Dedicato alla madre
Il mese di maggio ha tanti richiami. Richiami dal sapore antico che si rinnovano annualmente in un insieme di vita che erompe, di ricordi d' infanzia e di altro ancora, che affiora dalla personale esperienza di ciascuno. Mettiamoci allora la primavera che matura appieno, lo sbocciare festante delle rose, i «fioretti» della devozione mariana. E la festa della mamma.
Non mi nascondo il rischio della retorica, sempre in agguato quando si affrontano certi argomenti. E poi, noi italiani non siamo tacciati di essere «mammoni», di coltivare, cioè, il «mito della mamma»?
In questo mese, tuttavia, nel dialogo mensile con voi, vorrei parlarvi della figura della madre. Sì, proprio della mamma! Lo faccio al di là dei cioccolatini o del profumo o dei fiori: doni sempre graditi (anche se promossi dallo spirito commerciale), ai quali affidiamo, per l' occasione, il compito di esprimere i nostri sentimenti profondi, compreso un certo senso di colpa per le più abituali disattenzioni che fruttano alle mamme giornate di solitudine.
Mi hanno cortesemente sollecitato ad affrontare l' argomento anche alcuni lettori. Ne colgo l' invito proponendo alcuni volti, alcune storie confidateci dalle mamme stesse nelle lettere.
La storia di Anna, ad esempio, che ha tre figli, due dei quali, già grandi, hanno un handicap grave. Ogni mattina che Dio manda in dono, lei li alza dal letto e li veste: uno, poi, lo porta a scuola e l' altro al lavoro. Sono anni che fa così. Mai una volta che si sia sentita da lei una parola di recriminazione, di ribellione. E trova anche il tempo per aiutare altre persone.
Poi c' è la storia di Antonietta (così si firma), una madre che si dice, e lo è, disperata per i continui maltrattamenti che deve subire da una figlia. Per lei mai una parola d' affetto, un gesto di tenerezza, uno sguardo di intesa. Sola, con dentro un' amarezza che sembra non avere confini.
Un' altra mamma, che si chiama Paola, ci ha cantato la sua gioia di essere madre: una maternità non limitata al mettere al mondo figli, ma che è stata un crescere progressivo, giorno dopo giorno, capace di generare alla complessa esistenzialità della vita, con le sue domande, i suoi ritmi, le sue lunghe pazienze.
Un' altra mi ha scritto di recente: non ha un nome ma solo una sigla, che è una drammatica sottoscrizione di infelicità : «mamma disperata». Ha una bella famiglia, bravi figli, ma un altro figlio che stava per arrivare, non ha voluto accoglierlo. Non riesce a trovare pace per quella vita non data, una memoria incuneatasi nella sua esistenza come una ferita non più rimarginabile.
Mi chiedo spesso come poter essere vicino a queste lacrime, come poter condividere questa fatica, con parole che abbiano il sapore delicato e tenero della verità .
Di un' ultima storia è protagonista Maria. Sembra essere la donna forte della Sapienza biblica. Un' età avanzata che continua a caricarsi serenamente di anni, dopo una vita non facile: un matrimonio riuscito, un compagno amato con il quale ha condiviso tante difficoltà ma anche la gioia di molte maternità . Quando la vita sembrava volersi finalmente avviare verso una appagante tranquillità , ecco la solitudine della vedovanza. Una solitudine alleviata, tuttavia, dalla gioia dei figli cresciuti, dalla vita che continua nei nipoti: quasi un premio a una fede mantenuta anche quando la notte non lasciava intravedere luci all' orizzonte.
Un editoriale, dunque, dedicato a tutte le Anne, le Antoniette, le Paole, le Marie, le «mamme disperate», le madri gioiose. Nei loro nomi, nei loro volti si rispecchiano le esistenze di tutte le mamme che passano insonni le notti in attesa del ritorno dei figli. E qualcuno poi non torna: divorato dalla strada, dalla droga, dalla malattia, o allontanatosi per ignoti percorsi. Dedicato a quelle madri la cui esistenza è stata spezzata dai loro stessi figli, come cronache recenti ci hanno raccontato. A tutte le madri di casa nostra. Ma anche a quelle lontane, dell' Africa, ad esempio, impotenti di fronte ai figli stroncati dall' aids o ridotti in schiavitù. A tutte le madri, insomma, che continuano a generare la vita e a tener desta così la certezza che in ogni bimbo che nasce - come dice Tagore - c' è un segno che Dio non è stanco dell' uomo.
A tutte voi, semplicemente, con un grazie.