Dedicato a Shirin Ebadi
Un 8 marzo nel segno dell’avvocatessa iraniana che lotta per il rispetto dei diritti delle donne.
25 Febbraio 2009
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Senza spigoli
Se la condizione delle donne in Italia e in Occidente non è neppure paragonabile a quella di qualche decennio fa, nella maggior parte del mondo nascere donna è ancora una bella sfortuna. E, soprattutto in certi Paesi, risulta ammirevole il coraggio di figure femminili che si battono ogni giorno per cambiare la storia. Una di loro è Shirin Ebadi. Veterana delle donne giudice in Iran, privata del suo lavoro dopo la rivoluzione khomeinista (1979), è stata insignita del Premio Nobel per la pace nel 2003. Ha esercitato come avvocato, specializzandosi nella difesa dei diritti di minori, donne e minoranze. Scelta tutt’altro che comoda, che l’ha esposta a notevoli ritorsioni. Ha conosciuto il carcere, è sfuggita a un progetto di assassinio, ha avuto vita dura in diverse occasioni. Non ha usato il Premio Nobel per garantirsi un’esistenza più comoda, ma per dare risonanza internazionale alle battaglie per le libertà e i diritti. Il 21 dicembre dell’anno scorso, sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, a Teheran le autorità hanno chiuso la sede di un’organizzazione non governativa da lei diretta, che si occupa appunto della difesa dei diritti umani. Anche in quell’occasione, Shirin Ebadi non ha abbassato la testa. È la donna più in vista dell’Iran e si serve della notorietà per dar voce alle battaglie che tante persone cercano di promuovere nonostante le repressioni del regime iraniano. Il Premio Nobel è portavoce di un islam aperto e progressista, favorevole alla democrazia e al dialogo. Si dice sicura che, nel suo Paese, la maggior parte della popolazione sia su posizioni simili. Certo è che giovani e donne sono le categorie più dinamiche della società, anche sul piano del rinnovamento sociale e politico. Lo si vede anche dalle misure repressive che vengono attuate nei loro confronti: negli ultimi due anni, una cinquantina di attiviste sono state arrestate dopo che è stata lanciata la campagna «Un milione di firme», che reclama l’uguaglianza tra uomini e donne in svariati campi. Shirin, che anche di questa campagna è stata una delle promotrici, sa esattamente quali rischi corre. Ha 61 anni, ha già combattuto molte battaglie e non ha intenzione di ritirarsi dall’impegno attivo. A volte le si legge negli occhi la tristezza, ma in lei la consapevolezza e il coraggio sono comunque più forti. Se cerchiamo esempi di donne alle quali guardare per dare un senso all’8 marzo, sono persone come Shirin Ebadi che meritano senza riserve la nostra attenzione.
Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017