania
Federazione-Sardi-Germania@t-online.de
La comunità sarda di Oberhausen può andare fiera della propria storia. Una storia d’emigrazione, dolore e sacrificio, iniziata verso la metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. Da Carbonia, Iglesias, Ingurtosu, Segariu, Ierzu e Orani fino a Oberhausen, dove si scende nel ventre profondo di una patria sconosciuta per staccare carbone o lavorare agli altiforni. I Gastarbeiter sardi raccolgono gratitudine e riconoscimenti sia da parte dei luoghi d’origine che dalla città in cui si sono stabiliti. Sembra lontano lo spettro della disoccupazione. Dimenticati, forse, gli accordi bilaterali tra Italia e Repubblica Federale Tedesca, del dicembre 1955, che distribuivano speranze, ma anche illusioni, a tutta la Penisola.
Oberhausen è uno dei maggiori centri minerari e metallurgici del Bacino della Ruhr ovvero di quella metropoli che si estende da Dortmund a Duisburg, chiusa tra l’omonimo fiume e il Rhein-Herne Kanal. Nel 2010, raccogliendosi attorno a Essen, questo bacino ricco di carbone e metalli, celebra il proprio passato e presente come Capitale europea della cultura, valorizzando un patrimonio prezioso e unico di storia e architettura industriale. In questa occasione la comunità sarda di Oberhausen è, in modo significativo, l’unica collettività italiana chiamata a partecipare all’evento mettendo in mostra il fertile gemellaggio Oberhausen-Carbonia, intervenendo con i suoi emigranti, con le prime e le seconde generazioni, prendendo parte attiva a diverse manifestazioni. Dal Concorso letterario Litaward 2010 (il cui tema è Anni luce), a ArtWins con Disegna il tuo futuro, disegna i tuoi sogni; dallo scambio giovanile Multi 2010 all’evento Feuerland – Region of Vulcan in calendario fino alla fine di novembre e Nel ventre della Terra, dove risaltano come partner la Regione Sardegna, la Cineteca Sarda e la Società umanitaria di Alghero-Cagliari-Carbonia. Mentre teatro e musica vengono offerti da diverse Associazioni sarde. Maura Saddi, assessore alla Cultura del Comune di Carbonia, ha detto, a proposito delle coinvolgenti iniziative di quest’anno che «la notevole partecipazione di giovani, artisti e associazioni culturali del territorio, costituisce motivo di grande soddisfazione per l’amministrazione di Carbonia. Chi partecipa alle specifiche iniziative viene a contatto con una realtà di scambi e di esperienze a livello internazionale, formativa sia sul piano culturale che psicologico».
La tradizione mineraria sarda, con l’arrivo dei primi minatori, si amalgamò con quella del Bacino della Ruhr. A Oberhausen, ma anche a Essen, Bochum e Dortmund, giunsero dall’isola migliaia di minatori spinti in Germania e in Belgio dalla crisi che colpì la Sardegna. Sui diversi percorsi dell’emigrazione, pronunciando la rituale Adiu, chercos de Sardigna (Addio, querce di Sardegna) come ricorda Gavino Ledda, anche lui tentato dall’espatrio nel 1957, si «sparsero le braccia» che avrebbero trasformato lontane regioni del pianeta. Sino agli anni Settanta del secolo scorso vivevano a Oberhausen più di 400 famiglie sarde. Ora sono circa 200. Nei ghetti che si formarono tra il 1956 e il 1980, la cultura e la lingua sarda si rinsaldarono. Franco Sogus, presidente del Circolo Sardo Rinascita di Oberhausen, dove giunse nel 1970, racconta: «La nostalgia e il bisogno degli altri ci aiutarono a tenerci uniti. Nella lingua e nelle tradizioni trovammo il collante sociale e culturale».
«La società mineraria ci metteva a disposizione gli alloggi: quattro per stanza. Io scesi in miniera il 27 settembre 1956, quando nacque il mio primo figlio maschio», racconta Franceschino Carta. Luigi Deiana, dopo aver portato la famiglia a Oberhausen, ricorda di aver lavorato a cottimo, ma «lavorare in un pozzo tedesco non era come faticare nella miniera sarda. Qui avevo guanti e ginocchiere. Si era organizzati e il caposquadra ci invitava a riposare».
Carta, Deiana, Serra, Corona e Caredda sono cognomi storici dell’emigrazione e della presenza sarda nel Bacino della Ruhr. Gianni Manca, presidente della Federazione dei 15 Circoli sardi in Germania, impegnato nella preparazione del Quinto congresso del 22-24 ottobre a Stoccarda, con il presidente del Circolo Sardo Rinascita, rileva l’importanza della rete associazionistica sarda in Germania: «Siamo molto attivi – sottolinea Manca –: questa rete associativa ci permette un continuo contatto con la Sardegna, con quella cultura, lingua e tradizioni a cui nessun sardo emigrato ha mai rinunciato». La Regione è molto sensibile verso le comunità all’estero. Favorisce i gemellaggi tra città, esportando cultura, tra modernità e tradizione. A Oberhausen, la Regione finanzia un corso di lingua e cultura italiana con conferenze sulla cultura sarda. Inoltre mette a disposizione borse di studio e soggiorni in Sardegna per i giovani delle nuove generazioni, avvicinandoli alla patria dei genitori, aiutandoli a riscoprire radici che affondano in un ricco e antico humus culturale.
«Il volontariato ci consente di adoperarci per finalità sociali e culturali. Conosciamo le fatiche e gli sforzi della prima generazione di emigranti sardi giunti nel Bacino della Ruhr – ci informa il presidente della Federazione Circoli Sardi in Germania –. A loro dobbiamo molto, come la creazione del Circolo e l’avvio di attività ancora oggi vitali come l’FC Sardegna: un Club calcistico che ha una storia particolare, ed è conosciuto anche al di fuori di Oberhausen».
Durante l’incontro con Franco Sogus e Gianni Manca, la sede del Circolo Sardo Rinascita va riempiendosi di ospiti. Arrivano da tutta la città, e anche da lontano, come Luisa Contu, presidente del Circolo Sard’Europa di Moers. L’occasione è anche un momento della memoria e della gioia del raccontare. «Arrivai nel 1957, con la mia famiglia. Avevo tre anni – confessa Elvira –. Tornai in Sardegna, per la prima volta, in occasione del viaggio di nozze; e molti parenti non li conoscevo più». Cinzia rivela di essere giunta nel 1973, e che il suo primo lavoro fu in una fabbrica di lardo e speck. Da 29 anni lavora in un ospedale. «Giunsi a Oberhausen nel 1961 – ricorda Maria Elisa – e mio padre scendeva in miniera. Mi diplomai alla scuola professionale e conobbi mio marito andando a vedere le partite dell’FC Sardegna». Marisa, originaria di Carbonia, racconta: «Avevo 13 anni e mezzo quando arrivai a Oberhausen. Sei mesi dopo, ero già a lavorare. Una vita durissima e un clima freddo e grigio. Si tornava in Sardegna ogni cinque o dieci anni». Donne orgogliose della famiglia, della memoria per gli anni da Gastarbeiter, e con gli occhi puntati sui nipotini.
In cucina incontro i cuochi che hanno preparato con passione ciò che giungerà sui tavoli apparecchiati. Giovanni Cau arrivò a Oberhausen nel 1961: «il 28 di giugno», precisa. Miniera e fonderia, ora pensionato. Ivo Melis è nato qui. Lussorio Croba, giunto nel 1970, lavora in una vetreria dopo aver fatto, per 35 anni, l’operaio metallurgico. Giuliano Zedda lasciò la Sardegna per Oberhausen, nel febbraio del 1969. Ora è pensionato. I loro racconti sono rivolti al passato, ma anche al presente: all’epoca in cui lo sradicamento era una dolorosa esperienza quotidiana, ma anche a questi anni in cui i singoli e la comunità si ritrovano partecipando alla vita sociale, culturale ed economica nei luoghi in cui vivono.
L’Associazione è divenuta un ponte tra la Sardegna e Oberhausen. Orgogliosa del ruolo che riveste in questo 2010, anno in cui il Bacino della Ruhr mette in mostra un passato che è un vero e proprio crogiuolo culturale e multietnico. «Oggi siamo consapevoli che anche noi sardi abbiamo contribuito alla ricostruzione della Germania – confida Gianni Manca –, dando il nostro contributo all’edificazione della solida economia tedesca».
Dalla fine degli anni Quaranta un’ondata di partenze
I numeri dell’emigrazione sarda
La diaspora sarda prese l’avvio nel secondo dopoguerra, alimentando diverse correnti migratorie. Una puntò sui centri industriali dell’Italia settentrionale: più di 200 mila sardi si diressero verso Torino, Milano, Genova, Bergamo e Bologna. Altri 200 mila scelsero l’Europa; 60 mila in Germania e altrettanti in Francia; 30 mila in Belgio e 28 mila in Svizzera. Alcune migliaia si stabilirono in Svizzera e in Olanda.
In Germania, nell’ultimo mezzo secolo, si è formata una ricca e attiva rete di Circoli sardi:
Circolo Maria Carta, Francoforte
Circolo Sard’Europa, Moers
Circolo Gennargentu, Heilbronn
Circolo 4 Mori, Augusta
Circolo Su Nuraghe, Stoccarda
S’Unidade Sarda, Norimberga
Su Gennargentu, Monaco di Baviera
Circolo Sardo di Berlino
Circolo I Nuraghi, Ludwigshafen
Circolo Eleonora d’Arborea, Mönchengladbach
Circolo Sa Domu Sarda, Karlsruhe
Circolo Sardo Rinascita, Oberhausen
Circolo Su Nuraghe, Amburgo
Circolo Grazia Deledda, Wolfsburg
Circolo Speranza Sarda, Colonia
Federazione dei Circoli Sardi in Germania
Federazione-Sardi-Germania@t-online.de
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017