In difesa dei bambini

La rete diplomatica che opera nella capitale britannica, si mobilita ogni anno per raccogliere fondi a favore dell'infanzia, come raccontano Adrian Harch e Sandra Aragona.
12 Aprile 2006 | di

LONDRA
Nel febbraio del 2000 le prime pagine dei giornali inglesi pubblicarono per molti giorni il viso di una bella bambina, Victoria Climbiè, originaria della Costa d’Avorio. La piccola era stata inviata dalla famiglia nel Regno Unito per vivere con una lontana parente, nella speranza di una vita migliore. Ma Victoria veniva percossa regolarmente dalla zia e dal suo fidanzato, e nessuno sembrava essersene accorto. Victoria morì per malnutrizione e maltrattamenti per mano di chi avrebbe dovuto prendersi cura di lei. Aveva solo 7 anni. Il caso fece scalpore e i due responsabili furono condannati all’ergastolo mentre è ancora in corso il processo contro gli assistenti sociali che non s’accorsero del drammatico caso. Quanti bambini come Victoria ci sono nel mondo, e chi se ne occupa?
In Gran Bretagna i bambini in affido sono circa 15 mila, e la maggior parte di essi viene accolta da famiglie che hanno i requisiti necessari per offrire loro un ambiente sano in cui crescere sentendosi amati e rispettati. Ma non è di loro che la ISS–UK si occupa, bensì di quei casi in cui le cose non funzionano.
Nata nel 1924 in Svizzera, l’International Social Service (Servizio di Assistenza Internazionale), si occupò fin da subito di aiutare le famiglie che emigravano in seguito alla crisi economica causata dalla Prima Guerra mondiale. Oggi questa organizzazione opera attivamente in 167 Paesi del mondo, e si occupa di una vasta gamma di problematiche in cui sono coinvolti bambini, adulti e famiglie che per vari motivi sono stati separati tra loro e hanno bisogno di ricongiungersi ai propri cari o, nel caso ciò non sia possibile, possano inserirsi in una realtà a loro congeniale. La filiale britannica, la ISS–UK, nacque nel 1955, in concomitanza con i grandi flussi migratori che raggiunsero il Paese negli anni Cinquanta: tra di essi molti italiani, giamaicani, indiani e pachistani. L’anno dopo, nacque l’International Spring Fair (Fiera internazionale di primavera): un evento a cui partecipavano tutte le ambasciate e i consolati di Londra, donando manufatti, cibo e denaro per permettere all’organizzazione di consolidarsi ed espandersi. «Quest’anno – ci racconta il direttore generale, Adrian Hatch – celebriamo i cinquant’anni della fiera e i cinquantun’anni della nostra organizzazione che è l’unico ente di beneficenza inglese che abbia rapporti internazionali con oltre 150 Paesi». Ma non ci saranno feste o party. L’impegno è quello di continuare secondo i principi statutari – basati sui diritti del bambino stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1989 – e superando i confini naturali e legali del Regno Unito per penetrare nella selva delle giurisdizioni di tutto il mondo che non sempre pongono come priorità assoluta la protezione e la salvaguardia dei bambini.
Adrian Hatch aggiunge: «Ci occupiamo del traffico di bambini, della protezione di quelli più vulnerabili, di quelli separati dalle proprie famiglie a causa delle guerre e delle carestie, ma anche di rintracciare le famiglie d’origine, di riaccompagnare quelle persone che lo desiderano ma non ne hanno i mezzi, nei relativi Paesi di provenienza».
La ISS–UK crede fermamente che l’ambiente migliore per i bambini sia la propria famiglia e, accertato che si tratti di un ambiente sano, opera affinché si preservi o si ricostruisca il nucleo familiare. In una società sempre più multiculturale, con l’incremento delle separazioni e dei divorzi, con conflitti di natura etnica, religiosa ed economica, è in crescita il numero delle piccole vittime, sole e abbandonate, e pertanto vulnerabili.
«Ogni settimana ci vengono segnalati almeno un paio di casi di bambini che sbarcano negli aeroporti londinesi senza accompagnatore o con un adulto che poi li abbandona. Essi, se non vengono subito messi sotto la protezione dei servizi sociali finiscono facile preda degli sfruttatori». Hatch ricorda anche che la maggior parte dei casi di sfruttamento dei bambini per schiavismo, prostituzione, piccola criminalità ed elemosina, proviene soprattutto dall’Africa, dall’Europa Orientale e dall’Asia. «Ecco perché l’International Spring Fair – continua Hatch – riesce a coinvolgere tutte le ambasciate. Non solo per l’ottima causa, ma anche perchè ogni nazione, in qualche modo, è direttamente interessata al triste fenomeno».
L’organizzazione della fiera, in programma il 9 e 10 maggio nel bel quartiere di Kensington, è una kermesse di colori, sapori e profumi provenienti dai cinque continenti. L’Ambasciata d’Italia ha sempre partecipato all’evento e negli ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più importante nell’organizzazione e soprattutto nell’incasso record degli ultimi anni (nel 2005 oltre 14 mila sterline, oltre 20 mila euro). Per la seconda volta sarà Sandra Aragona, consorte dell’Ambasciatore d’Italia del Regno Unito, Giancarlo Aragona, ad occuparsene. «È una grande gioia per me poter collaborare e coordinare un gruppo di una trentina di volontarie – esordisce Aragona –. L’impegno dura quasi sei mesi, dalla spedizione delle prime lettere agli sponsor e maggiori donatori, alla catalogazione dei prodotti da vendere, alla stesura dei conti, alle lettere di ringraziamento». L’ambasciatrice, inglese d’origine, ha imparato, nel corso degli anni, ad amare il nostro Paese: «Gli italiani sono un popolo generosissimo e sempre in prima linea quando si tratta di aiutare il prossimo. Prima di giungere a Londra eravamo in missione diplomatica a Mosca. Anche lì essi partecipavano numerosi agli eventi di beneficenza e alle gare di solidarietà. Inoltre, in Russia, spesso si dovevano affrontare situazioni drammatiche che richiedevano molto denaro e generi di prima necessità: gli italiani non si sono mai tirati indietro».
Le donazioni per il banchetto tricolore alla fiera di Kensington arrivano anche dall’Italia e comprendono il meglio del made in Italy: dalle borse di marca ai merletti artigianali, dalle calzature griffate alle stampe ad olio, dalle specialità della nostra cucina ai semplici dolci fatti in casa. «I giorni della fiera – aggiunge Sandra Aragona – sono veramente molto intensi, visto che il nostro banchetto viene preso d’assalto dal pubblico ma lo sforzo viene sempre premiato. Non soltanto economicamente ma anche attraverso la collaborazione tra persone di nazionalità, cultura e religione diverse, dimostrando così che è possibile mettere da parte i pregiudizi, abbattere le ideologie, superare le incomprensioni al fine di raggiungere un comune obiettivo». Infatti l’International Spring Fair è anche un esempio di fratellanza tra i popoli applicata ad una causa concreta e importante come quella della ISS-UK, ribadendo il concetto che l’unione fa la forza, a maggior ragione se a beneficiarne sono i bambini: il futuro nostro e del nostro mondo. Un bene comune da proteggere, al di là del colore della pelle, del ceto sociale, della religione.       

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017