«Diamoci una mano»

L’associazione «Dinsi une man», che in friulano significa «Diamoci una mano», organizza soggiorni al mare gestiti da volontari. Un’esperienza di condivisione e divertimento senza barriere,né architettoniche né culturali.
25 Giugno 2010 | di


Per Alex è cominciato tutto per caso. «Avevo sedici anni, durante l’estate andavo spesso a trovare uno zio sacerdote. Un giorno passò di lì un amico che lavorava nella comunità “Dinsi une man”. Mio zio gli disse: “Hai qualcosa da far fare a questo ragazzo che corre tutto il giorno senza combinare nulla?”. Da quel momento è nato un impegno che non si è mai interrotto e nel quale ho coinvolto anche Tamara».

Alex Mazzocato abita a Gonars (Udine). Insieme con altri volontari segue, ogni anno, le circa 200 persone disabili che complessivamente partecipano ai due turni di vacanza. L’iniziativa è nata nel 1972. In origine la comunità di volontariato accoglieva, durante la stagione estiva, circa 500 persone – tra cui 280 disabili e 230 volontari – dal Friuli-Venezia Giulia ma anche da altre regioni italiane e da Stati come Austria, Slovenia, Germania e Albania. All’epoca i soggiorni venivano organizzati in una casa a Lignano Sabbiadoro, sul litorale friulano. Dalla stagione estiva 2003, l’associazione ha trasferito la sede a Bibione, presso le strutture del Cif (Centro italiano femminile). «Anche se i numeri non sono più quelli iniziali – racconta Alex – l’impegno rimane grande. Quando ho cominciato non è stato per niente semplice. Avevo sedici anni. Sono stato catapultato all’improvviso – come sarebbe accaduto a ogni altro ragazzo della mia età, credo – da un mondo in cui a malapena esiste una scala di valori in una realtà del tutto nuova e problematica. Non mi sono, però, perso d’animo. In questi anni ho imparato molto grazie a un’esperienza che ti aiuta a guardare le persone, e tutto ciò che ti sta intorno, con occhi diversi. Dopo, limitarsi a vedere senza intervenire è impossibile».


Accogliere e ascoltare

L’organizzazione dei soggiorni è legata alla disponibilità dei volontari che svolgono un ruolo fondamentale, a partire dalle mansioni più spicciole. «La persona disabile viene a trovarsi in un ambiente semplice, che favorisce l’aggregazione e la socializzazione – prosegue Alex –. Si tratta di una valida alternativa, anche se temporanea, al solito ambiente familiare o di istituto. Anche per le famiglie è un bell’aiuto: per qualche settimana, infatti, possono riposare anche loro». I volontari si occupano di animare il gruppo, di creare momenti di svago e di riflessione, sperimentando la condivisione del bisogno. Accogliere, infatti, significa accettare ma, prima ancora, ascoltare il bisogno dell’altro. «L’ospitalità è una sorta di intesa silenziosa. Nel condividere – aggiunge Alex – si rivelano qualità che non si sospettava di avere. Non è mai troppo tardi per spendere un po’ del proprio tempo per gli altri, per una causa giusta, per un ideale. Dopo simili esperienze sei costretto a “ritarare” la tua vita. Capisci che le cose che contano sono altre rispetto a quelle cui si dà abitualmente importanza. Su questi valori, Tamara e io abbiamo impostato la nostra vita a due».

Per i volontari ogni giorno è sempre diverso, ricco di esperienze e relazioni. In una parola, ricco di vita. Con alcuni degli ospiti nascono amicizie che durano nel tempo. Come quella di Alex con Alessio. «Sono convinto che, per tanti giovani, momenti come questi rappresentino una straordinaria opportunità – conclude –. Purtroppo sono sempre di meno le persone che decidono di condividere con gli altri esperienze di volontariato e, più in generale, di impegno sociale, dialogo, confronto. Persone incapaci persino di un semplice sorriso».


L’intervista. Per gli altri le energie migliori


C’è bisogno di persone capaci di testimoniare una «vita buona» a quanti sono alla ricerca di proposte per cui valga la pena spendere la propria esistenza.


L’esperienza di Alex e dell’associazione «Dinsi une man» offre lo spunto per una riflessione più ampia sul volontariato e sull’impegno da parte dei giovani. Molte le questioni legate alla bioetica che emergono da questa vicenda, sulle quali abbiamo interpellato don Giovanni Del Missier, docente di Teologia morale alla Facoltà teologica del Triveneto e di Bioetica all’Accademia Alfonsiana (Roma).

Msa. Che cosa può insegnare a un giovane un’esperienza vissuta spendendo il proprio tempo e le proprie energie accanto a chi è più debole?

Del Missier. Credo che il confronto con la fragilità di persone diversamente abili possa costituire per tutti – ma in particolare per i giovani – una grande opportunità di crescita personale. Prima di tutto si tratta di un risveglio della consapevolezza: rendersi conto di quali difficoltà possono accompagnare la vita di altri esseri umani, dei pregiudizi di cui spesso siamo portatori, delle discriminazioni e delle barriere che innalziamo, della vulnerabilità come caratteristica comune di tutta l’umanità, al di là delle nostre illusioni di potenza e di autosufficienza. Inoltre, si tratta di un forte appello alla responsabilità: che cosa posso fare io di fronte alle difficoltà di chi mi sta vicino? Il volto del fratello interpella la mia libertà, mi impone l’esigenza di andare oltre l’indifferenza e l’individualismo, chiede di mettermi in gioco e di compromettermi nelle situazioni concrete. Infine, affinché non si tratti solo di una «bella esperienza» episodica e semplicemente auto-gratificante, si richiede una rilettura sapienziale del vissuto: nel profondo di coloro che si pongono a servizio degli altri si cela il segreto per l’autentica realizzazione della propria vita. L’essere umano «non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (Gaudium et Spes, 24): chi scopre questa verità in prima persona e non per sentito dire, può trasformare tutta la vita in un esercizio costante di attenzione, apertura e servizio verso coloro che incontra sul proprio cammino. Un cammino che misteriosamente conduce all’incontro con Cristo che in ogni volto umano si cela e si identifica (Mt 25,31-46).

AAA cercasi volontari. La storia di Alex mette a nudo la difficoltà sempre più diffusa di trovare persone disponibili al servizio: dal volontariato sociale a quello politico. Perché non ci si impegna più?

Individuerei una causa prevalente di tipo culturale. Tra le caratteristiche del tempo in cui viviamo è facile mettere in evidenza l’individualismo e la ricerca immediata di soddisfazione dei propri bisogni, secondo una logica infantile improntata al narcisismo e a un esasperato egocentrismo. Ciò che richiede impegno, fedeltà e sacrificio soprattutto nelle relazioni con gli altri sembra essere «fuori moda», difficile da realizzare, in apparenza improduttivo e poco attraente, addirittura in contrasto con la ricerca della felicità perché sembra precludere l’accesso a tante altre opportunità allettanti e disponibili «sul mercato». Eppure, per diventare persone autentiche occorre svegliarsi da questo sogno, smettere di coltivare unicamente desideri illusori e incominciare a scegliere e a decidersi, per realizzare progressivamente ciò che veramente appare degno di essere voluto per sé e per gli altri. Come spiega il sociologo Bauman ne L’arte della vita, si tratta in ultima analisi di una scelta etica, di una opzione radicale e non indifferente per una «vita buona» e non solo di una ricerca di benessere a tutti i costi! Credo, inoltre, che oggi manchino di adeguata visibilità i testimoni di questa «vita buona», cioè persone degne di fiducia, capaci di proporre le proprie scelte di vita a favore degli altri come significative e attraenti a quanti sono probabilmente in attesa o in confusa ricerca di una proposta per la quale valga veramente la pena impegnare le proprie energie migliori.


Comunità di volontariato dinsi une man

Via G. Bonanni, 15 - 32028 Tolmezzo (UD) - tel. +39 333 825 51 21


Sede Estiva

Dinsi une man – c/o Centro Italiano Femminile – C. I. F. Colonia Marina Pio XII. Via delle Colonie, 130020 Bibione (VE)


La Comunità di volontariato «Dinsi une man» è un’emanazione della Comunità «Piergiorgio» di Udine che, tra le altre attività, nel 1972 avviò, a Lignano Sabbiadoro (Udine), i soggiorni marini per disabili. Durante i soggiorni (agli inizi come oggi) la comunità organizza, con il supporto di numerosi assistenti e volontari, molte attività: idroterapia, momenti culturali, animazione ricreativa ed escursioni.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017