Don Luigi «o santinho», l’eredità di un missionario
«Grazie, ma non mi merito tutto questo. Io l’ho fatto solo per loro» . Ho avuto la fortuna di conoscere don Luigi Cecchin in occasione della 55ª edizione della «Premiazione del lavoro, del progresso economico e dei padovani che hanno onorato l’Italia nel mondo», iniziativa promossa dalla Cciaa di Padova. Era il 18 dicembre 2005, di domenica.
Quel grazie, dal profondo del cuore, riassume quello che fu il suo breve discorso nel ricevere la medaglia d’oro, riconoscimento «per aver onorato l’Italia con la sua illuminatissima attività pastorale, civile e sociale a favore delle persone più povere e bisognose».
Alla cerimonia, svoltasi al Centro congressi Papa Luciani, erano presenti anche madrine e padrini che, da anni, sostengono con le adozioni a distanza il «Centro di formazione per i minori» di Limoeiro, in Brasile, fondato e gestito da don Luigi.
Da quel momento, la mia famiglia è entrata a far parte di quella «grande famiglia» che è la forza del Centro stesso.
Chi era don Luigi
Come ben scrive don Franco Marton, della diocesi di Treviso, nel suo libro Chi siete andati a vedere nel sertão? Profilo di don Luigi Cecchin, missionario “Fidei donum” in Brasile, «parlare e scrivere di qualcuno, che molti dicono essere santo, non è impresa facile». Nato l’11 dicembre del 1924 (secondo di sette fratelli) a San Martino di Lupari (Padova), cresce nella parrocchia di Galliera Veneta dove viene battezzato e dove coltiva la sua vocazione. Ordinato prete il 26 giugno 1949 a Treviso, per una ventina d’anni svolge il proprio ministero in diverse parrocchie diocesane.
Per qualche anno copre anche il ruolo di padre spirituale nel locale seminario, dimostrandosi sempre attento e interessato ai fatti che toccano la vita dei seminaristi; per questo legge, si informa e riflette con quello spirito critico e quell’equilibrio che l’hanno sempre contraddistinto. Pur non tirandosi mai indietro dall’esprimere il proprio giudizio, non arrivava mai alla contrapposizione e allo scontro. Dai giovani seminaristi è considerato conservatore; progressista (e forse anche pericoloso) dai professori. Nel 1969 realizza il sogno di partire in missione per l’America Latina. Padre Luis o santinho (così sarà chiamato dalla sua gente), viene «donato» dal vescovo di Treviso, monsignor Antonio Mistrorigo, alla diocesi brasiliana di Nazaré da Mata, nello Stato del Pernambuco. È lì, nella parrocchia di San Sebastiano in Limoeiro, che don Luigi incontra una realtà di oltre 100 mila abitanti, con villaggi lontani, con persone di differente cultura, con una moltitudine incredibile di indigenti, vittime di povertà diverse: fame, disoccupazione, miseria materiale e morale.
Un mondo in cui don Luigi si immerge, donando tutto se stesso, per vivere appieno il suo ministero sacerdotale. Questo atteggiamento di disponibilità e apertura, nell’arco di un quarantennio, ha prodotto frutti straordinari.
Dalla parte dei deboli
«Il nostro compito di cristiani è quello di porre l’amore nel cuore dell’umanità». La frase sta scritta, insieme ad altre autografe di don Luigi, all’ingresso del Centro di Limoeiro. La struttura venne fondata nel 1970. Siamo nello Stato del Pernambuco, nel Nordest del Brasile. In quegli anni la scolarità era privilegio di pochi, sia a causa della povertà che del disinteresse delle famiglie. Padre Luis decide di accogliere un primo gruppo di cinquanta bambini all’interno di una casa parrocchiale. Da lì in poi sarà un susseguirsi di accoglienze. Oggi i minori accolti nel Centro che – dal 2011 dopo la morte di don Luigi – è stato rinominato «Instituto P.Luis Cecchin» superano le 800 unità: sono bambini, adolescenti, giovani, tutti sostenuti grazie alle adozioni a distanza. Negli anni del suo apostoloato, padre Luis si occupò anche di giustizia sociale, consentendo a tanti poveri contadini di migliorare la propria attività, in modo da sostenere le famiglie con i frutti della terra. Come sacerdote e missionario, si impegnò nell’aiutare le comunità che sorgevano in zone rurali montane anche molto lontane, collaborando nella costruzione di una trentina di piccole cappelle e promuovendo tra i laici preziose iniziative formative e religiose. Colpito dalla malattia, non volle ricorrere a cure mediche speciali perché, come andava ripetendo, «i poveri non godono di alcun privilegio». Rientrato in Italia il 28 febbraio 2010, don Luigi morì un mese dopo, il 26 marzo 2010, a a Mussolente (Vicenza), assistito dal suo vescovo diocesano del Brasile, giunto in Italia per accompagnarlo nell’«ultimo viaggio».
Durante la messa del trigesimo, Gianfranco Agostino Gardin, vescovo di Treviso, ha sottolineato un passaggio chiave del testamento spirituale di don Luigi: «I poveri, gli oppressi, i sofferenti in tante maniere, mi hanno aiutato a conoscere meglio e a seguire Gesù povero, disprezzato, sofferente per nostro amore e sempre misericordioso».Una forza straordinaria irradia anche dall’ultimo messaggio che don Luigi rivolse, in videoregistrazione, agli amici di Limoeiro (parte in italiano e parte in brasiliano, a motivo delle sue già gravissime condizioni fisiche) il 9 marzo 2010: «Sono qui, nelle mani del Signore, fiducioso. Quello che Lui dispone è la cosa più bella. Dio ci vuole bene in tutti i momenti della vita. Continuate a essere uniti nella preghiera, nell’amore e nella solidarietà. Questa mia sofferenza è un dono di Dio. Ora guardo alla Resurrezione! La nostra famiglia non deve sfasciarsi, né turbarsi, in nessun momento della vita…».
Don Luigi è ritornato in quella terra. Oggi è sepolto accanto all’altare della chiesa da lui costruita, nella parrocchia di San Sebastiano. Sul marmo della tomba è incisa (in portoghese e in italiano) una frase che amava ripetere: «Nel sorriso dei bambini scopriamo il volto di Dio». A Limoeiro la sua tomba è luogo di preghiera per tante persone, in particolare quella gente semplice che don Luigi ha servito per una vita, con umiltà e dedizione. Un sacerdote umile, dolcemente energico, affascinato dalla verità, dalla forza contro ogni ingiustizia, un anticipatore soprattutto per la Chiesa latino-americana. Non ha dubbi monsignor Severino Batista de França, vescovo della diocesi di Nazaré: per lui don Luigi «è stato un prete santo, un profeta».
INFO
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