Dignitas Personae, una questione di civiltà

Il documento vaticano ribadisce il primato della vita e della dignità dell'uomo contro quella parte della ricerca scientifica e quelle lobbies che vogliono speculare sui cardini della creazione.
14 Gennaio 2009 | di

Roma
I contenuti dell’istruzione Dignitas personae sono uno sforzo di promozione e di difesa della vita umana. Sul piano propriamente dottrinale non aggiungono nulla a quanto sempre affermato dalla Chiesa. Non si tratta, cioè, di un documento di revisione teologica, ma di un’iniziativa al tempo stesso pastorale e politica in senso alto, volta a sostenere, quanto più possibile, una cultura favorevole all’accoglienza della vita.
Con questa istruzione, la Chiesa offre una lettura realistica del nostro tempo, fedele a uno stile che le appartiene da sempre. Alcuni principi fondamentali, oggi diventati patrimonio dell’umanità, a loro tempo affermati dalla Chiesa, furono contestati proprio in nome di un presunto progresso e di sedicenti leggi dell’economia che non si facevano scrupolo di calpestare i diritti fondamentali delle persone. Fu il caso dell’impegno dei missionari contro la schiavitù nelle colonie dei Paesi europei, come della difesa dei lavoratori nell’Ottocento. Oggi è in gioco la difesa della dignità della persona, dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. L’affermazione centrale della Dignitas personae e che: «Per il solo fatto d’esistere, ogni essere umano deve essere rispettato. Si deve escludere l’introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute».
La Dignitas personae affronta, senza esitazioni, il tema della manipolazione genetica, considerandola una teorizzazione di fatto della disuguaglianza tra le persone. Il documento invita a riflettere sul rischio di non cadere in nuove forme di «schiavitù biologica» se ci si arroga il diritto arbitrario di determinare le caratteristiche genetiche di un altro essere umano.
Questo ha già suscitato reazioni in parte scomposte e in parte meschine. Alcuni hanno preferito ignorare il documento con supponenza, altri hanno fatto ricorso a una superficiale derisione, altri ancora lo hanno etichettato come frutto di oscurantismo che impedisce il progresso e la libera ricerca. Molti altri, comunque, condividono la preoccupazione e l’analisi contenute nel documento. Del resto, c’era da aspettarselo. Di tutti gli interrogativi posti dal progresso scientifico – ma meglio sarebbe, forse, dire tecnologico – quelli in materia di bioetica e, segnatamente, di fecondazione medicalmente assistita e di clonazione umana, sono di sicuro tra i più pressanti. Invocare una presunta «asetticità» della scienza e, comunque, una sua indipendenza dall’etica, significa eludere tali interrogativi. Anche su queste tematiche – soprattutto su di esse anzi – a confrontarsi non sono i fatti, ma le concezioni dell’uomo.
A grandi linee, si può dire che il confronto è tra due differenti concezioni della persona umana, della storia e della società: una per così dire religiosa, e l’altra completamente «laica» (completamente perché, in tali campi, esclude anche quella sorta di «religione dell’uomo» teorizzata da molti esponenti di un umanesimo antropologico). Tale posizione nega che possano esservi norme assolute – sul piano giuridico si direbbe che si esclude il diritto naturale – e ritiene che l’agire vada rapportato alle singole situazioni che si creano continuamente, facendo uso di tutto quanto è tecnicamente impiegabile per raggiungere uno scopo. In questo senso, l’unico limite posto – se pure lo si pone – è quello della «ragione illuminata dalla storia», cioè non sul piano della liceità, ma su quello dell’opportunità.
Secondo tale impostazione, ad esempio, la sterilità non è una condizione ma una malattia che si può vincere, se si vuole, con ogni possibile metodo di fecondazione medicalmente assistita e il «diritto» prioritario da tutelare è quello di chi desidera essere «genitore», si tratti di coppie eterosessuali, di coppie omosessuali lesbiche o anche di singole donne. Il «diritto» di singoli maschi alla paternità senza contributo femminile, almeno per ora, non lo ha teorizzato nessuno, mentre le richieste delle coppie omosessuali gay, sempre per ora, sembrano limitarsi al settore delle adozioni, argomento che in questo contesto non è in discussione. La posizione «religiosa» è all’apparenza più semplice e (senza entrare nel merito della sacramentalità del matrimonio) riconduce la procreazione e la trasmissione della vita all’esclusivo contesto del rapporto naturale tra uomo e donna.
Comunque, né l’una né l’altra impostazione escludono – se non nelle posizioni più retrive – il rispetto per i valori culturali della scienza, né, tantomeno, la necessità di prendere in considerazione gli sviluppi scientifici nel loro rapporto con altri aspetti generali dell’esperienza umana. La concezione religiosa dell’esistenza conduce a ritenere che il valore culturale e umano della scienza debba rendersi visibile anche nel suo progresso dal livello di ricerca e di riflessione a quello dell’attuazione pratica, accentuando la responsabilità di impiegarsi per l’uomo e non contro l’uomo.
Lo scopo dichiarato delle tecniche di clonazione e dell’ingegneria genetica in genere, è quello di combattere malattie altrimenti incurabili. Tuttavia, è indubbio che in tali campi gli interessi economici abbiano una prevalenza assoluta. A maggior ragione questo vale per la fecondazione medicalmente assistita. Non sono certo le donne single o le coppie lesbiche dei Paesi del Terzo Mondo a potersi permettere i costi di simili procedure. Le medaglie hanno sempre due facce. Inoltre, non si può ignorare che oggi, molto più che in passato, la ricerca scientifica dipende soprattutto dai finanziamenti, e che quindi si sono accresciute le pressioni economiche e politiche sul singolo scienziato o sul singolo ricercatore. Tuttavia, la comunità scientifica nel suo complesso è in grado oggi, in un’epoca di immediato accesso alle informazioni, di proteggersi da tali pressioni e persino di garantirsi un ampio e diffuso sostegno dell’opinione pubblica a un impegno volto senza equivoci al bene comune, a un servizio offerto ai popoli del mondo in modi che della scienza sono propri e che non sono accessibili ad altre realtà.
In sintesi, ancora una volta, la questione centrale sta nella sfera della politica, intesa in senso alto di contemperamento delle esigenze di tutti, ma soprattutto di tutela delle posizioni più deboli. Né certo, tra le discipline che la bioetica interpella può essere escluso il diritto. Anzi, tra le ragioni per le quali essa fa oggi tanto discutere e per le quali su di essa è tanto concentrata l’attenzione dei mezzi di comunicazione – non passa giorno senza che venga riportata la notizia di un parto plurigemellare dopo una fecondazione in vitro o della clonazione di una pecora, o di un’ipotesi di cura di una patologia tramite l’uso di cellule staminali (quelle che si possono ricavare in vari modi, ma che «per comodità» si prendono di solito da embrioni umani «prodotti» a questo scopo) – è proprio perché la bioetica ha una ricaduta diretta e decisiva sulla convivenza umana e, quindi, sulle norme che la regolano.
Se temi come la fecondazione artificiale e l’ingegneria genetica (per non parlare di aborto o di eutanasia) fossero privi di tale caratteristica e, di conseguenza, di dimensione e rilievo giuridici, l’intera questione resterebbe relegata al campo della speculazione filosofica o al massimo innescherebbe qualche interessante dibattito tra scienziati e moralisti o teologi.
L’argomento, al contrario, suscita polemiche e lacerazioni. Proprio le possibilità offerte dalla scienza, costringono a riflettere sulle «regole del gioco», cioè sul modo di tutelare le persone e su chi è tale (embrione), e da quando (aborto), e fino a quando (eutanasia), e su come tale tutela debba essere imposta. Non c’è, dunque, nessuna invasione di campo da parte del magistero della Chiesa e il contributo della Dignitas personae è un intervento non solo pienamente legittimo, ma dovuto in una società pluralistica, laica e democratica.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017