Don Germano Pattaro pioniere dell'ecumenismo
Germano Pattaro nasce il 3 giugno 1925 a Venezia, quella che sarà per sempre la sua città , e con alle spalle dolorose vicissitudini familiari - la madre muore prematuramente lasciando tre figli piccoli - nel 1938 entra in seminario. Una grave forma di tubercolosi lo costringe a interrompere gli studi per un prolungato periodo di cure, che trascorre tra ospedale e sanatorio. È un tempo difficile e oscuro, che lo mette faccia a faccia con la morte temprandone il carattere, ma anche un tempo nel quale sperimenta la tenera manifestazione dell'amore di Dio. Da qui percepisce con chiarezza la vocazione che guiderà tutta la sua esistenza, cioè il dono gratuito ad ogni uomo, soprattutto ai più deboli, di un amore prima accolto e sperimentato.
Comunque il tempo del sanatorio è anche un periodo di avide e profonde letture, che spaziano dalla teologia alla filosofia, dall'arte alla letteratura, con una predilezione per lo scrittore russo Dostoevskij e il teologo e filosofo tedesco di origine italiana Guardini. Guarito dalla tubercolosi e superate alcune perplessità dell'ambiente, riprende la via del seminario e, nel 1950, è ordinato sacerdote dal patriarca Carlo Agostini. Assistente ecclesiastico della Federazione universitari cattolici italiani, guida spirituale del Movimento laureati cattolici, animatore dei gruppi di Rinascita cristiana: ecco solo alcune delle attività che lo occuparono negli anni successivi, ma che, in ogni caso, mai lo distrassero dal suo impegno di studio e insegnamento. La passione sacerdotale di don Germano, uomo ricco di umanità e studioso versatile, si è tradotta infatti in un lavoro teologico intenso e particolarmente fecondo, suddivisibile abbastanza chiaramente in due tempi. Una prima fase, caratterizzata prevalentemente da un ministero intellettuale itinerante (che continuerà , seppure in modo digradante, anche nell'ultimo periodo) fatto di omelie, conferenze, incontri, interventi a dibattiti, mentre svolge in diocesi svariate attività di apostolato culturale, con l'aggiunta dell'insegnamento sistematico di alcune materie quali patrologia, teologia fondamentale ed ecumenismo nel Seminario patriarcale. Negli ultimi anni di vita, quando progressivamente la malattia limita le sue peregrinazioni, viene alla luce una seconda vocazione che lo vede autore di qualificate pubblicazioni su matrimonio, ecumenismo e teologia contemporanea.
Nel 1991 esce postumo, a cinque anni dalla morte, un ponderoso volume (677 pagine curate con pazienza, a partire dal manoscritto, da due suoi amici veneziani: Maria Cristina Bartolomei e Alberto Gallas) intitolato La svolta antropologica . È un ascolto in profondità della lezione conciliare, secondo la quale è ormai del tutto impossibile, perché improprio, parlare di Dio senza parlare, al contempo, del suo essere da sempre coinvolto nella trama della vicenda umana. «Non si è di Dio e con Dio - non solo non si parla rettamente di lui - se non si è con gli uomini, nella storia e nel mondo»: così scrive nel saggio introduttivo, cogliendo uno dei temi centrali dell'opera, il biblista Romeo Cavedo.
In questa linea va ricordato un ulteriore ricco capitolo della movimentata esistenza del sacerdote veneziano, vale a dire quello che riguarda la dimensione del dialogo con la società civile e la cultura «laica»: dal 1972 alla morte fu presidente della Fondazione Querini Stampalia, cui diede un notevole impulso affinché diventasse un centro di promozione di cultura per tutta la città . Di rilievo è anche l'incarico ricevuto dalla Biennale (edizione 1977, dedicata al dissenso nei Paesi comunisti europei) di curare una serie di manifestazioni sul dissenso religioso.
Le Chiese divise sono Chiese malate
Da questa prospettiva di dialogo aperto e lungimirante risulta piuttosto agevole il passaggio alla tematica ecumenica, che trova ampia e adeguata esplicitazione in due pubblicazioni ravvicinate: Per una pastorale dell'ecumenismo. Commento al Direttorio ecumenico, del 1984, e Corso di teologia dell'ecumenismo , dell'anno seguente. Nell'introduzione al primo dei due testi, don Germano si scaglia contro quella visione miope la quale ritiene che esista un ecumenismo cattolico, propriamente ed esclusivamente cattolico, più vero e più completo di altri ecumenismi, ritenuti invece settoriali e forse anche faziosi. In verità , l'ecumenismo non può che essere uno e uno solo, un'unica medicina di cui tutte le Chiese hanno bisogno per lasciarsi finalmente alle spalle lo scandalo delle divisioni. «Le Chiese divise - chiarisce il teologo veneziano - sono Chiese ammalate. Ciò sull'unità di misura decisa dalla Parola di Dio, che ci è stata lasciata in eredità da Gesù, come sua volontà ultima e testamentaria». Nessuna Chiesa può, quindi, ritenersi del tutto innocente e pensare se stessa nella posizione di chi è legittimamente in attesa dell'altrui conversione. Ogni confessione cristiana è piuttosto bisognosa di quell'«interiore ravvedimento» che orienta al «desiderio dell'unione».
Queste linee maestre sono riprese, ribadite e sviluppate nell'ampio e ricco commento, del 1985, al decreto conciliare sull'ecumenismo Unitatis redintegratio. Si tratta di uno scritto che, a distanza di vent'anni dalla chiusura del Concilio, e quindi dalle importanti e ripetute raccomandazioni allora avanzate sulla conoscenza e sulla pratica dell'ecumenismo, deve purtroppo constatare pesanti ritardi e gravi inadempienze. Se si fa il conto, pochi in Italia sono i Seminari che curano la formazione ecumenica dei futuri presbiteri. Le ragioni sono diverse. Legate probabilmente ad un disinteresse dovuto all'ignoranza del problema. Proprio a suscitare intereresse e a vincere l'ignoranza sono dedicate le pagine di questo libro, nel quale l'autore insiste sul valore vocativo dell'ecumenismo per la vita della Chiesa, cioè sul fatto che quando la Chiesa prende coscienza di se stessa ritrova vigore la prospettiva ecumenica, nella logica della riforma e della conversione, poiché, come recita il documento al n. 7, non c'è ecumenismo vero senza interiore conversione.
Accanto agli sposi e al cammino del Sae
La riflessione sul significato evangelico del matrimonio occupa trasversalmente tutta l'opera e il ministero di don Germano, fin dalla frequentazione, a partire dal 1954, di alcuni gruppi veneziani di spiritualità familiare. Si snoda attraverso momenti particolarmente significativi, tra i quali spiccano la nascita della rivista Matrimonio, nel 1976, e la pubblicazione, nel 1979, del volume Gli sposi, servi del Signore. Il suo stesso incontro con l'ecumenismo avvenne occasionalmente, nel 1962, a partire da problematiche riguardanti il matrimonio, quando, cioè, al pastore valdese Renzo Bertalot, appena giunto a Venezia e impegnato con la sua Chiesa nel chiarimento della questione dei matrimoni interconfessionali, il cardinale Urbani indicò don Germano come qualificato interlocutore. L'anno dopo, sia Pattaro che Bertalot furono invitati a partecipare alla prima Sessione ecumenica nazionale organizzata da Maria Vingiani, altra figura emblematica e benemerita dell'ecumenismo in Italia, e successivamente il Sae (Segretariato attività ecumeniche: nome che compare solo dal 1965) se li affiancherà come consulenti nazionali. Da questa esperienza si dirameranno molteplici percorsi: partecipazione a commissioni ecumeniche, a iniziative della Conferenza episcopale italiana, all'attività del Segretariato vaticano per l'unità dei cristiani e del Consiglio ecumenico delle chiese.
Gli ultimi anni furono di grande lavoro e di crescente sofferenza fisica, fino all'imperversare del male - una pancreatite che degenerò in una forma tumorale plurima - che lo stroncò sabato 27 settembre 1986.
Da allora la fama di don Germano crebbe e la sua riflessione continuò a portare frutto attraverso i molti amici che si erano lasciati conquistare dal fascino di quell'uomo ecumenico, di quel prete senza confini.